Ormai che io sia un fan sfegatato di Bruce Springsteen lo sanno anche i sassi, inutile stare qui a ricordarvelo.
E quindi era normale che io scaricassi l'infame mp3 del disco nuovo appena questo si è reso disponibile per i soliti canali, salvo poi cancellare il tutto e comprare il cd (nella sua confezione fuori misura, e vabè), perchè non prendiamoci in giro: ascoltare la canzone con i testi davanti, guardare le foto, leggere dediche e ringraziamenti è sempre un qualcosa in più.
Veniamo dunque a una rapida recensione (e tenete presente che ero abbastanza scettico su questo album, che arriva poco più di un anno dopo Magic, non un capolavoro, probabilmente anche per la produzione discutibile di Brendan O'Brien).
Il disco parte con Outlaw Pete, in cui alcuni hanno riconosciuto armoniche alla Morricone e echi di Kiss. E' un pezzo di otto minuti abbondanti, che dal vivo potrebbe anche esondare e arrivare al quarto d'ora: piacevole, bel ritmo, bel testo, niente male. Si inizia bene, insomma.
A seguire, My Lucky Day, già promosso come secondo singolo (dopo la title track). A mio parere, è un rock un po' troppo leggerino, non incide a dovere, anche se ha dei bei momenti. Dopo Working on a Dream, dal testo piacevole ma non memorabile, si arriva a Queen of the Supermarket, che sembra proseguire sulla strada di Girls in Their Summer Clothes: un rock al limite del pop, curato il giusto, non male, unico difettuccio il bip della cassa del supermercato in chiusura di canzone, che forse si poteva evitare. Seguono What Love Can Do e This Life, che al momento non mi hanno colpito nè a livello di testo nè di musica: niente di aberrante, ma le sonorità sono fin troppo pop per i miei gusti, le chitarre impastate, il piano non presente. Ottima invece Good Eye, con un sapientissimo uso del bullet mic, anche se le liriche contano solo nove versi, e buono anche il rock country di Tomorrow Never Knows. E se Life Itself non mi fa impazzire, mi piace molto invece il testo di Kingdom of Days, una riflessione sul tempo che passa e sul condividere la vita. Surprise, Surprise ha un testo ridicolo, ma dal vivo potrebbe diventare una grande festa, quindi non mi esprimo più di tanto, mentre le chicche arrivano proprio allo scadere del tempo: The Last Carnival, dedicata a Danny Federici, è un pezzo di rara delicatezza, intenso e ottimamente arrangiato. E The Wrestler, brano portante della colonna sonora del film omonimo, trova la sua giusta collocazione in chiusura di album, una lunga ballata fatta come si deve.
In definitiva - anche se al momento non credo di averlo ascoltato più di 10-15 volte, siamo appena all'inizio - è un disco migliore di quello che mi aspettassi, con dei buoni momenti, ma che palesa le sue debolezze nella produzione O'Brien (prova ne sia il fatto che i brani che si sentono nel dvd allegato al cd, ancora in fase di registrazione, hanno un suono molto più gradevole), e nella mancanza di un singolo davvero degno di questo nome, un pezzo rock che "spacchi" e con cui si possa aprire i concerti. Ora come ora, mi viene da pensare che aprirà con My Lucky Day o con un pezzo preso da un album più vecchio, il tempo dirà se sbaglio o meno.
Nel frattempo, ieri sera Bruce si è esibito con tutta la band (compresi i Miami Horns) nell'intervallo del Superbowl, e ha regalato al pubblico 12 minuti strepitosi, infilando una dietro l'altra 10th Avenue Freeze-Out, Born to Run, Working on a Dream e Glory Days, tagliando opportunamente una strofa qua e là, per motivi di tempo. Ma al di là della durata dello show, l'energia, l'intensità e l'allegria sono state quelle dei tempi migliori, con tanto di gag con Steve "It's BOSS time!", chitarra roteata intorno al collo e tutto il resto.
Un bel prologo, per il prossimo tour.