mercoledì 21 gennaio 2009

Giornalisti

In mezzo a tutta l'immondizia mediatica (e credetemi, negli ultimi mesi penso di aver visto e sentito cose che, nella mia peggiore ipotesi, non avrei mai creduto possibili), in Italia ci sono ancora degli onesti lavoratori che si possono definire a ragione Giornalisti. Gente che fa il suo mestiere, che dice le cose come stanno, che magari scrive pure qualcosa di scomodo, ma che non tira a campare facendo perno sui pianti, sulle disgrazie, sulle ovvietà o sulle banalità. Personaggi come - ne cito solo alcuni, mi perdonino gli altri - Calabrese, Grasso, Gramellini, Stella, Perrone, Fiumi, Severgnini.
Scrittori, opinionisti, chiamateli come volete, ma soprattutto persone che sanno fare il loro mestiere, e che riescono ancora a mettere nero su bianco sui giornali le loro idee, i fatti, gli avvenimenti.

Sono pochi, e bisogna imparare a leggerli, per non perdersi nell'infame maelstrom in cui i rotocalchi, i quotidiani di bassa lega, i tg come Studio Aperto e compagnia rischiano di imprigionarci.

Per fare un esempio calzante, non posso non riportare il "Buongiorno" odierno di Massimo Gramellini, sulla prima pagina de La Stampa.

Visto dalla periferia

Certo che triste quel caravanserraglio di vecchi presidenti sciancati o in carrozzella: il più sveglio sembrava Bush junior ed è tutto dire.

Certo che retorica in quel predicatore che ha chiesto a Dio di proteggere gli Stati Uniti d'America (e da noi, pioggia acida?)

Certo che noia quell'inno cantato da Aretha Franklin con un cappellino a ics che non metterebbe neanche la regina Elisabetta.

Certo che inutile pompa quelle ventidue macchine del corteo presidenziale: meglio se arrivava da solo, guidando un’utilitaria.

Certo che strazio quel vestito della First Lady: la stilista lo avrà ricavato dalle tende del salotto di sua zia.

Certo che logora quell’usanza di giurare davanti a un magistrato che se inciampi a metà della dichiarazione non ti fa neanche arrestare.

Certo che paroloni in quel discorso inaugurale: virtù, speranza, responsabilità, persino l’attraversamento del Delaware ghiacciato da parte di George Washington nella guerra di indipendenza. E neanche una barzelletta, un riferimento allo sport, una confezione d’odio da tenere a portata di mano per spalmarla addosso al nemico e sentirsi in pace con la coscienza.

Certo che energia in quell’uomo e in quella gente che ci crede ancora: nel suo Paese, nel futuro, nella possibilità di rigenerarsi e di cambiare nonostante.

Certo che invidia.

Meditare, gente, meditare.

Nessun commento: