Fino a pochi giorni fa non avevo mai visto dal vivo Neil Young.
Ho letto la sua delirante pseudo autobiografia, ascoltato tonnellate di album, dagli inizi ai Buffalo Springfield a Crosby Stills Nash & Young, fino alle ultime fatiche (l'ultimissima no, ma va bene così), insomma direi che lo conosco abbastanza bene.
Salta fuori l'unica data italiana 2014 a Barolo, prendo i biglietti, tutto ok.
Organizziamo la macchinata, e tra una cosa e l'altra arriviamo a Barolo - piccolo paesino delle Langhe, meno di 800 anime, ricordiamolo - intorno alle 17.30, in netto anticipo.
Bene, la città è accuratamente circondata da volontari della Protezione Civile, che non solo impediscono di entrare in centro, ma pure di parcheggiare nelle zone limitrofe, ridirigendo i viandanti in parcheggi distanti almeno 3-4 km dalla cittadina, con il miraggio di efficienti navette che avrebbero gestito il pellegrinaggio.
Con scatto felino e abile mossa, chiediamo alla Polizia di poter entrare in città, visto che volevamo prendere del vino (non era una scusa) e arriviamo a parcheggiare a forse 100 metri dalla piazza dove si sarebbe svolto il concerto. Assaggiamo numerose bottiglie di Barolo e Nebbiolo, compriamo e quindi andiamo in cerca di un tavolo per la cena.
Ci viene propinato un orrido roast beef di topo come "arrosto di fassona", il tutto a prezzi indicibili. Senza parlare del teatrino del vino: preso alla cassa sarebbe costato una cifra, poco più avanti (sempre all'interno del ristorante) tre euro in meno. Robe da matti.
Scendiamo in piazza poco dopo le 20, e ci accorgiamo presto che il concetto di "overbooking" non deve essere stato compreso dagli organizzatori: siamo stipati come sardine, non c'è alcuna possibilità di muoversi senza colpire un vicino, e il pubblico continua a sistemarsi ben oltre il confine naturale della piazza. Sicurezza? Neanche a parlarne, non ci sono uscite secondarie nè niente di simile, bisogna solo ringraziare che non sia successo nulla.
Nel mezzo del diluvio tenta di esibirsi una misconosciuta signorina, mentre sull'enorme schermo alle spalle del palco si alternano senza sosta immagini e spot dei numerosissimi sponsor (con tutti i danari versati, il concerto sarebbe dovuto essere gratis).
Dopodichè, in ritardo di un bel 40 minuti, arriva Neil Young, con i Crazy Horse, lo schermo si oscura ad ospitare il solo logo della band, con il risultato che chi era più indietro della decima fila o era un giocatore di basket o non vedeva assolutamente nulla di ciò che succedeva sul palco.
Dalla mia posizione (poco davanti al mixer, centrale) si sente abbastanza bene, e quindi mi rendo subito conto del fatto che il suono della batteria, gonfio e anonimo, è voluto. Il bassista - sostituto di Billy Talbot - suona forse solo con il mignolo, e sembra avere una gamba di legno, mentre Young e Sampedro (che suona sempre gli stessi tre accordi) rimangono al centro del palco, inanellando una schitarrata dietro l'altra.
L'inizio dello show è lento e pesante, Goin' Home e Days That Use To Be promettono ma non mantengono, e il primo vero guizzo si ha quando i Crazy Horse lasciano il palco a Young, che da solo suona Blowin' In The Wind e Heart Of Gold, una più bella dell'altra, con il pubblico che finalmente reagisce.
E qui viene da pensare: ma non sarà un po' strano che il primo vero applauso del pubblico arrivi su una canzone acustica e tra l'altro non sua, quando sta suonando uno show elettrico con i Crazy Horse?
Torna la band, si migliora un pochino rispetto alla prima parte, ma il suono è bolso e impastato, c'è pochissima empatia tra il palco e il pubblico, fino all'apoteosi, a quella Cortez The Killer che da sola vale tutto il concerto, un pezzo su cui Neil e i suoi sembrano finalmente aver acceso un interruttore. Il brano è perfetto, potente e ottimamente suonato, una gran bella scarica elettrica.
Subito dopo arriva Rockin' In The Free World - è solo il tredicesimo pezzo in scaletta, ma siamo vicini alla fine - che inizia bene ma finisce malissimo, parole mangiate sull'ultima strofa, ritornello ripreso senza una logica, insomma un mezzo disastro. Roba che se non fosse stato Neil Young e il pezzo non fosse stato suo lo avrebbero ammazzato.
L'unico bis è quello di Who's Gonna Stand Up And Save The Earth, pezzo inedito non particolarmente convincente (sempre la stessa struttura, prima quinta quarta, come mi ha saggiamente insegnato l'amico Manuel Pili), e la buonanotte arriva poco prima della mezzanotte, un paio d'ore di concerto.
La fila per uscire dalla piazza è lentissima, ma ancora peggio andrà a chi è stato costretto a lasciare l'auto nei vari parcheggi fuori da Barolo che, con il preciso meccanismo delle navette, ci ha messo fino a un'ora e mezza per mettersi in macchina.
In definitiva: non posso dire che sia stato un brutto concerto (anche se quando cominci a sbadigliare sul terzo pezzo c'è qualcosa che non va), ma nemmeno all'altezza delle aspettative. Quelle tre canzoni sono state eccezionali, ok, ma non basta. E se Barolo è un bel paesino, non è attrezzato o pronto per gestire eventi di questa portata.
Con Neil ci rivediamo in acustico, tra un po'.