Sabato sera, dopo essermi quasi perso nei cunicoli di Cesano Maderno, nell'hinterland milanese (mi dicono sia la "capitale del mobile" della Brianza), con non poca fatica arrivo al Caffè Nero Bollente, sedicente pub dalle dimensioni importanti, con schermi per le partite sparsi un po' ovunque, lunghi tavoloni in legno molto old style, e, soprattutto, anche se quasi incastrato in un angolo non lontano dai bagni, un palchetto per la musica dal vivo.
Stasera, archiviato lo squallido match calcistico, suona la 57th Street Band, rock solido sulle cover del buon vecchio Bruce Springsteen, che non fa mai male.
Il particolare è che nel pub io sono entrato con la mia chitarra (acustica), e che durante il primo tempo della partita attacco il jack, proviamo un attimo i suoni, mettiamo il riverbero giusto. Insomma, tempo un'oretta e mezza, sarò anch'io sul palco con i ragazzi, per un pezzo solo, un brano particolare, una canzone che per me avrà sempre un significato che va ben oltre testo e musica.
The River.
Arriva il momento, durante Darkness on the Edge of Town ripasso un attimo l'accordatura, poi mi metto in posizione, parte l'intro, non mi sento, suono a tempo e a orecchio, più che altro seguendo il cantato. L'emozione non è per il fatto di essere davanti a duecento (più o meno) persone, ma per il pezzo in sè: l'ho provato un'infinità di volte, ma qualcosa può sempre andare storto.
Invece, incredibile, tutto fila liscio, non sbaglio neanche a pizzicare una corda, e alla fine sto lì, prendendomi l'applauso che è per la band, per me, per lei, per chi c'era, per chi ci sarà sempre e per chi non c'è più.
Non lo nego, non è stato facile, ma qua e là, tra un accordo e l'altro, c'era stato anche il tempo e la voglia per un sorriso, perchè nel frattempo a qualcuno stavano scendendo delle lacrime, e questo non è mai bello.
Sarei dovuto tornare poi sul palco per Thunder Road, ma la memoria me l'ha impedito: in parole povere, non mi ricordavo gli accordi, sarà per un'altra volta.
Perchè il rock ci tiene uniti e forti.
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