giovedì 8 novembre 2007

Dollaro nero

Dal momento che ormai da giorni ogni TG ne parla in apertura, mi sembra quasi doveroso spendere due parole sui due argomenti caldi dell'economia di oggi: impennata del prezzo del petrolio e crollo del valore del dollaro.

Ci sono ormai pochi dubbi, il prezzo del petrolio è destinato a superare i 100 dollari al barile in un futuro molto prossimo, con un conseguente (ma non è così semplice) impennarsi del prezzo di benzina e gasolio nei nostri cari distributori. Non è così semplice, dicevamo, e proviamo a spiegare il perchè.

In breve, il costo che il petrolio grezzo ha oggi sul mercato si ripercuoterà realmente sul prezzo della benzina al dettaglio in un tempo quantificabile circa in sei mesi: in questo lasso di tempo, il petrolio deve essere comprato dalle varie compagnie, trasportato, sdoganato, raffinato, messo nelle cisterne e quindi consegnato al distributore.
Già. E nonostante questo invece, se oggi il costo del petrolio sale, domani salirà il prezzo dal benzinaio sotto casa. E andrebbe tutto bene, se la stessa cosa si potesse dire del ribasso. Ma è proprio lì che casca l'asino, perchè nel momento in cui le quotazioni scendono - miracolo! - tutti giù a lamentarsi che no, in realtà le cose non stanno così, perchè sei mesi fa il prezzo è salito, poi è sceso, poi è salito ancora, e mica si puù abbassare il prezzo solo perchè ieri il costo al barile è sceso...

Ci prendono in giro, lo sappiamo tutti. E quello che ci prende in giro più di tutti è lo Stato. Perchè sul prezzo che noi paghiamo per ogni litro di benzina, o gasolio, gravano ancora oggi delle accise che ormai dovrebbero essere pensionate o dimenticate, come ad esempio quella tirata fuori nel 1935 per la guerra in Abissinia e mai cancellata.
Risparmierò la storia delle accise, basti sapere che erano delle imposte sul carburante che i vari Governi hanno aggiunto al prezzo della benzina "una tantum" per cercare fondi per una determinata emergenza, salvo poi dimenticarsi di cancellarle.
Sulle accise, naturalmente, grava a sua volta un'Iva del 20%, che viene poi applicata anche allo stesso costo finale che vediamo pubblicizzato.

Quindi, se da una parte è giusto che i petrolieri e i vari gestori abbiano il loro guadagno, dall'altra è quanto mai vergognoso che lo Stato intaschi una quantità di denaro infinita facendo l'indiano.

In più ricordiamolo, il costo del petrolio si stima in dollari e, come tutti sappiamo, la crisi del dollaro nei confronti dell'euro è evidente, grazie anche ad una politica economica folle praticata in questi mesi dall'Europa. A questo punto, viene da chiedersi, usando numeri del tutto esemplificativi: se il prezzo del petrolio negli ultimi sei mesi è aumentato del 20%, e invece il valore del dollaro è diminuito del 25%, com'è possibile che io oggi paghi la benzina il 30% in più rispetto a sei mesi fa?
Domanda che rimarrà senza risposta, ovvio.

In chiusura, se il petrolio è destinato a superare i 100 dollari al barile, l'euro viaggia a velocità di crociera verso l'1,50 nei confronti della moneta statunitense. E con questo? Cos'è, vogliamo fare i fenomeni e dimostrare che la nostra moneta è forte? E dimenticarci qualsiasi tipo di esportazione, con una diminuzione dei rapporti diplomatici con i Paesi al di fuori dell'Europa e tutto quello che ne consegue.
Non sarebbe più furbo cercare un compromesso tra i tassi di sconto e quelli di interesse, far scendere di qualche gradino l'odiata moneta europea e tornare a parlare di cifre ragionevoli?

Ah già, ma noi non siamo in Europa, siamo solo in Italia, e il nostro Ministro dell'Economia è quel bamboccione di Padoa Schioppa. Lasciamo perdere.

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