venerdì 7 marzo 2014

Il brutto della diretta





Non seguo molti programmi tv, va detto.


Ma per quei pochi che seguo, sono esigente.

Ho seguito quasi tutto X-Factor, che, a parte la finale, un po' troppo sbrodolata, ho trovato un ottimo prodotto, e ho seguito quasi tutto anche Masterchef Italia.

Mi stanno simpatici i tre giudici, mi piace il pacchetto confezionato da Sky, non è troppo lungo, non ci sono troppe pause pubblicitarie, insomma ci sta.

E quindi ieri sera ho visto la tanto annunciata finale, figlia di una stagione un po' troppo scritta: già dai provini si capiva che c'era la ricerca non tanto del miglior cuoco amatoriale, ma della storia che c'era dietro, per trovare un personaggio, non necessariamente televisivo, con cui il pubblico potesse provare un minimo di empatia. E quindi ecco comparire personaggi improponibili come l'odiata Rachida, che tanto ha fatto discutere, l'inossidabile quanto attempato Alberto, le due litiganti Eleonora e Beatrice, l'eterna seconda Enrica, fino ad arrivare al duo finale, il "business man" pugliese Almo, ex carabiniere e adesso patron di un hotel di lusso per cani, e Federico, il Charlie Brown di Torino, a cui la vita aveva dato tante soddisfazioni lavorative ma poca felicità personale.

Fin qui tutto bene, la tv non è realtà, e quindi ci sta anche che gli autori si diano da fare per arrotondare gli angoli e rifinire il prodotto.

Peccato però che gli ultimi 15 minuti circa della finale li abbiano voluti fare in diretta.

In pratica, semifinale (a tre) e finale (a due) sono state registrate mesi fa, quando tutti erano più o meno abbronzati, in vacanza, rilassati.
Poi, con un colpo di genio, la suspence: Carlo Cracco mostra la busta con all'interno il nome del vincitore (mesi fa), ma ne rinvia l'apertura a data da destinarsi.
Pubblicità, stacco, e si arriva all'agognata diretta: le telecamere inquadrano i Magazzini Generali di Milano (pieni di amici e figuranti), con i tre giudici sul palco che aspettano i due finalisti.
Il brutto è che, per quanto siano ormai abituati alle telecamere, Barbieri, Cracco e Bastianich non sono degli intrattenitori o dei meri personaggi televisivi, e quindi i dieci e più minuti che si ritrovano costretti a riempire sono lunghi, lenti, tentennanti.
Si vede e si percepisce chiaramente che hanno un auricolare o un suggeritore per i testi (per due volte Cracco dice "aspetta" cercando di coprirsi la bocca), e tutto è di una lentezza infinita, uno stillicidio che fa passare la voglia di vedere chi ha vinto.

Quando poi arrivano loro, i due finalisti, tutto è già deciso da tempo, e il vincitore e il vinto conoscono già la loro sorte. Non c'è nessun climax, nessuna suspence rimasta nella proclamazione finale, e nemmeno lacrime o esultanze, a conferma che tutto era già scritto e risaputo. Tralasciando il fatto che l'Ansa annuncia il vincitore prima dell'incoronazione.

Vince naturalmente il brutto anatroccolo, il meno meritevole, il più sfigato, chi aveva una scelto una professione invece di una vita, e che ottiene una seconda chance grazie alla dea tv.

Un pasticcio, di regia, montaggio, recitazione, messa in scena. Un pessimo finale, quindi. Peccato, perchè il programma aveva fatto ben sperare, fino alla fine.

Ma in fondo è tv, non realtà. Tutti hanno il loro quarto d'ora di celebrità.

Anche quando viene celebrato in una terrificante diretta.

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