This is a prayer for our fallen brothers and sisters.
sabato 11 settembre 2010
mercoledì 8 settembre 2010
Ics Factor
Ebbene sì, lo scorso anno, senza mai averne vista prima neanche mezza puntata, mi sono appassionato a X-Factor. Programma fatto veramente male, microfoni aperti a caso in pieno stile Rai, buonismi e tutto il resto, ma la musica, qua e là, sembrava davvero esserci. Mi piacevano Damiano, in qualche modo le Yavanna, Giuliano e, anche se lontano da come intendo la musica io, Marco Mengoni. E poi, non sto a nasconderlo, mi piaceva Morgan, uno dalla conoscenza e cultura musicale come pochi altri.
Bene, in questi giorni non ho visto provini nè niente, ma ieri sera ho guardato la prima puntata di questa edizione, e mi sono reso conto che, al di là dei nuovi giudici (a parte la Maionchi, Elio sembra l'unico capace, Ruggeri è simpatico ma riciclato da Mistero, Anna Tatangelo lasciamo perdere), gli autori hanno davvero esagerato, cercando molto più i casi umani che non i talenti musicali.
Per esempio, c'è Stefano, che balbetta pesantemente (ma non quando canta) ed è strabico, e tutti giù a dire che è bravissimo e che emoziona con la voce, senza aver bisogno di parlare.
C'è Sofia, dal padre disperso, e tutti giù a dire che sì, è bravissima (mah) e che "c'è qualcuno di speciale a casa che ti sta guardando", facendo temere per una prossima carrambata in cui il papà comparirà magicamente in studio.
Ci sono i Kymera, coppia gay dichiarata, ed ecco che la Tatangelo, con immane intelligenza, dice "sono contenta di vedere finalmente una coppia omosessuale in prima serata", come se questo a livello canoro fosse un valore aggiunto.
E poi giù di calciatori mancati, finte rocker, cloni della Nannini (bella voce, per carità), metallari impresentabili, boy band (a cui hanno fatto cantare It's my life di Bon Jovi, con risultati raccapriccianti) e poco altro, il tutto condito dal buonismo sbrodolante di conduttore e giudici.
Ok, è stata soltanto la prima puntata, quindi c'è da sperare che le cose migliorino, che taglino i rami secchi e che entri qualche talento vero, perchè altrimenti la situazione è grigia. Personalmente, mi è piaciuta soltanto Manuela, della squadra di Elio, che però bisogna ancora vedere come giocherà le sue carte.
Per il momento, ancora una volta, la Rai conferma di non essere all'altezza. Speriamo che la musica abbia la meglio.
Bene, in questi giorni non ho visto provini nè niente, ma ieri sera ho guardato la prima puntata di questa edizione, e mi sono reso conto che, al di là dei nuovi giudici (a parte la Maionchi, Elio sembra l'unico capace, Ruggeri è simpatico ma riciclato da Mistero, Anna Tatangelo lasciamo perdere), gli autori hanno davvero esagerato, cercando molto più i casi umani che non i talenti musicali.
Per esempio, c'è Stefano, che balbetta pesantemente (ma non quando canta) ed è strabico, e tutti giù a dire che è bravissimo e che emoziona con la voce, senza aver bisogno di parlare.
C'è Sofia, dal padre disperso, e tutti giù a dire che sì, è bravissima (mah) e che "c'è qualcuno di speciale a casa che ti sta guardando", facendo temere per una prossima carrambata in cui il papà comparirà magicamente in studio.
Ci sono i Kymera, coppia gay dichiarata, ed ecco che la Tatangelo, con immane intelligenza, dice "sono contenta di vedere finalmente una coppia omosessuale in prima serata", come se questo a livello canoro fosse un valore aggiunto.
E poi giù di calciatori mancati, finte rocker, cloni della Nannini (bella voce, per carità), metallari impresentabili, boy band (a cui hanno fatto cantare It's my life di Bon Jovi, con risultati raccapriccianti) e poco altro, il tutto condito dal buonismo sbrodolante di conduttore e giudici.
Ok, è stata soltanto la prima puntata, quindi c'è da sperare che le cose migliorino, che taglino i rami secchi e che entri qualche talento vero, perchè altrimenti la situazione è grigia. Personalmente, mi è piaciuta soltanto Manuela, della squadra di Elio, che però bisogna ancora vedere come giocherà le sue carte.
Per il momento, ancora una volta, la Rai conferma di non essere all'altezza. Speriamo che la musica abbia la meglio.
domenica 5 settembre 2010
Misano, 5 settembre 2010
Oggi non c'era neppure il dio pallone a distrarci da quella che non è una vera notizia sportiva, ma che con lo sport ha molto a che fare.
Oggi, alle 14.19, se ne andava Shoya Tomizawa.
Ai più il nome non dirà nulla, e a dire la verità anch'io l'avevo sentito nominare solo un paio di volte, e probabilmente non sarei stato in grado di riconoscerlo, accomunando i suoi tratti a quelli degli altri asiatici del circo delle moto.
Shoya era un ragazzo di nemmeno vent'anni, con le moto nel sangue, il polso destro sempre pronto ad aprire il gas, sulle piste internazionali dal 2006. Un ragazzo allegro, simpatico, con tutta una carriera davanti.
Un pilota che oggi è caduto ed è stato travolto da due moto a 200 all'ora. Portato al volo all'ospedale di Riccione, non c'è stato niente da fare.
Ma nel pomeriggio di oggi, mentre Guido Meda e Loris Reggiani cercavano il silenzio piuttosto che i soliti moralismi, e mentre i responsabili della sicurezza e della Clinica Mobile cercavano di raccontare i fatti così com'erano avvenuti, mentre sul podio della MotoGP si consumava un'esultanza moderata, con le bandiere a mezz'asta, in rete già infuriavano le ipocrisie e le frasi fatte.
Bisognava fermare la gara, dice uno. I piloti della MotoGP sapevano che Tomizawa era già morto, e hanno corso lo stesso, replica un altro. Non si può morire così giovani, sputa sentenze un terzo.
Da appassionato, mi sembra che quello delle moto sia uno degli ambienti dove si sta più attenti alla sicurezza delle piste e dei piloti, soprattutto dopo la morte di Daijiro Kato, sette anni fa. Certo, si poteva fermare la gara, si poteva far entrare l'ambulanza in pista, si poteva trasportare il pilota ferito in elicottero. Ma se non è stato fatto così, credo davvero che ci fossero delle buone ragioni.
Questo dal punto di vista strettamente medico.
Dal punto di vista morale, non lo so. E' facile adesso, davanti allo schermo di un pc, scrivere che quando succedono cose di questo tipo bisognerebbe esporre la bandiera rossa, fermare tutto, sbattersene degli sponsor e della tv, e prima di tutto assicurarsi che chi è caduto stia bene.
Ma la verità è che quello delle moto è uno sport pericoloso, in cui si può cadere a 300 all'ora e caversela con un graffio, o invece rimetterci la pelle, com'è successo oggi.
Ciao Shoya, apri il gas a martello, che lì non ti ferma più nessuno.
Oggi, alle 14.19, se ne andava Shoya Tomizawa.
Ai più il nome non dirà nulla, e a dire la verità anch'io l'avevo sentito nominare solo un paio di volte, e probabilmente non sarei stato in grado di riconoscerlo, accomunando i suoi tratti a quelli degli altri asiatici del circo delle moto.
Shoya era un ragazzo di nemmeno vent'anni, con le moto nel sangue, il polso destro sempre pronto ad aprire il gas, sulle piste internazionali dal 2006. Un ragazzo allegro, simpatico, con tutta una carriera davanti.
Un pilota che oggi è caduto ed è stato travolto da due moto a 200 all'ora. Portato al volo all'ospedale di Riccione, non c'è stato niente da fare.
Ma nel pomeriggio di oggi, mentre Guido Meda e Loris Reggiani cercavano il silenzio piuttosto che i soliti moralismi, e mentre i responsabili della sicurezza e della Clinica Mobile cercavano di raccontare i fatti così com'erano avvenuti, mentre sul podio della MotoGP si consumava un'esultanza moderata, con le bandiere a mezz'asta, in rete già infuriavano le ipocrisie e le frasi fatte.
Bisognava fermare la gara, dice uno. I piloti della MotoGP sapevano che Tomizawa era già morto, e hanno corso lo stesso, replica un altro. Non si può morire così giovani, sputa sentenze un terzo.
Da appassionato, mi sembra che quello delle moto sia uno degli ambienti dove si sta più attenti alla sicurezza delle piste e dei piloti, soprattutto dopo la morte di Daijiro Kato, sette anni fa. Certo, si poteva fermare la gara, si poteva far entrare l'ambulanza in pista, si poteva trasportare il pilota ferito in elicottero. Ma se non è stato fatto così, credo davvero che ci fossero delle buone ragioni.
Questo dal punto di vista strettamente medico.
Dal punto di vista morale, non lo so. E' facile adesso, davanti allo schermo di un pc, scrivere che quando succedono cose di questo tipo bisognerebbe esporre la bandiera rossa, fermare tutto, sbattersene degli sponsor e della tv, e prima di tutto assicurarsi che chi è caduto stia bene.
Ma la verità è che quello delle moto è uno sport pericoloso, in cui si può cadere a 300 all'ora e caversela con un graffio, o invece rimetterci la pelle, com'è successo oggi.
Ciao Shoya, apri il gas a martello, che lì non ti ferma più nessuno.
giovedì 2 settembre 2010
Che cinema
Come i miei due o tre lettori avranno notato, sono stato lontano da questo blog per un mese abbondante.
Tra i vari motivi, volevo aspettare che finisse tutta la telenovela del calciomercato, per lasciarci alle spalle un altro triste capitolo di quello che una volta era uno sport, e sorbirci il campionato di quest'anno, di cui onestamente mi frega davvero poco.
Nel frattempo, è cominciato il Festival del Cinema di Venezia.
Va detto, raramente guardo i film che vincono premi del genere, e da qualche anno anche agli Oscar la statuetta va a pellicole dimenticabili.
Quest'anno, in quel di Venezia (e non ho idea se siano in concorso o no, chissenefrega), le uniche cose interessanti - a parte il teatrino di Tarantino da "il cinema italiano fa schifo" a "amo il cinema italiano" (probabile che non abbia mai pronunciato nessuna delle due frasi, ma i nostri giornalisti sono delle bestie) - sembrano essere il Black Swan di Aronofsky (Requiem for a dream e The Wrestler, per dirne due) e Machete di Robert Rodriguez. Forse Somewhere, di Sofia Coppola, e di sicuro il film documentario su Vittorio Gassman. Il resto, sarà la solita accozzaglia di film più o meno impegnati, che esalteranno gli illustri critici sconosciuti, finendo subito nel dimenticatoio.
E per questi quattro film in croce, i giornali sprecano fiumi di inchiostro e quintali di carta, una bolla mediatica che prima o poi spero esploderà, per sempre.
Per non saper nè leggere nè scrivere, nelle ultime settimane ho visto:
- Basilicata coast to coast: carino, divertente, ben confezionato. Niente di impegnativo, ma lo consiglio.
- Prince of Persia: mi aspettavo mooolto peggio, e invece si fa guardare, intrattiene e scorre via.
- Generazione 1000 euro: un grande Paolo Villaggio in mezzo a un cast di giovani più o meno conosciuti. Bello spaccato di oggi, divertente.
- Oggi sposi: una ciofeca titanica. Si salva la scena in cui Placido e Pannofino, che interpretano due pugliesi doc, parlamentano con l'ambasciatore indiano per il matrimonio dei loro figli. Il resto, sono due ore sprecate.
- Happy family: forse il punto più basso di Salvatores. De Luigi non è pronto nè adatto per un ruolo del genere, il resto del cast cazzeggia, in memoria del tempo che fu. Insufficiente.
- The A-Team: ruspante e divertente, non credevo. Peccato che l'attore che interpreta Baracus abbia il carisma di una pentola, e che Jessica Biel, oltre ad avere un ruolo del tutto inutile, rimanga vestita di tutto punto per l'intera durata del film.
- The Losers: ovvero come sarebbe dovuto essere The A-Team. Personaggi smargiassi e guasconi, azione vera, battute a raffica, divertimento senza pensieri. Ah, per la cronaca, è pure costato molto meno di The A-Team.
- The Box: noioso e inconcludente, non ne ho visto nemmeno metà.
- The Karate Kid: non che mi aspettassi un capolavoro, ma questo remake (o quello che è) è proprio brutto, noioso, stereotipato, sconclusionato. E in più dura 2 ore e 20. Benedetto sia il tasto FFW del telecomando.
- Giustizia privata: noioso, stucchevole, brutto. Si salva l'ottimo Jamie Foxx, che però è fuori posto alla grande.
- The Expendables: un capolavoro. Non mi interessa se il budget è quello che è, se il sangue in CGI è fatto male, se la storia ha buchi qua e là, se al di là del grande cast pubblicizzato il film di fatto lo tengono in piedi solo Stallone e Statham. Mi sono divertito, mi è piaciuto, lo rivedrei. Anche solo per la scena di due minuti in cui si vedono insieme Stallone, Willis e Schwarzenegger.
Bene, questo era il mio Festival personale. Spero abbiate gradito.
Tra i vari motivi, volevo aspettare che finisse tutta la telenovela del calciomercato, per lasciarci alle spalle un altro triste capitolo di quello che una volta era uno sport, e sorbirci il campionato di quest'anno, di cui onestamente mi frega davvero poco.
Nel frattempo, è cominciato il Festival del Cinema di Venezia.
Va detto, raramente guardo i film che vincono premi del genere, e da qualche anno anche agli Oscar la statuetta va a pellicole dimenticabili.
Quest'anno, in quel di Venezia (e non ho idea se siano in concorso o no, chissenefrega), le uniche cose interessanti - a parte il teatrino di Tarantino da "il cinema italiano fa schifo" a "amo il cinema italiano" (probabile che non abbia mai pronunciato nessuna delle due frasi, ma i nostri giornalisti sono delle bestie) - sembrano essere il Black Swan di Aronofsky (Requiem for a dream e The Wrestler, per dirne due) e Machete di Robert Rodriguez. Forse Somewhere, di Sofia Coppola, e di sicuro il film documentario su Vittorio Gassman. Il resto, sarà la solita accozzaglia di film più o meno impegnati, che esalteranno gli illustri critici sconosciuti, finendo subito nel dimenticatoio.
E per questi quattro film in croce, i giornali sprecano fiumi di inchiostro e quintali di carta, una bolla mediatica che prima o poi spero esploderà, per sempre.
Per non saper nè leggere nè scrivere, nelle ultime settimane ho visto:
- Basilicata coast to coast: carino, divertente, ben confezionato. Niente di impegnativo, ma lo consiglio.
- Prince of Persia: mi aspettavo mooolto peggio, e invece si fa guardare, intrattiene e scorre via.
- Generazione 1000 euro: un grande Paolo Villaggio in mezzo a un cast di giovani più o meno conosciuti. Bello spaccato di oggi, divertente.
- Oggi sposi: una ciofeca titanica. Si salva la scena in cui Placido e Pannofino, che interpretano due pugliesi doc, parlamentano con l'ambasciatore indiano per il matrimonio dei loro figli. Il resto, sono due ore sprecate.
- Happy family: forse il punto più basso di Salvatores. De Luigi non è pronto nè adatto per un ruolo del genere, il resto del cast cazzeggia, in memoria del tempo che fu. Insufficiente.
- The A-Team: ruspante e divertente, non credevo. Peccato che l'attore che interpreta Baracus abbia il carisma di una pentola, e che Jessica Biel, oltre ad avere un ruolo del tutto inutile, rimanga vestita di tutto punto per l'intera durata del film.
- The Losers: ovvero come sarebbe dovuto essere The A-Team. Personaggi smargiassi e guasconi, azione vera, battute a raffica, divertimento senza pensieri. Ah, per la cronaca, è pure costato molto meno di The A-Team.
- The Box: noioso e inconcludente, non ne ho visto nemmeno metà.
- The Karate Kid: non che mi aspettassi un capolavoro, ma questo remake (o quello che è) è proprio brutto, noioso, stereotipato, sconclusionato. E in più dura 2 ore e 20. Benedetto sia il tasto FFW del telecomando.
- Giustizia privata: noioso, stucchevole, brutto. Si salva l'ottimo Jamie Foxx, che però è fuori posto alla grande.
- The Expendables: un capolavoro. Non mi interessa se il budget è quello che è, se il sangue in CGI è fatto male, se la storia ha buchi qua e là, se al di là del grande cast pubblicizzato il film di fatto lo tengono in piedi solo Stallone e Statham. Mi sono divertito, mi è piaciuto, lo rivedrei. Anche solo per la scena di due minuti in cui si vedono insieme Stallone, Willis e Schwarzenegger.
Bene, questo era il mio Festival personale. Spero abbiate gradito.
Iscriviti a:
Post (Atom)