martedì 8 ottobre 2013

Cesare Carugi - PONTCHARTRAIN [recensione]





Sgombriamo il campo da dubbi: l'EP di esordio di Cesare Carugi, "Open 24 HRS", per quanto molto buono, risulta forse un po' acerbo, anche se c'erano tutte le avvisaglie di un ottimo disco in un prossimo futuro.


Le promesse sono poi state mantenute con il primo cd vero e proprio, "Here's To The Road", un disco ben scritto, ben cantato e ben suonato, ricco di chitarre acustiche e prodotto senza sbavature, con la passione di chi ha la musica nel sangue.

Adesso, con "Pontchartrain", il cantautore toscano continua a migliorare, dimostrandosi un ottimo interprete delle proprie canzoni, senza tralasciare l'ottima pronuncia inglese.
Già dal primo ascolto si respira un rock delle origini, si sentono le assi dei palchi di legno scricchiolare, c'è il cielo e la terra, ci sono sole e nuvole, e un po' tutte le tracce del disco sembrano attraversate da un filo di malinconia, che può senza dubbio rimandare al lago americano da cui l'album prende il nome.

Si parte con Troubled Waters, brano che potrebbe senza dubbio appartenere a John Hiatt (e che inserisce subito nel cast la slide di Paolo Bonfanti), per poi passare a una ballatona piena come Carry The Torch. La chitarra elettrica dello stesso Carugi, insieme all'armonica, sono invece i protagonisti di Long Nights Awake, che lascia spazio alle atmosfere più country di Your Memory Shall Drive Me Home.
Il duetto ritmato di Charley Varrick ha un'atmosfera più sfumata, mentre il "lato A" del disco viene chiuso dalla title track, Pontchartrain Shuffle, con Francesco Piu a dare una mano, ritmo incalzante e gran divertimento.
Si riprende con i toni drammatici di Morning Came Too Early, per poi arrivare a uno dei punti più alti dell'album, Drive The Crows Again, che parte lentamente per poi sfociare nello splendido violino di Chiara Giacobbe.
Dopo la più elettrica Crack In The Ground e il bluesaccio alla Tom Waits di My Drunken Valentine, è il piano - insieme ai fiati - a accompagnare la dolce e suadente When The Silence Breaks Through, altro ricco punto di forza del disco.
A chiudere i solchi ci pensa We'll Meet Again Someday, che scivola sui titoli di coda regalando tinte più rosee; ad accompagnare Carugi questa volta ci sono i Mojo Filter, band dalla solida esperienza rock, che mettono in musica un gran bel pezzo indie-roots, che chiude il sipario su questo album facendo già l'occhiolino al prossimo, "ci incontreremo di nuovo prima o poi".

Insomma, è un gran bel disco quello di Cesare Carugi, che se non gioca l'asso della manica di stupire subito con l'impatto violento delle canzoni, ma si fa largo piano, con calma e eleganza, dando all'ascoltatore il tempo di assimilare musiche e testi, per poi ascoltarli ancora e ancora.

Sarebbe un lavoro perfetto per il vinile, con il tempo necessario anche a cambiare lato del disco e appoggiare di nuovo la puntina, ma rimane il fatto che Pontchartrain avrà una vita molto molto lunga.

Per tutti i dettagli su Cesare Carugi e sulle prossime date del tour: www.cesarecarugi.com

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