Qualche giorno fa è uscita la prima autobiografia di Francesco Guccini.
Ma in realtà quello che ho appena scritto è inesatto.
Perchè, nonostante in copertina appaia solo il nome del Guccio, soltanto le prime 113 pagine del libro sono scritte di suo pugno, mentre la restante metà del tomo è affidata a tale Alberto Bertoni, che sciorina con abbastanza (ma non troppo) mestiere vita e opere di Guccini, con qualche commento volante, ma tutto sommato raccontando cose già lette e sentite.
La parte interessante, quindi, dovrebbe essere la prima metà, i ricordi del giovane Francesco, gli aneddoti più nascosti e divertenti... E invece no. O meglio, qualche pagina degna di nota c'è, dall'affetto per le chitarre alle immagini quasi bucoliche del mulino dei nonni, dalle balere ai concerti nei palazzetti, passando per Bonvi, le osterie e il cinema.
Però, se il Guccini cantautore riesce ad accompagnare le lunghe e talvolta intricate liriche con un tappeto musicale di tutto rispetto, il Guccini autobiografo invece si perde in una miriade di parentesi e avverbi, facendo pensare che il tutto sia la mera trasposizione su carta di un'intervista registrata, che di certo sarebbe stata più divertente e scorrevole.
Insomma, per chi conosce il Vate di Pavana, il libro purtroppo dice poco di nuovo, e aggiunge ben poche chicche degne di nota al quaderno degli appunti.
Giusto per non farlo mancare sullo scaffale della libreria, consiglio di aspettare l'edizione economica.
Ma in realtà quello che ho appena scritto è inesatto.
Perchè, nonostante in copertina appaia solo il nome del Guccio, soltanto le prime 113 pagine del libro sono scritte di suo pugno, mentre la restante metà del tomo è affidata a tale Alberto Bertoni, che sciorina con abbastanza (ma non troppo) mestiere vita e opere di Guccini, con qualche commento volante, ma tutto sommato raccontando cose già lette e sentite.
La parte interessante, quindi, dovrebbe essere la prima metà, i ricordi del giovane Francesco, gli aneddoti più nascosti e divertenti... E invece no. O meglio, qualche pagina degna di nota c'è, dall'affetto per le chitarre alle immagini quasi bucoliche del mulino dei nonni, dalle balere ai concerti nei palazzetti, passando per Bonvi, le osterie e il cinema.
Però, se il Guccini cantautore riesce ad accompagnare le lunghe e talvolta intricate liriche con un tappeto musicale di tutto rispetto, il Guccini autobiografo invece si perde in una miriade di parentesi e avverbi, facendo pensare che il tutto sia la mera trasposizione su carta di un'intervista registrata, che di certo sarebbe stata più divertente e scorrevole.
Insomma, per chi conosce il Vate di Pavana, il libro purtroppo dice poco di nuovo, e aggiunge ben poche chicche degne di nota al quaderno degli appunti.
Giusto per non farlo mancare sullo scaffale della libreria, consiglio di aspettare l'edizione economica.
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