venerdì 29 luglio 2011

Facciamo economia

Dunque, immaginate di entrare in un bar. Prendete il caffè, pagate (qui al nord molti vi derubano di un euro, ma rimangono alcuni valorosi fermi a 90 centesimi) e poi uscite, senza che vi facciano lo scontrino. Capita, è normale, è capitato a tutti e capiterà ancora.
Bene, se la Finanza se ne accorge, per quei 90 centesimi non battuti il bar si becca una cospicua multa, con tutte le conseguenze del caso. Perchè si tratta di un illecito, il cosiddetto "nero".

Ma se invece il simpaticissimo Giulio Tremonti, nostro delirante ministro dell'Economia, per utilizzare la casa di via Campo Marzio a Roma, di proprietà del suo ex consigliere Milanese, versava a quest'ultimo 1000 euro alla settimana, senza ricevute, fatture, scontrini o quant'altro, bè, quello no, non è un illecito, niente "nero".

Credo che la cosa si commenti da sola, no?

Detto questo, sempre parlando di economia, ormai saprete tutti dei pesanti problemi degli USA, che devono assolutamente alzare il tetto del debito pubblico per evitare il fallimento (che poi, come dicevo già a suo tempo per la Grecia, di fatto un Paese non può fallire, quindi si parla del nulla), con il termine ultimo del 2 agosto, dietro l'angolo. I primi a bussare alla porta sono i cinesi, principali creditori degli Stati Uniti, nonchè prossima inarrestabile potenza mondiale, che abbiamo sottovalutato troppo a lungo. Tirando la giacchetta di Obama, da Pechino fanno notare che un crack statunitense manderebbe all'aria l'economia mondiale, sprofondando in una crisi peggiore di quella iniziata nel 2008.
Alla base di tutto, come sempre, la bolla immobiliare, i loschi traffici dei grandi gruppi bancari e, non ultimo, il fatto che la situazione monetaria tutto sommato positiva del 2000 non è stata a suo tempo sfruttata per coprire le falle, ma per ungere altri ingranaggi che a oggi risultano inutili (il fatto che il presidente al tempo fosse George W. Bush dovrebbe spiegare i motivi di una scelta così intelligente).

Qualora il 2 agosto si prospettasse un fallimento concreto per gli USA, la conseguenza immediata sarebbe un crollo del dollaro sui mercati mondiali, e già mi immagino tutta l'Europa dell'Euro, Tremonti in testa, a cantare vittoria per un Euro più forte, più potente, cattivo e incazzato. Che, come sempre, frena gli investimenti esteri, manda altrove i turisti, eccetera eccetera, quindi creando più danni che benefici. Ma noi saremmo belli, con l'Euro forte, no?

In conclusione, andate in vacanza, ma spendete con moderazione: lo scenario all'orizzonte è tutt'altro che positivo.

p.s. parlando di cose serie, vi segnalo a questo link con qualche giorno di ritardo lo special di Mescalina.it sui concerti dei Lowlands in carcere, a firma di Vittorio Formenti e mia.

martedì 26 luglio 2011

House Show

Ieri sera ho avuto la fortuna di assistere a uno spettacolo unico, grazie alla sapiente organizzazione e ospitalità dell'amico Alex di Varese.

Come solo (purtroppo) pochi di voi sapranno, in questi giorni è in Italia per il suo tour estivo il grande Michael McDermott, cantautore di Chicago che conta tra i suoi fan, giusto per citarne uno, un certo Stephen King (che infatti lo cita in Insomnia e Rose Madder).

La particolarità del concerto di ieri è che era un house show, ovvero in casa. E questo non per usare un qualche giro di parole, era proprio in casa, tra divani e sedie organizzate in modo scientifico, con il vecchio orologio a pendolo e gli scaffali zeppi di libri a fare da contorno, un'atmosfera unica e irripetibile. A questo aggiungiamo che l'amplificazione del concerto (Michael alla voce, chitarra e tastiera, accompagnato dalla moglie Heather al violino e ai cori) era ridotta al minimo: niente microfoni, un leggero volume a violino e tastiera, e il resto affidato a chitarra, voce e tacco a battere il tempo sul parquet.

Due ore di musica, con i performer a un paio di metri di distanza, con il cane di casa a fare capolino ogni tanto. Intorno, solo amici, cultori, musicisti, fan, insomma gente che mangia rock e folk a colazione, capisce il momento e se lo gode fino alla fine.

Per Michael e Heather ci sono ancora un paio di show acustici (stasera a Cecina e domani a Piombino) e poi arriverà la band, per una manciata di concerti elettrici, attraverso tutto il centro-nord Italia. Non perdetevelo, per me il prossimo appuntamento sarà giovedì 28 a Pavia, in piazza della Vittoria.

venerdì 22 luglio 2011

Ben Harper (e Robert Plant)


Mercoledì ero all'Arena Civica di Milano, per quello che forse è stato il miglior concerto dell'anno.

Poco dopo le 19.30, ora dell'aperitivo, inusuale per l'inizio di un concerto, sale sul palco Robert Plant con la sua Band of Joy (ok, lo ammetto, mi sono perso l'inizio imbottigliato nel traffico milanese, primo punto negativo della serata), e si lascia andare a una manciata di cover dei Led Zeppelin, buttandoci dentro pure i Los Lobos (Angel Dance) e altre cose buone. L'energia c'è, i suoni anche, e ancora una volta un'eventuale reunion del dirigibile se ne va nel dimenticatoio, Plant sta bene così com'è.

Alle 21.45 circa arriva il momento di Ben Harper, che apre in solitaria, voce e chitarra, con una bellissima Burn One Down, a cui fa seguito Diamond On The Inside, con tutta la band sul palco. I Relentless 7 non valgono gli Innocent Criminals, e lo si capisce già dopo un paio di pezzi, ma è Ben a tenersi sulle spalle tutto lo show: chiacchiera, interagisce con il pubblico (e si fa capire, evitando scivolate in italiano ma parlando un inglese lento e comprensibile) e si sdoppia tra chitarre acustiche, elettriche, steel guitar e via dicendo, senza risparmiarsi mai.
Il concerto prosegue in equilibrio perfetto tra ballate, pezzi più psichedelici (un paio di passaggi alla steel guitar portano echi di Jimi Hendrix), rock puro e soul, e dopo il momento intimo di Walk Away (Ben ringrazia per l'energia che si crea con il silenzio in un'arena del genere) arriva la magia della serata: per la seconda strofa di Where Could I Go Harper abbandona il microfono, si posiziona davanti alle spie e canta solo con la sua voce, mentre tra il pubblico si crea un silenzio perfetto (quasi, perchè il pubblico è da rivedere, secondo e ultimo punto negativo della serata) in cui anche questo è possibile.

C'è ancora spazio per una bella cover di Ohio (Neil Young), e pochi minuti prima del coprifuoco delle 23.30 il concerto si chiude così com'era iniziato, Ben Harper solo sul palco con la sua Martin, per una straordinaria versione di With My Own Two Hands.
Il duetto con Plant non c'è stato (ma Ben lo ringrazia come suo "musical hero"), ma a uno show così non si poteva chiedere di più.

Rock & Roll is free, so come and get it.



Robert Plant setlist:
1. Black Dog
2. Angel Dance
3. What Is And What Should Ever Be
4. House Of Cards
5. Monkey
6. Tangerine
7. Bron-Y-Aur Stomp
8. In The Mood
9. Please Read The Letter
10. Misty Mountain Hop
11. Ramble On
12. Gallows Pole

Ben Harper setlist:
1. Burn One Down
2. Diamonds On The Inside
3. Masterpiece
4. Number With No Name
5. Rock & Roll Is Free
6. Burn To Shine
7. Lay There And Hate Me
8. Walk Away
9. Forever
10. Don't Give Up On Me Now
11. Ground On Down
12. Dirty Little Lover
13. Where Could I Go
14. Better Way
15. Ohio
16. Clearly Severely
17. With My Own Two Hands

lunedì 18 luglio 2011

confusione


Un paio di settimane fa ero al Mugello, con un paio di amici, e mi ha fatto un po' tristezza essere contento di un Valentino Rossi sesto sulla Ducati.

Ieri guardavo la MotoGP sul divano, e mi ha fatto ancora più tristezza vedere Valentino rampare su Bautista e Hayden cercando di conquistare un sesto posto, senza successo.

Torniamo indietro di qualche mese: l'annuncio di Valentino che nel 2011 sarebbe andato sulla Ducati è stato qualcosa di incredibile, l'unione tra due colossi delle moto, entrambi italiani, e tutto faceva sperare che Vale avrebbe chiuso la carriera con un ennesimo successo, su una nuova moto, come e più di quanto era successo anni fa con il passaggio dalla Honda alla Yamaha.

E invece, il disastro.

Ok la spalla malandata che andava messa a posto in modo definitivo, ok l'approccio con una moto scorbutica e difficile, ok tutte le scuse del mondo (e ricordiamolo, il nostro numero 46 non è mai stato uno che si nascondeva dietro a un dito, e anche quest'anno non l'ha fatto), ma ormai a metà stagione, con il tentativo di provare la moto del prossimo anno in versione ibrida già quasi bruciato, il bilancino è davvero pessimo. Non c'è niente da fare, per ogni problema che viene tamponato ce n'è un altro che salta fuori, e a dirla tutta, se si continua con lo sviluppo di questa moto durante i week-end dei GP, alla fine dell'anno sarà comunque da mettere in archivio, perchè con il motore 1000 del 2012 cambieranno anche molte altre cose, e quindi se non ci sarà da ricominciare da capo, poco ci manca.

Viene da chiedersi, allora, come mai Stoner, dal talento indubbio ma non pari a quello di Valentino, riuscisse invece a domare la Rossa di Borgo Panigale, vincendoci gare e campionati. La risposta potrebbe essere più semplice di quanto si pensi: dopo essere rovinosamente caduto svariate volte sulla Honda clienti, Stoner è di fatto cresciuto sulla Ducati, abituandosi in fretta e formando il suo stile di guida sulla Desmosedici, senza grandi problemi di adattamento. E infatti, se lo si guarda adesso guidare la Honda (ufficiale), il suo stile è più grezzo e brutale dei suoi compagni di squadra, ma il telaio tradizionale e la guidabilità della moto glielo consentono, con ottimi risultati.

Viceversa, Valentino ha guidato per tutta la carriera su moto giapponesi, o comunque dal telaio tradizionale, e il passaggio a un mostro di potenza ma con una struttura così diversa lo ha messo in difficoltà, rendendo quasi impossibile un adattamento definitivo.

La stagione 2011 ormai è andata, se la spartiranno Lorenzo e Stoner, e se Dovizioso potrebbe essere una sorpresa (conferma?) positiva, il mio sospetto è che la grande delusione dell'anno sarà Simoncelli.

Ma pensando al 2012, cosa potranno fare Vale e la Ducati? Una soluzione, che secondo me è meno lontana dal vero di quanto si pensi, è il divorzio. Certo, sarebbe una resa, un fallimento su tutti i fronti, una dichiarazione che non c'è davvero niente da fare, e una mossa del genere appartiene poco sia al Dottore che alla Rossa.
Soluzione invece più percorribile sarebbe stravolgere completamente la moto, costruirla da zero e con un telaio tradizionale, più "giapponese" e quindi guidabile per Valentino. Abbandonare la filosofia Ducati, quindi, sacrificando sull'altare dell'originalità italiana punti per il mondiale, e la ricerca concreta del titolo.

Non vedo altre strade: continuare a intestardirsi su questa moto, o anche sulla Desmosedici 11.1, credo che difficilmente potrà portare a dei risultati. Senza dimenticare, con tutto il rispetto, che Valentino ha 32 anni suonati.

Ieri ha detto di non essersi rincoglionito in un anno, ma sa anche lui che non gliene rimangono ancora chissà quanti per correre.

domenica 10 luglio 2011

John "Cougar" Mellencamp (Vigevano, 9.7.2011)


Ieri sera ero a Vigevano, nei giardini del Castello Sforzesco, per la prima tappa in assoluto in Italia del grande John Mellencamp. Nome che purtroppo ai più non dirà molto, ma per gli appassionati di rock di quelli giusti, senza elettronica e diavolerie varie, un appuntamento da non perdere assolutamente.

La location è bellissima, e per una volta non ci si ingolfa lo stomaco con panini di dubbio gusto e birra annacquata: solo birra artigianale, salamelle bio e via discorrendo, con prezzi non troppo alti. In più, e questo sarà un valore aggiunto incredibile per la serata, in giro si vedono moltissime facce note, compagni di viaggio e di transenna in innumeri concerti, gente che viene da buona parte del nord Italia, e l'occasione è più che ghiotta per salutarci e fare quattro chiacchiere. Come dicevo ieri sera, sembra di essere a un concerto di Springsteen, ma estremamente rilassati, senza code, numeri, ansia di stare davanti e via dicendo. E questo anche perchè, va detto, l'età media è ben superiore ai 30 anni.

Poco dopo le 21, invece del classico gruppo spalla, sul palco si accende un megaschermo, che trasmetterà per più di un'ora il docu-film "It's about you", in parte sul making of dell'ultimo album di Mellencamp, in parte con degli spezzoni live (nota negativa: le canzoni che vediamo sullo schermo saranno poi le stesse che ascolteremo poco dopo dal vivo). Morale della favola, John e la band iniziano a suonare alle 22.25, con un palco che sembra a lume di candela, e già si teme il coprifuoco che, essendo il Castello in pieno centro città, si abbatterà a mezzanotte precisa.

Si parte forte, con Authority Song, e per le prime canzoni, a cavallo tra pezzi vecchi e nuovi, il ritmo sarà scandito da contrabbasso, piano e chitarre, ma è con l'alternarsi di brani elettrici ad acustici che viene fuori la seconda natura dello show: la voce zeppa di catrame di Cougar si accompagna alla sola chitarra, con l'aggiunta qua e là di violino (punto cardine della band) e fisarmonica, in Save Some Time To Dream o Jackie Brown, che regalano parentesi intimiste allo show ed esaltano il Mellencamp forse un po' appesantito, ma sempre carismatico ed efficace.

La marcia cambia poi decisamente con Rain On The Scarecrow, dando il via alla mezz'ora finale, rapida ed elettrica con i volumi belli alti, Pink Houses a chiudere prima di una veloce presentazione della band e il bis (se così si può chiamare) con R.O.C.K. in the U.S.A.
Sono le 23.58, le luci si spengono, ci si trova tutti al mixer o al banco del merchandising per chiacchierare e commentare lo show appena visto, un evento, a prescindere dalle critiche sulla durata. E' vero, con 20 minuti in più si sarebbero bilanciati meglio i pezzi lenti con quelli più rock, e lo spettacolo sarebbe stato perfetto e completo, ma non possiamo lamentarci.

Si torna a casa con la consapevolezza di aver assistito a un grandissimo show, e con la speranza che dopo le prossime date italiane (Roma oggi e Udine dopodomani) non ci faccia aspettare troppo prima di tornare da noi.

Setlist:

1. Authority song
2. No one cares about me
3. Death letter
4. John Cockers
5. Walk tall
6. The West End
7. Check it out
8. Save some time to dream
9. Cherry bomb
10. Jack and Diane
11. Jackie Brown
12. Longest days
13. Small town
14. Rain on the scarecrow
15. Crumblin’ down
16. If I die sudden
17. Pink houses
18. Rock in the U.S.A.