giovedì 26 marzo 2009

Ancora una volta, italietta

Qualche tempo fa si parlava di come siamo messi male, qui in Italia.

Dunque, sicuramente tutti quanti avete visto e sentito fino alla nausea la storia dello stupro di San Valentino nel parco della Caffarella, a Roma. Una cosa ignobile.
Vengono individuati due romeni, confessano, poi ritrattano, poi ne lasciano andare uno e tengono dentro l'altro, perchè è brutto, sporco e cattivo. E quindi è colpevole, di sicuro, figuriamoci. Certo, è lui, ovvio, anzi, è stato lui già a Primavalle, al cento per cento.

E quindi il povero Karol Racz, faccia un po' da pugile suonato e chioma rada, se ne rimane dietro le sbarre, e viene additato dalla solita, onnipresente e fastidiosa opinione pubblica come il colpevole. Punto, finito, caso chiuso.

Peccato che le cose non stiano così.

Viene scagionato prima per l'uno e poi per l'altro reato, e giustamente esce di prigione.

Ed ecco che allora, magicamente, la stessa opinione pubblica che gli aveva puntato il dito contro, con la sua brava coda di paglia, comincia a tessere le lodi di questo personaggio, perchè sì, dai, è un bravo ragazzo, l'ho sempre detto io. In men che non si dica, ecco che Karol arriva sulla poltrona di Vespa, magari la stessa che ha ospitato più volte le terga del Presidente del Consiglio, chi lo sa. Lacrime, audience, ricchi premi e cotillons.

Ma non finisce qui. Perchè proprio oggi Filippo La Mantia, chef che piace alla Roma bene, reso fratello di Racz per il fatto di essere stato anche lui in galera ingiustamente (nel 1986), ha pubblicamente offerto un lavoro al Rom, che nel caso farebbe il pane, o i cannoli, o la cassata.

Come si diceva quando eravamo bocia, una fettina di culo col limone no?

Che italietta, gente.

mercoledì 11 marzo 2009

Vinicio


Lunedì sera sono andato a vedere Vinicio Capossela, al Teatro Civico di Vercelli.

Uno spettacolo straordinario.

Non vedevo Vinicio dal vivo da Vigevano 2003, concerto cui si era presentato palesemente sbronzo, tanto da sbagliare più volte l'attacco di Ultimo Amore, dimenticarsi le parole per strada e cose del genere. Concerto comunque godibile, va detto.

Ma quello di lunedì è stato un evento meraviglioso. Lo spettacolo iniziava addirittura in strada, con la mangiafuoco e il suo degno compare ad annunciare con un megafono le attrazioni della serata, e poi tutti dentro il teatro, stipati in un caldo disumano.
Dopo l'apripista del trampoliere, due ore e mezza di musica, strumenti, scenografie, numeri di magia, gabbie, intensità, sorrisi, cappelli, travestimenti e maschere, tutto di qualità eccelsa.

Ma quello che mi ha forse stupito di più è stata la sincerità assoluta con cui Vinicio si è posto sul palco, comandando la sua truppa di circensi, uomini lupo e banda della salvezza e sciorinando le sue storie mantenendo altissima l'attenzione del pubblico.
E poi, per le canzoni conclusive, ha preso a caso una coppietta dal pubblico, e l'ha fatta accomodare nella gabbia a centro palco, con tanto di bottiglia di vino. E quando, verso la metà di Ultimo Amore, i due si sono messi a ballare, e in sala è scattato automatico l'applauso, Vinicio si è quasi spaventato, non capendo, e si è voltato a guardare cosa stesse succedendo, per poi sorridere con quella sua faccia da bambino.

Neanche a dirlo, sulla chiusura di All'Una e Trentacinque Circa c'è stata la standing ovation di tutto il teatro, ma è ancora troppo poco.

domenica 8 marzo 2009

Italietta, gay, rumeni e quant'altro

Siamo veramente il Paese di Pulcinella.

Sgombro il campo da dubbi, non sono omofobo ma al tempo stesso non sono uno di quegli ipocriti che dicono "ho un sacco di amici gay simpaticissimi". Ne conosco, come tutti, e sono persone normali, alcuni più simpatici, altri meno interessanti, nè più nè meno.

Però, quando ogni due per tre vedo (e sento) che in Italia c'è qualcuno che deve dire la sua, nascondendosi dietro a un dito e negando che siamo un Paese palesemente omofobo e retrogrado, mi viene un certo prurito alle mani. L'ultimo esempio, sotto gli occhi di tutti, la canzone di Povia a Sanremo, Luca era gay, inquietante seconda classificata del Festival, e premiata pure dalla stampa. Un testo agghiacciante, un significato recondito da far accapponare una pelle, roba che se si incontra Povia per strada per strada viene soltanto voglia di prenderlo a sberle, e poi vediamo se non è lui a fare oh dal male.
Ma la cosa peggiore è che sono abbastanza sicuro del fatto che sia l'italietta che lo ha premiato con il televoto che i giornalisti genuflessi ad adorarlo (non tutti, va detto) si sono comportati così per pulirsi la coscienza in qualche modo, per dire che no, non è vero, a me i gay stanno simpatici, ho un sacco di amici gay, sono sensibili, sì sì, ma poi se tuo figlio dovesse essere omosessuale apriti cielo.
Gli unici a uscire a testa alta da un cul de sac mediatico e ipocrita sono quelli della Gialappa's, che hanno chiesto ai cantanti di andare in scena con un adesivo a forma di triangolino rosa, contro ogni sorta di discriminazione sessuale. Renga, Afterhours e altri hanno aderito, ma c'è purtroppo chi ha detto no, e ci mancava soltanto che si tatuasse in fronte "a me i culattoni fanno schifo". Che italietta.

E nel frattempo, visto che qui si va a mode, adesso è tutto un fiorire di romeni (o rumeni, fate voi) buoni e romeni cattivi: prima stuprano, poi non è vero, poi rubano, poi aprono centri commerciali a roma, poi delinquono, poi si fanno perdonare, e si ricomincia. E, visto che noi, che già non siamo omofobi, vogliamo anche dimostrare che siamo anche i migliori amici di ogni immigrato, anche clandestino, giù di interviste e servizi televisivi, a mettere in scena una realtà inesistente in cui tutto finisce a tarallucci e vino, e anzi, quasi quasi siamo noi italiani che siamo cattivi con gli extracomunitari, e dovremmo vergognarci. Che italietta.

E poi ci lamentiamo, va.