Non c'è niente da dire, gli americani quando ci sono da fare cose di questo tipo sono proprio bravi.
E chissenefrega se hanno davvero speso 150 milioni per mettere in piedi la cerimonia di ieri, mi sembra comunque una cosa più furba e costruttiva rispetto alla stessa cifra che (si stima) il Manchester City sborserà per Kakà, continuando una telenovela mediatica che ha stancato ancora prima di cominciare.
Invece l'evento We Are One ("Siamo una cosa sola", o "Siamo uniti") che si è celebrato ieri al Lincoln Memorial di Washington è stato magnifico, senza sbavature, e per certi versi anche un momento storico.
Giusto il militare che ha cantato l'inno ha mancato l'attacco e sbagliato leggermente il finale, ma è un peccatuccio veniale, si può capire e perdonare l'emozione.
Poi, uno dopo l'altro, si sono alternati Bruce Springsteen, Denzel Washington, Garth Brooks, Tom Hanks, John Mellencamp, gli U2, Pete Seeger, lo stesso Obama, le aquile Challenger e Lincoln e tanti altri, con la meravigliosa chiusura di Beyoncè, che ha cantato America the Beautiful, con il coro e tutti gli artisti tornati sul grande palco dietro di lei.
Il tutto in due ore giuste giuste, cose che se provassimo mai a replicare in Italia si sforerebbe senza neanche passare dal via. Senza troppi moralismi, interventi secchi e lucidi, canzoni scelte splendidamente, tempi ottimizzati nel migliore dei modi.
Dovremmo imparare a parlare dei 150 milioni dagli americani, e per queste cose, non soltanto per le nostre pastette calcistiche.
(per chi se lo fosse perso: martedì 20 gennaio, alle 21, Sky Vivo manderà in replica l'evento)
Invece l'evento We Are One ("Siamo una cosa sola", o "Siamo uniti") che si è celebrato ieri al Lincoln Memorial di Washington è stato magnifico, senza sbavature, e per certi versi anche un momento storico.
Giusto il militare che ha cantato l'inno ha mancato l'attacco e sbagliato leggermente il finale, ma è un peccatuccio veniale, si può capire e perdonare l'emozione.
Poi, uno dopo l'altro, si sono alternati Bruce Springsteen, Denzel Washington, Garth Brooks, Tom Hanks, John Mellencamp, gli U2, Pete Seeger, lo stesso Obama, le aquile Challenger e Lincoln e tanti altri, con la meravigliosa chiusura di Beyoncè, che ha cantato America the Beautiful, con il coro e tutti gli artisti tornati sul grande palco dietro di lei.
Il tutto in due ore giuste giuste, cose che se provassimo mai a replicare in Italia si sforerebbe senza neanche passare dal via. Senza troppi moralismi, interventi secchi e lucidi, canzoni scelte splendidamente, tempi ottimizzati nel migliore dei modi.
Dovremmo imparare a parlare dei 150 milioni dagli americani, e per queste cose, non soltanto per le nostre pastette calcistiche.
(per chi se lo fosse perso: martedì 20 gennaio, alle 21, Sky Vivo manderà in replica l'evento)
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