lunedì 9 luglio 2012

4th (and 5th) of July, Paris



La scorsa settimana ero a Parigi.

Il fatto che il 4 e 5 luglio, al Palais Omnisports di Bercy, suonasse un certo Bruce Springsteen, era puramente casuale.

Arrivo in città il 4 mattina, scendo dal treno e vado direttamente verso il palazzetto, con un fido manipolo di springsteeniani incontrati durante il viaggio. La fila è già abbastanza lunga, prendo il numero 618, nel pit ce ne stanno 750, missione compiuta; in più, il prossimo appello è alle 13, quindi c'è tutto il tempo di fare colazione, passare in albergo, mollare giù lo zaino e poi tornare con tutta calma, mentre le facce conosciute aumentano a ogni metro.
Le previsioni dicevano fresco e pioggia, invece verso ora di pranzo arriva un gran caldo, con piovaschi di 5 minuti che vanno avanti tutto il pomeriggio, afa quasi peggio che da noi.
Ma va bene, poco dopo le 17 ricevo il braccialetto per il pit, esco dalla fila che con questo numero non ho velleità di transenna, e vado a vedermi la mostra di Tim Burton (sì, quella del MoMa) a un centinaio scarso di metri dal palaBercy, non andarci sarebbe un delitto.
Dopo un bel panino grondante unto e una sacrosanta birra fresca, poco dopo le 20 entro nel palazzetto: nel pomeriggio ci sono stati problemi di elettricità, quindi scelgono di non accendere l'aria condizionata, e il caldo è ben presto devastante.
Sono da poco passate le 20.30 quando salgono sul palco, armati di fisarmonica, Roy Bittan e Charlie Giordano, e intonano La Vie En Rose, poi è tutta la band a partire con una robusta We Take Care Of Our Own, seguita da Wrecking Ball. Settimo pezzo in scaletta è The E Street Shuffle, versione bellissima, ripresa più volte nel finale... Ma è il 4 luglio, e quindi ecco che parte Sandy, una delle ragioni per cui sono venuto a Parigi, bellissima. L'assolo di Because The Night è giustamente lasciato a Nils, su Easy Money si agitano i labbroni nuovi nuovi di Patti, su Waitin' un bambino si esibisce in vocalizzi senza senso, e dopo l'Apollo Medley Bruce si siede al piano, "something special for this evening", e parte Independence Day, che è poi l'altro motivo per cui sono qui. Una versione eccezionale, meravigliosa.
Nei bis, bassi violentissimi su Born in the USA, un'attempata fan ("dal '75", dice il cartello) che balla con Bruce su Dancing In The Dark e un'azzeccatissima American Land a chiudere.
Fuori dal palazzetto, durante la fila per prendere il numero per il giorno dopo, mi chiedo cosa potrà mai fare di minimamente vicino a una serata come questa.
Mi faccio la doccia cercando di non lavare via il numero (389, altro pit assicurato) appena vergato sulla mano, e intorno all'una si va a dormire.

Il 5 luglio la sveglia suona poco dopo le 8, che alle 9 c'è l'appello. Recupero dolciumi e croissant a pochi metri dall'albergo e in 10 minuti sono a Bercy, appello veloce e via, il prossimo sarà alle 13, c'è tutto il tempo per girare per la città.
Tappa rapidissima in albergo, che Riccardo si deve sistemare, e poi via per i Campi Elisi, Hard Rock Cafè, Opera e via dicendo con Daniela, con tutta la calma del mondo (cosa in verità molto rara nelle giornate di concerti), appello alle 13 (anche con qualche minuto di anticipo, via) e poi liberi tutti fino alle 15. Bercy è in piena città, vicino a alberghi, supermercati, ristoranti, e quindi ci accomodiamo all'Hyppopotamus, spartendoci una gerla di anelli di cipolla fritti, patatine e calamari, e poi un Hyppo Burger (Daniela lo ordina senza cipolla, capirò perchè solo verso le sette di sera), il tutto innaffiato da una Kronembourg fresca.
Intorno alle 15 ci si mette in fila, poco più tardi comincerà a piovere, ma l'atmosfera è rilassata, anche i ragazzi della sicurezza locale hanno voglia di scherzare e non si prendono troppo sul serio, come spesso succede da altre parti. Prima delle 17 ci danno il braccialetto per il pit, abbandono di nuovo la fila, faccio quattro passi e poi mi prendo anche il lusso di dormire un'oretta prima dello show.
Rientro nel palazzetto poco dopo le 20, il caldo sembra non essere opprimente come ieri, e alle 21 precise salgono di nuovo sul palco Roy e Charlie, questa volta per Au Clair De La Lune... Poi arriva tutta la band, parte la batteria, potrebbe essere We Take Care, e invece The Ties That Bind, gran bell'inizio. Ma c'è qualcosa nell'aria, Bruce manda a ramengo la scaletta, chiama i pezzi uno dopo l'altro, No Surrender, Two Hearts, Downbound Train, Candy's Room, Something In The Night. Una sequenza pazzesca, sei pezzi su sei non eseguiti ieri sera. Qualche pezzo da scaletta "classica" per farci riprendere fiato, poi quella specie di sibilo in qualche modo familiare, Soozie che armeggia con i violini, Nils che fa cenni a Bruce, lui che gli risponde "ok, you got it", e arriva Incident On 57th Street, bellissima.
Splendida versione anche di Spirit In The Night, con Jake Clemons che sul finale accompagna Bruce sui palchetti laterali, ricamando al sax, bella I'm Goin' Down, e poi, come sempre, Waitin': a metà pezzo Bruce prende una bambina dal pit per farle cantare il ritornello, ma poi c'è qualche incomprensione, e la bimba continua a cantare, con Bruce che la prende per mano, la accompagna vicino alla batteria, bagna con la spugna le ginocchia dei suoi jeans e di quelli della bimba, e poi si esibisce in una doppia scivolata. Se ce ne fosse ancora bisogno, il livello di energia è altissimo.
Passa l'Apollo Medley (con crowd surfing incluso!), poi Bruce si siede al piano e... For You. Versione straordinaria, si torna con la memoria a Bologna 2002. Ma non è finita, perchè a fine canzone il gran capo lascia il posto a Roy, torna a centro palco, alza la Telecaster e comincia Racing In The Street, dieci minuti e passa indescrivibili, con una coda meravigliosa, il pianoforte che sembra non fermarsi mai.
Il main set si chiude con Land Of Hope And Dreams, poi prima di eseguire We Are Alive Bruce fa una lunga introduzione, presentando mamma, sorella e suocera, che siedono nella tribuna vip (mamma Adele attivissima!), Thunder Road, una devastante Seven Nights To Rock (Steve lancia la spugna addosso a Kim), Bruce che balla con Jessica (that's my little girl!) su Dancing In The Dark, e una bellissima Tenth Avenue Freeze-Out a chiudere, dopo 3 ore e 38 minuti di concerto.

Di più non si poteva chiedere, più di 40 canzoni diverse ascoltate in due serata, più di sette ore di musica, con l'intensità del palazzetto, che, c'è poco da fare, è nettamente superiore allo stadio.

Dopo lo show nessuno ha voglia di andare a dormire, c'è ancora tempo per una pizza (nel tavolo dietro il nostro c'è il signor Crystal Cat) e una birra, quattro chiacchiere, i commenti estasiati, e poi intorno alle 3 si va a nanna.

Il 6 mattina ci si incrocia, ci si saluta, e poi si va in stazione, è ora di tornare a casa. Prossima fermata, Londra.

Nessun commento: