Era il 30 aprile del 1993.
Un certo Bettino Craxi, dopo aver reso pubblico il segreto di Pulcinella, ovvero le tangenti che andavano a finanziare tutti i partiti, usciva in auto dall'albergo romano dove abitava, prendendosi una marea di insulti e una pioggia di monetine dalla folla che lo aspettava in piazza protestando con cori e cartelli. Poco dopo sarebbe scappato in Tunisia, dove sarebbe sfuggito alla Giustizia italiana fino al giorno della sua morte.
La politica italiana ha probabilmente raggiunto quel giorno il suo punto più basso e di non ritorno, e guarda caso più o meno negli stessi giorni in cui Craxi fuggiva a Hammamet, un nuovo personaggio si affacciava sulla scena. La stessa persona che pochi anni prima era stata aiutata proprio da Bettino (in cambio di niente? ma dai...), che gli legittimò le tv private dando il via al colosso Fininvest: Silvio Berlusconi.
Nel 1994, pur riciclando democristiani e socialisti come se piovesse, e raschiando il fondo di ogni barile, il Signor B. scese in campo con un approccio nuovo, di stampo americano, indubbiamente affascinante. Spese una quantità devastante di soldi, tappezzò l'Italia di manifesti, inni, slogan e via dicendo e, complice il sentimento di protesta già cavalcato dalla Lega di Umberto Bossi (che al tempo non aveva ancora avuto il coccolone, e si presentava ruvidamente come un vero leader), vinse le elezioni.
Una campagna basata sul denaro molto più che sulle idee, senza dubbio, ma tant'è.
Il 12 novembre 2011 l'era Berlusconi si è chiusa. Con poche, pochissime cose positive da ricordare, e molte, moltissime cose tristi. Leggi ad personam, progetti insensati (il ponte sullo Stretto?) e soprattutto un morboso incrociarsi di vita pubblica e privata, senza il minimo ritegno e senza una briciola di rispetto verso gli elettori, credendo di essere al di sopra di tutto e di tutti.
Tutto questo senza aver mai coltivato un successore o un delfino, con un goffo tentativo, pochi mesi fa, di designare Alfano come prossimo leader del suo partito, sradicandolo dal trono del Ministero della Giustizia per affidargli un ruolo che ricopre molto meglio il suo imitatore Dario Ballantini di Striscia.
Il 12 novembre 2011 Berlusconi è uscito da palazzo Grazioli per andare al Quirinale a rassegnare le dimissioni. Davanti a entrambi gli edifici la folla era immensa, sguaiata, maleducata, arrabbiata, festante.
Non hanno tirato monetine, ma hanno regalato a noi e al mondo (non dimentichiamolo: i media ormai sono ovunque) la fofotografia dell'Italia politica di oggi. La classe politica è forse la peggiore di sempre, le speranze per il futuro sono poche.
Sono passati 17 anni, ma il 12 novembre 2011 è stato un perfetto replay del 30 aprile 1993.
Dopo Craxi, Berlusconi. E dopo Berlusconi?
Un certo Bettino Craxi, dopo aver reso pubblico il segreto di Pulcinella, ovvero le tangenti che andavano a finanziare tutti i partiti, usciva in auto dall'albergo romano dove abitava, prendendosi una marea di insulti e una pioggia di monetine dalla folla che lo aspettava in piazza protestando con cori e cartelli. Poco dopo sarebbe scappato in Tunisia, dove sarebbe sfuggito alla Giustizia italiana fino al giorno della sua morte.
La politica italiana ha probabilmente raggiunto quel giorno il suo punto più basso e di non ritorno, e guarda caso più o meno negli stessi giorni in cui Craxi fuggiva a Hammamet, un nuovo personaggio si affacciava sulla scena. La stessa persona che pochi anni prima era stata aiutata proprio da Bettino (in cambio di niente? ma dai...), che gli legittimò le tv private dando il via al colosso Fininvest: Silvio Berlusconi.
Nel 1994, pur riciclando democristiani e socialisti come se piovesse, e raschiando il fondo di ogni barile, il Signor B. scese in campo con un approccio nuovo, di stampo americano, indubbiamente affascinante. Spese una quantità devastante di soldi, tappezzò l'Italia di manifesti, inni, slogan e via dicendo e, complice il sentimento di protesta già cavalcato dalla Lega di Umberto Bossi (che al tempo non aveva ancora avuto il coccolone, e si presentava ruvidamente come un vero leader), vinse le elezioni.
Una campagna basata sul denaro molto più che sulle idee, senza dubbio, ma tant'è.
Il 12 novembre 2011 l'era Berlusconi si è chiusa. Con poche, pochissime cose positive da ricordare, e molte, moltissime cose tristi. Leggi ad personam, progetti insensati (il ponte sullo Stretto?) e soprattutto un morboso incrociarsi di vita pubblica e privata, senza il minimo ritegno e senza una briciola di rispetto verso gli elettori, credendo di essere al di sopra di tutto e di tutti.
Tutto questo senza aver mai coltivato un successore o un delfino, con un goffo tentativo, pochi mesi fa, di designare Alfano come prossimo leader del suo partito, sradicandolo dal trono del Ministero della Giustizia per affidargli un ruolo che ricopre molto meglio il suo imitatore Dario Ballantini di Striscia.
Il 12 novembre 2011 Berlusconi è uscito da palazzo Grazioli per andare al Quirinale a rassegnare le dimissioni. Davanti a entrambi gli edifici la folla era immensa, sguaiata, maleducata, arrabbiata, festante.
Non hanno tirato monetine, ma hanno regalato a noi e al mondo (non dimentichiamolo: i media ormai sono ovunque) la fofotografia dell'Italia politica di oggi. La classe politica è forse la peggiore di sempre, le speranze per il futuro sono poche.
Sono passati 17 anni, ma il 12 novembre 2011 è stato un perfetto replay del 30 aprile 1993.
Dopo Craxi, Berlusconi. E dopo Berlusconi?
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