Come ho già avuto modo di scrivere, sono un fan accanito di Bruce Springsteen.
E quindi mi sono gustato i primi album "per pochi intimi", la parentesi acustica di Nebraska, ho attraversato la croce e delizia di Born in the USA, l'abbandono della E Street Band, i due dischi con gli Scalzacani, il tour solista di Tom Joad, il ritorno con la band, il Reunion Tour, l'11 settembre, The Rising, di nuovo il Bruce acustico e poi quello folk delle Seeger Sessions.
Dopodichè, si riattacca la spina e si torna elettrici. Con la band. La Band. La E Street Band.
Ci si poteva aspettare qualsiasi cosa da questo album, già dal titolo, "Magic". E, come ho detto, dopo molti ascolti il voto è sufficiente.
A mente fredda, però, il voto è solo sufficiente. Un sei in pagella. Che lascia l'amaro in bocca, diciamolo.
Canzoni che sembrano slegate tra loro, senza un fil rouge a unirle, prodotte in modo del tutto discutibile, con sovraincisioni infinite, che altro non fanno che sminuire la voce di Springsteen, ancora solida a 58 anni. La prima metà del disco, soprattutto, regala cose già sentite, poche novità, e il lato B migliora, senza dubbio, ma se è abbastanza semplice trovare brani di qualità, è invece molto difficile scovare un capolavoro, o qualcosa che rimarrà nel tempo.
Sudore freddo.
E dal vivo?
Bè, signori miei, dal vivo la E Street Band avrà anche un'età media sopra i cinquant'anni, avranno anche il fiatone e l'artrite, figli e nipoti staranno tirando la giacchetta e i talloni di Bruce gli faranno anche un male bestia dopo tutta la serata passata a pestare sul palco, ma fanno ancora la loro porca figura.
Ho visto il video di Reason to Believe, dalla serata di Hartford, lo scorso 2 ottobre, e mi è bastato.
C'è ancora una Ragione per Credere.
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