domenica 4 novembre 2007

Corriere Medical Division

Si fa un gran parlare del Dottor House.

O, come sarebbe meglio dire, rispettando il titolo del serial USA, di House - Medical Division.

A ragione, perchè è un prodotto televisivo di tutto rispetto, con un grande protagonista, degli ottimi comprimari, pochissime cadute di stile nelle storylines, dialoghi scritti in modo egregio e via dicendo.

A torto, perchè qualche volta si esagera davvero.
E lasciamo perdere il doppiaggio italiano, che, pur non essendo - incredibile! - pessimo, per una volta, elimina comunque quel dedalo di piccolezze che fanno grande la recitazione degli attori. E lasciamo da parte anche il fatto che Canale5, la rete ammiraglia Mediaset, visti gli ascolti record di House, l'ha candidamente sottratto ai colleghi di Italia1 per tenerselo tutto per sè, stretto stretto.

Ma quello che ho letto stamattina mi ha lasciato a metà tra l'infuriato e l'esterrefatto.

Sulla prima pagina dell'augusto quotidiano Corriere della Sera di oggi, in basso a destra, campeggiava un terrificante articolo a titolo "Dottor House contro Bush: sanità per tutti" (leggibile integralmente qui), in cui la giornalista Alessandra Farkas, a mio avviso dopo una dose eccessiva di Vicodin (e chi segue House sa di cosa parlo), blaterava di un'invettiva sociale del medico televisivo, pronto a guidare una rivolta popolare con tanto di pugno chiuso, marciando sulla Casa Bianca.
Ora, se è vero che il Corriere è un giornale serio - ammesso che ne esistano ancora, in quest'Italia comunicativamente devastata - è vero anche che dovrebbe fare più attenzione alle castronerie del proprio staff, prima di buttarle nero su bianco sulla carta stampata.
E' chiaro infatti che la Farkas poco sa e ancora meno conosce di House, e quindi, ovviamente, non sa distinguerne l'ironia cinica e geniale dalla supposta verve neopolitica.
In sintesi, nell'ultima puntata del serial, andata in onda lo scorso martedì sugli schermi televisivi americani, House metteva in scena una piccola battaglia contro la direttrice dell'ospedale, la Cuddy per i non neofiti, battaglia che veniva ripetutamente combattuta a colpi di dispetti, ripicche e sgambetti. Nel momento clou della pugna, dopo aver messo sottosopra mezzo ospedale diffondendo la voce che la maionese della mensa era scaduta, il Dottore si trova nella gremita sala d'attesa del pronto soccorso, colma - ogni mondo è paese, in fondo - di malati immaginari, anziani e compagnia bella e, per gettare benzina sul fuoco, pronuncia queste esatte parole:

Who here doesn't have any health insurance?
Tch. Michael Moore was right.
MRIs, PET scans, neuro-Psych tests,
Private rooms for all these patients.
Fight the power!

E il "Michael Moore was right", che rimanda sicuramente alle accuse sociali formulate da Moore nella sua pellicola Sicko, di qualche mese fa, è indubbiamente detto per incendiare gli animi e creare confusione in reparto, e non certo per una qualsivoglia invettiva anti-Bush.
La Farkas, quindi, farebbe meglio ad informarsi, o quantomeno a togliersi le fette di salame dagli occhi, prima di buttare sulla carta l'inchiostro delle sue castronerie.

O forse, semplicemente, avrebbe bisogno di un bravo dottore.

Citofonare Gregory House.

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