Mercoledì ero all'Arena Civica di Milano, per quello che forse è stato il miglior concerto dell'anno.
Poco dopo le 19.30, ora dell'aperitivo, inusuale per l'inizio di un concerto, sale sul palco Robert Plant con la sua Band of Joy (ok, lo ammetto, mi sono perso l'inizio imbottigliato nel traffico milanese, primo punto negativo della serata), e si lascia andare a una manciata di cover dei Led Zeppelin, buttandoci dentro pure i Los Lobos (Angel Dance) e altre cose buone. L'energia c'è, i suoni anche, e ancora una volta un'eventuale reunion del dirigibile se ne va nel dimenticatoio, Plant sta bene così com'è.
Alle 21.45 circa arriva il momento di Ben Harper, che apre in solitaria, voce e chitarra, con una bellissima Burn One Down, a cui fa seguito Diamond On The Inside, con tutta la band sul palco. I Relentless 7 non valgono gli Innocent Criminals, e lo si capisce già dopo un paio di pezzi, ma è Ben a tenersi sulle spalle tutto lo show: chiacchiera, interagisce con il pubblico (e si fa capire, evitando scivolate in italiano ma parlando un inglese lento e comprensibile) e si sdoppia tra chitarre acustiche, elettriche, steel guitar e via dicendo, senza risparmiarsi mai.
Il concerto prosegue in equilibrio perfetto tra ballate, pezzi più psichedelici (un paio di passaggi alla steel guitar portano echi di Jimi Hendrix), rock puro e soul, e dopo il momento intimo di Walk Away (Ben ringrazia per l'energia che si crea con il silenzio in un'arena del genere) arriva la magia della serata: per la seconda strofa di Where Could I Go Harper abbandona il microfono, si posiziona davanti alle spie e canta solo con la sua voce, mentre tra il pubblico si crea un silenzio perfetto (quasi, perchè il pubblico è da rivedere, secondo e ultimo punto negativo della serata) in cui anche questo è possibile.
C'è ancora spazio per una bella cover di Ohio (Neil Young), e pochi minuti prima del coprifuoco delle 23.30 il concerto si chiude così com'era iniziato, Ben Harper solo sul palco con la sua Martin, per una straordinaria versione di With My Own Two Hands.
Il duetto con Plant non c'è stato (ma Ben lo ringrazia come suo "musical hero"), ma a uno show così non si poteva chiedere di più.
Rock & Roll is free, so come and get it.
Robert Plant setlist:
1. Black Dog
2. Angel Dance
3. What Is And What Should Ever Be
4. House Of Cards
5. Monkey
6. Tangerine
7. Bron-Y-Aur Stomp
8. In The Mood
9. Please Read The Letter
10. Misty Mountain Hop
11. Ramble On
12. Gallows Pole
Ben Harper setlist:
1. Burn One Down
2. Diamonds On The Inside
3. Masterpiece
4. Number With No Name
5. Rock & Roll Is Free
6. Burn To Shine
7. Lay There And Hate Me
8. Walk Away
9. Forever
10. Don't Give Up On Me Now
11. Ground On Down
12. Dirty Little Lover
13. Where Could I Go
14. Better Way
15. Ohio
16. Clearly Severely
17. With My Own Two Hands
Poco dopo le 19.30, ora dell'aperitivo, inusuale per l'inizio di un concerto, sale sul palco Robert Plant con la sua Band of Joy (ok, lo ammetto, mi sono perso l'inizio imbottigliato nel traffico milanese, primo punto negativo della serata), e si lascia andare a una manciata di cover dei Led Zeppelin, buttandoci dentro pure i Los Lobos (Angel Dance) e altre cose buone. L'energia c'è, i suoni anche, e ancora una volta un'eventuale reunion del dirigibile se ne va nel dimenticatoio, Plant sta bene così com'è.
Alle 21.45 circa arriva il momento di Ben Harper, che apre in solitaria, voce e chitarra, con una bellissima Burn One Down, a cui fa seguito Diamond On The Inside, con tutta la band sul palco. I Relentless 7 non valgono gli Innocent Criminals, e lo si capisce già dopo un paio di pezzi, ma è Ben a tenersi sulle spalle tutto lo show: chiacchiera, interagisce con il pubblico (e si fa capire, evitando scivolate in italiano ma parlando un inglese lento e comprensibile) e si sdoppia tra chitarre acustiche, elettriche, steel guitar e via dicendo, senza risparmiarsi mai.
Il concerto prosegue in equilibrio perfetto tra ballate, pezzi più psichedelici (un paio di passaggi alla steel guitar portano echi di Jimi Hendrix), rock puro e soul, e dopo il momento intimo di Walk Away (Ben ringrazia per l'energia che si crea con il silenzio in un'arena del genere) arriva la magia della serata: per la seconda strofa di Where Could I Go Harper abbandona il microfono, si posiziona davanti alle spie e canta solo con la sua voce, mentre tra il pubblico si crea un silenzio perfetto (quasi, perchè il pubblico è da rivedere, secondo e ultimo punto negativo della serata) in cui anche questo è possibile.
C'è ancora spazio per una bella cover di Ohio (Neil Young), e pochi minuti prima del coprifuoco delle 23.30 il concerto si chiude così com'era iniziato, Ben Harper solo sul palco con la sua Martin, per una straordinaria versione di With My Own Two Hands.
Il duetto con Plant non c'è stato (ma Ben lo ringrazia come suo "musical hero"), ma a uno show così non si poteva chiedere di più.
Rock & Roll is free, so come and get it.
Robert Plant setlist:
1. Black Dog
2. Angel Dance
3. What Is And What Should Ever Be
4. House Of Cards
5. Monkey
6. Tangerine
7. Bron-Y-Aur Stomp
8. In The Mood
9. Please Read The Letter
10. Misty Mountain Hop
11. Ramble On
12. Gallows Pole
Ben Harper setlist:
1. Burn One Down
2. Diamonds On The Inside
3. Masterpiece
4. Number With No Name
5. Rock & Roll Is Free
6. Burn To Shine
7. Lay There And Hate Me
8. Walk Away
9. Forever
10. Don't Give Up On Me Now
11. Ground On Down
12. Dirty Little Lover
13. Where Could I Go
14. Better Way
15. Ohio
16. Clearly Severely
17. With My Own Two Hands
1 commento:
due mostri sacri
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