venerdì 25 dicembre 2009
Buon Natale! (musicalmente parlando)
Da qualche anno non mi mettevo più lì a fare cd natalizi per gli amici, non so perchè, per mille motivi e per nessuno.
Quest'anno invece mi sono messo lì, ho scelto, guardato, scartabellato, deciso, ordinato e alla fine masterizzato il cd per gli amici. Lasciandoli però nel dubbio e liberandoli di ogni pregiudizio, ovvero senza mettere la tracklist, solo il cd, così, nudo.
Però adesso posso anche dire quali canzoni ci ho messo:
1. The Gaslight Anthem - The '59 Sound
2. Riccardo Maffoni - La censura di Lucinda
3. Jesse Malin - Wendy
4. Cristiano De Andrè - Fiume Sand Creek (live)
5. Miami & The Groovers - Tears are falling down (live)
6. Pearl Jam - Just Breathe
7. Daniele Tenca - Guarda il sole
8. Tom Petty & The Heartbreakers - The Waiting
9. Roseanne Cash - Sea of heartbreak
10. Garth Brooks - The River (live)
11. Steve Earle - Halo 'round the moon
12. Tom Waits - I don't wanna grow up
13. Marah - The dishwasher's dreams
14. Johnny Cash - I walk the line (live)
15. Southside Johnny & The Asbury Jukes - I don't want to go home (live)
16. Vinicio Capossela - Il paradiso dei calzini (live)
17. Willie Nile - Streets of New York
18. Lowlands - In the end
19. Tori Amos - Have yourself a merry little Christmas
20. Curtis Stiger - (What's so funny 'bout) Peace love and understanding
mercoledì 16 dicembre 2009
Cosa è giusto e cosa no
In questi giorni (settimane? mesi?) sento spesso parlare di giustizia, a tal punto che troppe volte ormai il termine viene usato a sproposito, o storpiato perchè ognuno possa intenderlo come gli pare.
E allora mi viene da chiedere (domanda retorica, ovvio, perchè una risposta non c'è) cosa sia davvero giusto e cosa non lo sia, in questa Italia, in questo Mondo, in questo Millennio in cui, per un motivo o per l'altro, ci troviamo a vivere.
E' giusto lamentarsi per questo o quel reato, vomitare parole inutili per questa o quella sentenza, sciorinare slogan triti e ritriti tipo "mi vergogno di essere italiano"? Perchè, caso vuole, sono parole che devono sempre essere giuste quando ce le si trovano in bocca, però se invece le dice uno come Corona, ah allora no, dagli contro, perchè lui non ha il diritto di dire ste cose? E perchè, che diritto hanno tutti gli altri di dirlo, se non ce l'ha lui?
E' giusto dire che "ho un sacco di amici gay e sono tutti simpatici" quando al TG viene fuori l'ennesimo episodio di intolleranza nei confronti degli omosessuali, e poi invece sbuffare e alzare gli occhi al cielo quando ci piantano sotto il naso il Gay Pride - con buona pace dei media, che in queste cose ci sguazzano? Perchè è vero che siamo nel 2009 quasi 2010, che siamo tutti moderni e che il mondo cambia, però gli anziani del paese sono mica costretti ad essere d'accordo con tutti.
E' giusto condannare la durezza (si fa per dire) con cui vengono puniti i ladruncoli albanesi (o rumeni, o nigeriani, non importa), quando poi si guardano i campi ROM con schifo e odio, e la prima cosa che si ha è la paura che vengano a rubarci in casa? Perchè sì, ok, è Natale e siamo tutti più buoni, ma ci sono dei limiti.
E' giusto inneggiare a un pazzo che lancia statuette nelle piazze gremite, o condannarlo a morte mentre si nascondono le risate sotto i baffi, perchè diciamocelo, in fondo il Nano sta simpatico davvero a pochi? O forse sarebbe più furbo riflettere sul fatto che le bandiere multicolore con la scritta "pace" sembrano ormai passate di monda, e un episodio di violenza del genere ci urta fino a un certo punto? Una volta le piazze - non tutte, va detto - non erano posti così belli da frequentare per l'aperitivo, perchè c'era un clima di tensione, ma sarebbe meglio che queste cose rimanessero nel passato.
Potrei andare avanti con questi esempi per pagine intere. E badate bene, scrivo tutto questo senza alcuna simpatia o antipatia, ma sono cose sotto gli occhi di tutti.
Io cerco di guardare nel mio, e di non criticare in ogni momento questo o quel politico, questo o quell'imprenditore, questo o quel governante.
Io cerco di essere una persona giusta, e spesso sbaglio. Però almeno ci provo.
E quindi rinuncio a comprendere le decisioni dei tribunali, guardo con un minimo di sospetto ignorante i campi nomadi, ho degli amici gay (e pure simpatici) però non devo per forza simpatizzare per i Village People. E domenica sera non ho riso per niente.
Non sono qui a cambiare il mondo. Perchè non è il mio ruolo, perchè non sono capace, perchè preferisco provare a fare altro.
E non sono qui nemmeno per cambiare le leggi, perchè a questo dovrebbero pensare le persone che sono state elette da milioni (ripeto: milioni, quegli stessi milioni che poi si lamentano, e vedono sempre il bicchiere mezzo vuoto, a prescindere dal colore politico) di persone.
Ma quelli che si lamentano, che sanno solo lamentarsi, che parlano senza avere un minimo di conoscenza concreta, perchè invece non fanno qualcosa? Intendo qualcosa di attivo: non ci vuole poi molto anche solo a fare i consiglieri comunali, i sindaci, gli assessori. Certo, ci vuole tempo, un minimo (ma proprio minimo) di denaro, e un minimo di capacità.
Io ho amici e conoscenti che lavorano in politica, a tempo pieno o, diciamo così, part time. E non dico che saranno loro a cambiare il mondo, però chi lo sa, magari riusciranno anche solo a sprecare qualche migliaio di euro in meno per questa o quella rotonda.
A distruggere (leggi: lamentarsi e basta, perchè si è sempre nel giusto, no?) si è sempre bravi, ma costruire è molto più difficile.
Prima di aprire bocca, la prossima volta, un attimo di riflessione.
E allora mi viene da chiedere (domanda retorica, ovvio, perchè una risposta non c'è) cosa sia davvero giusto e cosa non lo sia, in questa Italia, in questo Mondo, in questo Millennio in cui, per un motivo o per l'altro, ci troviamo a vivere.
E' giusto lamentarsi per questo o quel reato, vomitare parole inutili per questa o quella sentenza, sciorinare slogan triti e ritriti tipo "mi vergogno di essere italiano"? Perchè, caso vuole, sono parole che devono sempre essere giuste quando ce le si trovano in bocca, però se invece le dice uno come Corona, ah allora no, dagli contro, perchè lui non ha il diritto di dire ste cose? E perchè, che diritto hanno tutti gli altri di dirlo, se non ce l'ha lui?
E' giusto dire che "ho un sacco di amici gay e sono tutti simpatici" quando al TG viene fuori l'ennesimo episodio di intolleranza nei confronti degli omosessuali, e poi invece sbuffare e alzare gli occhi al cielo quando ci piantano sotto il naso il Gay Pride - con buona pace dei media, che in queste cose ci sguazzano? Perchè è vero che siamo nel 2009 quasi 2010, che siamo tutti moderni e che il mondo cambia, però gli anziani del paese sono mica costretti ad essere d'accordo con tutti.
E' giusto condannare la durezza (si fa per dire) con cui vengono puniti i ladruncoli albanesi (o rumeni, o nigeriani, non importa), quando poi si guardano i campi ROM con schifo e odio, e la prima cosa che si ha è la paura che vengano a rubarci in casa? Perchè sì, ok, è Natale e siamo tutti più buoni, ma ci sono dei limiti.
E' giusto inneggiare a un pazzo che lancia statuette nelle piazze gremite, o condannarlo a morte mentre si nascondono le risate sotto i baffi, perchè diciamocelo, in fondo il Nano sta simpatico davvero a pochi? O forse sarebbe più furbo riflettere sul fatto che le bandiere multicolore con la scritta "pace" sembrano ormai passate di monda, e un episodio di violenza del genere ci urta fino a un certo punto? Una volta le piazze - non tutte, va detto - non erano posti così belli da frequentare per l'aperitivo, perchè c'era un clima di tensione, ma sarebbe meglio che queste cose rimanessero nel passato.
Potrei andare avanti con questi esempi per pagine intere. E badate bene, scrivo tutto questo senza alcuna simpatia o antipatia, ma sono cose sotto gli occhi di tutti.
Io cerco di guardare nel mio, e di non criticare in ogni momento questo o quel politico, questo o quell'imprenditore, questo o quel governante.
Io cerco di essere una persona giusta, e spesso sbaglio. Però almeno ci provo.
E quindi rinuncio a comprendere le decisioni dei tribunali, guardo con un minimo di sospetto ignorante i campi nomadi, ho degli amici gay (e pure simpatici) però non devo per forza simpatizzare per i Village People. E domenica sera non ho riso per niente.
Non sono qui a cambiare il mondo. Perchè non è il mio ruolo, perchè non sono capace, perchè preferisco provare a fare altro.
E non sono qui nemmeno per cambiare le leggi, perchè a questo dovrebbero pensare le persone che sono state elette da milioni (ripeto: milioni, quegli stessi milioni che poi si lamentano, e vedono sempre il bicchiere mezzo vuoto, a prescindere dal colore politico) di persone.
Ma quelli che si lamentano, che sanno solo lamentarsi, che parlano senza avere un minimo di conoscenza concreta, perchè invece non fanno qualcosa? Intendo qualcosa di attivo: non ci vuole poi molto anche solo a fare i consiglieri comunali, i sindaci, gli assessori. Certo, ci vuole tempo, un minimo (ma proprio minimo) di denaro, e un minimo di capacità.
Io ho amici e conoscenti che lavorano in politica, a tempo pieno o, diciamo così, part time. E non dico che saranno loro a cambiare il mondo, però chi lo sa, magari riusciranno anche solo a sprecare qualche migliaio di euro in meno per questa o quella rotonda.
A distruggere (leggi: lamentarsi e basta, perchè si è sempre nel giusto, no?) si è sempre bravi, ma costruire è molto più difficile.
Prima di aprire bocca, la prossima volta, un attimo di riflessione.
domenica 29 novembre 2009
Back to back
Come i più assidui lettori di queste pagine virtuali avranno notato, sono spesso in giro per l'Italia (quando non all'estero) per concerti, spettacoli, varie, eventuali.
Bè, questo week-end è stato eccezionale.
Venerdì ero al PalaRavizza di Pavia, per vedere Francesco Guccini. Il Guccio è uno di quelli che seguo da sempre, il primo concerto l'avrò visto 15 anni fa, e da allora vado avanti con la media di uno all'anno, e non sono mai uscito da palazzetti, piazze, tendoni, varie ed eventuali deluso. Mai. Certo, nel corso degli anni il prezzo del biglietto è aumentato (e non di poco), e dallo show popolare di una volta si è passati a costi in linea con gli altri cantanti italici, ma in fondo chissenefrega.
Perchè quando sul palco ti trovi uno che tiene botta per due ore e mezza abbondanti, chiacchiera, racconta, canta, diverte, riflette, arringa e sorride, bè, i soldi spesi passano ampiamente in secondo piano.
E questo concerto di venerdì non è stato da meno, anzi. Voce potente e in grande forma, il Guccio ha messo in scena uno spettacolo con i fiocchi, accompagnato dai suoi fidi compagni di merende sempre più giocherelloni, riscoprendo brani finiti da tempo nel baule dei ricordi e lucidando per bene i grandi successi, buttando dentro, prima del classico colpo di coda de La Locomotiva, quel grandissimo pezzo che è Un altro giorno è andato, un po' a sottolineare che gli anni passano per tutti, ma c'è ancora chi ha la voglia e l'energia di cantare e dire la sua.
Ieri invece ero al Forum di Assago, per il Fiorello Show.
Sono da sempre un fan del Rosario nazionale, dai tempi dei primi Viva Radio Deejay, DJ Television, e poi il Karaoke e tutto il resto. E avevo già avuto la fortuna di vederlo in teatro, nella tournèe di "Volevo fare il ballerino", un paio d'anni fa. Dico fortuna perchè se pensate che in tv Fiorello sia bravo, bè, dovete vederlo dal vivo, e capirete che è cento volte meglio.
Iero sera lo show è durato quasi tre ore, che sono letteralmente volate via, senza pause, senza battute d'arresto, una meravigliosa furia di canzoni, musica, cabaret, teatro, risate e allegria, con effetti digitali di tutto rispetto e una padronanza del mezzo teatrale davvero rara.
In sala c'erano i ragazzi di X Factor (e nel dubbio ho baciato Anita, una delle Yavanna), DJ Francesco, Alba Parietti, Nicola Savino e decine di altri vip, ma ognuno stava al suo posto, senza manie di protagonismo e senza nemmeno la smania di apparire. Tutti lì a guardare e ascoltare quello che oggi è di gran lunga il miglior showman italiano.
Uno spettacolo davvero eccezionale, che vale tutti gli euro del biglietto, e anche di più, perchè si arriva alla fine, si guarda l'orologio e ci si chiede come sia possibile che siano già passate tre ore, e la voglia di vederne ancora è tanta.
Spegnete il televisore, non preoccupatevi troppo del portafogli, e andate nei teatri e nei palazzetti. E' un consiglio da amico.
Bè, questo week-end è stato eccezionale.
Venerdì ero al PalaRavizza di Pavia, per vedere Francesco Guccini. Il Guccio è uno di quelli che seguo da sempre, il primo concerto l'avrò visto 15 anni fa, e da allora vado avanti con la media di uno all'anno, e non sono mai uscito da palazzetti, piazze, tendoni, varie ed eventuali deluso. Mai. Certo, nel corso degli anni il prezzo del biglietto è aumentato (e non di poco), e dallo show popolare di una volta si è passati a costi in linea con gli altri cantanti italici, ma in fondo chissenefrega.
Perchè quando sul palco ti trovi uno che tiene botta per due ore e mezza abbondanti, chiacchiera, racconta, canta, diverte, riflette, arringa e sorride, bè, i soldi spesi passano ampiamente in secondo piano.
E questo concerto di venerdì non è stato da meno, anzi. Voce potente e in grande forma, il Guccio ha messo in scena uno spettacolo con i fiocchi, accompagnato dai suoi fidi compagni di merende sempre più giocherelloni, riscoprendo brani finiti da tempo nel baule dei ricordi e lucidando per bene i grandi successi, buttando dentro, prima del classico colpo di coda de La Locomotiva, quel grandissimo pezzo che è Un altro giorno è andato, un po' a sottolineare che gli anni passano per tutti, ma c'è ancora chi ha la voglia e l'energia di cantare e dire la sua.
Ieri invece ero al Forum di Assago, per il Fiorello Show.
Sono da sempre un fan del Rosario nazionale, dai tempi dei primi Viva Radio Deejay, DJ Television, e poi il Karaoke e tutto il resto. E avevo già avuto la fortuna di vederlo in teatro, nella tournèe di "Volevo fare il ballerino", un paio d'anni fa. Dico fortuna perchè se pensate che in tv Fiorello sia bravo, bè, dovete vederlo dal vivo, e capirete che è cento volte meglio.
Iero sera lo show è durato quasi tre ore, che sono letteralmente volate via, senza pause, senza battute d'arresto, una meravigliosa furia di canzoni, musica, cabaret, teatro, risate e allegria, con effetti digitali di tutto rispetto e una padronanza del mezzo teatrale davvero rara.
In sala c'erano i ragazzi di X Factor (e nel dubbio ho baciato Anita, una delle Yavanna), DJ Francesco, Alba Parietti, Nicola Savino e decine di altri vip, ma ognuno stava al suo posto, senza manie di protagonismo e senza nemmeno la smania di apparire. Tutti lì a guardare e ascoltare quello che oggi è di gran lunga il miglior showman italiano.
Uno spettacolo davvero eccezionale, che vale tutti gli euro del biglietto, e anche di più, perchè si arriva alla fine, si guarda l'orologio e ci si chiede come sia possibile che siano già passate tre ore, e la voglia di vederne ancora è tanta.
Spegnete il televisore, non preoccupatevi troppo del portafogli, e andate nei teatri e nei palazzetti. E' un consiglio da amico.
venerdì 27 novembre 2009
Cifre a caso
Roba che se si accende il televisore, si guarda un sito di news su internet, si legge un giornale, c'è da diventare matti. E da chiedersi, una volta di più, dove siamo capitati.
Dunque, la sig.ra Veronica Lario in Berlusconi (almeno per il momento) ha chiesto al maritino qualcosa come 2 milioni e rotti al mese per il divorzio. E no, non siamo rimasti un po' in dietro con le lire, stiamo proprio parlando di euro. Poverina, lei, deve pur mantenere il suo tenore di vita, no?
Ma rendiamoci conto di cosa vuol dire spendere (leggi: buttare via) 30 milioni e passa di euro all'anno: eh sì, perchè nella sola villa in Sardegna (con anfiteatro, mica cotiche) lavoreranno almeno 50 persone tra giardinieri, cuochi, camerieri e via dicendo. Con un rapido conto, un paio di milioni annui se ne vanno solo per loro. E poi lo shopping, la vita sociale, un buon numero di interventi dal chirurgo plastico e si arriva in fretta a quella cifra lì.
Roba che tanti di noi non riescono a mettere insieme 2 milioni di euro IN UNA VITA, e questa se li brucia in un mese.
Pur con la scarsa simpatia che ho per il Silvio, a questo giro spero che si sia tutelato ben bene, e che la mandi a spalare il letame (leggi: non le darà 2 milioni, ma dubito riuscirà a scendere sotto i 200mila).
E vabè, è uno schifo, però in fondo questo non pesa sulle nostre tasche.
Invece ci sono gli amici arabi di Dubai, che per anni ci hanno massacrato le gonadi con il loro sfoggio di opulenza, e poi hanno tirato fuori questo delirio architettonico (si vede che negli Emirati c'è qualche droga particolare, o magari è solo il sole) dell'isola artificiale fatta a palma, di sicuro l'avrete vista un po' ovunque.
Bene, questi geni hanno continuato a spendere e spandere anche con la crisi, e indovinate un po'? Adesso hanno 59 miliardi di dollari di debiti. No, dico, CINQUANTANOVE MILIARDI. Poverini.
Non hanno modo di rientrare, e hanno chiesto un congelamento del pagamento degli interessi.
Bè, questo sì che pesa sulle nostre tasche, perchè 59 miliardi di dollari sono un sacco di soldi, e un buco del genere non ha fatto certo piacere agli investitori, con il risultato che tutte le Borse mondiali hanno perso circa un paio di punti, e non è ancora finita.
Ma non disperate, gente. C'è sempre il Superenalotto, il Win for life. O la delinquenza, l'evasione delle tasse...
Dunque, la sig.ra Veronica Lario in Berlusconi (almeno per il momento) ha chiesto al maritino qualcosa come 2 milioni e rotti al mese per il divorzio. E no, non siamo rimasti un po' in dietro con le lire, stiamo proprio parlando di euro. Poverina, lei, deve pur mantenere il suo tenore di vita, no?
Ma rendiamoci conto di cosa vuol dire spendere (leggi: buttare via) 30 milioni e passa di euro all'anno: eh sì, perchè nella sola villa in Sardegna (con anfiteatro, mica cotiche) lavoreranno almeno 50 persone tra giardinieri, cuochi, camerieri e via dicendo. Con un rapido conto, un paio di milioni annui se ne vanno solo per loro. E poi lo shopping, la vita sociale, un buon numero di interventi dal chirurgo plastico e si arriva in fretta a quella cifra lì.
Roba che tanti di noi non riescono a mettere insieme 2 milioni di euro IN UNA VITA, e questa se li brucia in un mese.
Pur con la scarsa simpatia che ho per il Silvio, a questo giro spero che si sia tutelato ben bene, e che la mandi a spalare il letame (leggi: non le darà 2 milioni, ma dubito riuscirà a scendere sotto i 200mila).
E vabè, è uno schifo, però in fondo questo non pesa sulle nostre tasche.
Invece ci sono gli amici arabi di Dubai, che per anni ci hanno massacrato le gonadi con il loro sfoggio di opulenza, e poi hanno tirato fuori questo delirio architettonico (si vede che negli Emirati c'è qualche droga particolare, o magari è solo il sole) dell'isola artificiale fatta a palma, di sicuro l'avrete vista un po' ovunque.
Bene, questi geni hanno continuato a spendere e spandere anche con la crisi, e indovinate un po'? Adesso hanno 59 miliardi di dollari di debiti. No, dico, CINQUANTANOVE MILIARDI. Poverini.
Non hanno modo di rientrare, e hanno chiesto un congelamento del pagamento degli interessi.
Bè, questo sì che pesa sulle nostre tasche, perchè 59 miliardi di dollari sono un sacco di soldi, e un buco del genere non ha fatto certo piacere agli investitori, con il risultato che tutte le Borse mondiali hanno perso circa un paio di punti, e non è ancora finita.
Ma non disperate, gente. C'è sempre il Superenalotto, il Win for life. O la delinquenza, l'evasione delle tasse...
lunedì 23 novembre 2009
Ultimo Giro
Nelle ultime ore si sono chiusi il tour di Bruce Springsteen & The E Street Band e quello dei Miami & The Groovers. E no, non è un delitto nè un atto di empietà metterli sullo stesso piano, sulla stessa riga, sullo stesso orizzonte musicale.
Bruce e i suoi hanno portato sul palco quasi 200 canzoni, ore e ore di musica, emozione, sudore, attese, energia, storia del rock scritta a caratteri cubitali.
Lorenzo "Miami" e i suoi hanno portato in giro per l'Italia (ma non solo) credo almeno un centinaio di brani, decine e decine di show live ad altissimo livello, con l'energia e la voglia di suonare di chi vuole davvero scrivere almeno una pagina nel Grande Libro del rock & roll.
Ora, al di là del fatto che i Groovers siano dei musicisti eccezionali e dei grandi amici, mi piace mettere il loro tour e quello di Bruce uno di fianco all'altro soprattutto perchè in questo anno e mezzo ho condiviso gli show degli uni e dell'altro spesso con lo stesso gruppo compatto di amici; è vero, qualcuno si è perso lungo la strada e altri si sono uniti per il viaggio, ma ha preso davvero forma - se mai fosse stato in dubbio - l'idea concreta di quello che vuol dire essere blood brothers: ho viaggiato per l'Italia e l'Europa in compagnia di persone straordinarie, ho condiviso notti all'addiaccio e comodi letti prima dei freddi e piovosi concerti di Stoccolma di Bruce o in attesa della partita di pallone sulla spiaggia dei Glory Days; ho pianto tanto durante la tour premiere di The River (ancora a Stoccolma) quanto la volta che i Miami l'hanno suonata allo Spaziomusica di Pavia, lo scorso dicembre; sono rimasto senza parole con la Drive All Night di Torino (Bruce) e con quella di Cervia (Miami); ho cantato e suonato No Surrender (E Street) e Tears are falling down (Groovers), una dopo l'altra, almeno una decina di volte, mettendoci lo stesso entusiasmo e la stessa energia, accoppiandole idealmente, perchè per me sono due brani che hanno un grande significato.
Tutte queste cose, e molte altre che rimarranno per sempre nell'album dei ricordi, mio e di tutti coloro con cui ho avuto il piacere e l'onore di viverle, hanno avuto un senso particolare proprio perchè sono state condivise.
Ricorderò sempre quei momenti al Friuli di Udine, quest'estate. Sono ricordi un po' confusi, appena accennati, ma in qualche modo a fuoco. Siamo in transenna, ho il cartello con la richiesta di Be True, di fianco a me Rob ha quello di Streets of Fire. E indovinate un po' cosa fa quell'attempato rocker sul palco? Ce le infila una dopo l'altra, e a quel punto lì c'è poco fare, le emozioni esplodono, ci si abbraccia, si piange, si urla, si canta, si sta in silenzio. E intorno ci sono Mario, Daniela, Diego, Filippo, Flavio e tanti altri Amici, Lorenzo è poco più indietro. Ma ci siamo tutti, viviamo quei momenti insieme, e quelli successivi, e altri che verranno.
Quando sabato sera, dopo il tentativo di sabotaggio, la splendida serata di Cervia si è chiusa con una Rock & roll night acustica, tutti i Groovers seduti a bordo palco, la mia sensazione è stato di un abbraccio collettivo, di quelli in cui non si dice niente, ci si guarda negli occhi e si capisce che insieme si è fatto tanto, ma anche che la strada è ancora lunga.
Grazie a Bruce e agli E Streeters e grazie a Lorenzo e ai Groovers, e grazie a tutti quelli che hanno condiviso almeno una parte del viaggio con me.
Ci si vede presto, on the road!
Bruce e i suoi hanno portato sul palco quasi 200 canzoni, ore e ore di musica, emozione, sudore, attese, energia, storia del rock scritta a caratteri cubitali.
Lorenzo "Miami" e i suoi hanno portato in giro per l'Italia (ma non solo) credo almeno un centinaio di brani, decine e decine di show live ad altissimo livello, con l'energia e la voglia di suonare di chi vuole davvero scrivere almeno una pagina nel Grande Libro del rock & roll.
Ora, al di là del fatto che i Groovers siano dei musicisti eccezionali e dei grandi amici, mi piace mettere il loro tour e quello di Bruce uno di fianco all'altro soprattutto perchè in questo anno e mezzo ho condiviso gli show degli uni e dell'altro spesso con lo stesso gruppo compatto di amici; è vero, qualcuno si è perso lungo la strada e altri si sono uniti per il viaggio, ma ha preso davvero forma - se mai fosse stato in dubbio - l'idea concreta di quello che vuol dire essere blood brothers: ho viaggiato per l'Italia e l'Europa in compagnia di persone straordinarie, ho condiviso notti all'addiaccio e comodi letti prima dei freddi e piovosi concerti di Stoccolma di Bruce o in attesa della partita di pallone sulla spiaggia dei Glory Days; ho pianto tanto durante la tour premiere di The River (ancora a Stoccolma) quanto la volta che i Miami l'hanno suonata allo Spaziomusica di Pavia, lo scorso dicembre; sono rimasto senza parole con la Drive All Night di Torino (Bruce) e con quella di Cervia (Miami); ho cantato e suonato No Surrender (E Street) e Tears are falling down (Groovers), una dopo l'altra, almeno una decina di volte, mettendoci lo stesso entusiasmo e la stessa energia, accoppiandole idealmente, perchè per me sono due brani che hanno un grande significato.
Tutte queste cose, e molte altre che rimarranno per sempre nell'album dei ricordi, mio e di tutti coloro con cui ho avuto il piacere e l'onore di viverle, hanno avuto un senso particolare proprio perchè sono state condivise.
Ricorderò sempre quei momenti al Friuli di Udine, quest'estate. Sono ricordi un po' confusi, appena accennati, ma in qualche modo a fuoco. Siamo in transenna, ho il cartello con la richiesta di Be True, di fianco a me Rob ha quello di Streets of Fire. E indovinate un po' cosa fa quell'attempato rocker sul palco? Ce le infila una dopo l'altra, e a quel punto lì c'è poco fare, le emozioni esplodono, ci si abbraccia, si piange, si urla, si canta, si sta in silenzio. E intorno ci sono Mario, Daniela, Diego, Filippo, Flavio e tanti altri Amici, Lorenzo è poco più indietro. Ma ci siamo tutti, viviamo quei momenti insieme, e quelli successivi, e altri che verranno.
Quando sabato sera, dopo il tentativo di sabotaggio, la splendida serata di Cervia si è chiusa con una Rock & roll night acustica, tutti i Groovers seduti a bordo palco, la mia sensazione è stato di un abbraccio collettivo, di quelli in cui non si dice niente, ci si guarda negli occhi e si capisce che insieme si è fatto tanto, ma anche che la strada è ancora lunga.
Grazie a Bruce e agli E Streeters e grazie a Lorenzo e ai Groovers, e grazie a tutti quelli che hanno condiviso almeno una parte del viaggio con me.
Ci si vede presto, on the road!
venerdì 6 novembre 2009
Una settimana fa
Mi sono preso un po' di tempo per far calmare le acque, e per guardare la cosa a bocce ferme, nel modo più obiettivo possibile. E ormai è passata una settimana, quindi direi che si può fare.
Perchè venerdì scorso c'è stato il primo evento dell'Associazione Follow That Dream R.C., lo show LOVE ME TONIGHT (1° omaggio a Roberta Caracci), al Teatro Civico di Vercelli, e dire che è stato un completo successo sarebbe fin poco.
Alle 20.30 c'era già gente che scalpitava fuori dal teatro, e un quarto d'ora più tardi il foyer era gremito, mentre cominciavano a suonare Marco Bosso e Selina Iussich, raggiunti poco dopo da Paolo Tubia.
Dietro il sipario, nel frattempo, era tutto pronto, tutto a posto. Tranne che per il fatto che due minuti prima di uscire non mi ricordavo più la prima strofa, e soprattutto non trovavo il mio capotasto. Ma questi sono particolari, no?
Ok, buio in sala. Morricone. Sipario. E succede che sono lì, davanti a poco meno di 500 persone (che aumenteranno nel corso della serata), solo con la mia chitarra. Inizio bene, mi perdo un attimo nella prima strofa, ma riesco in qualche modo a recuperare, dalla seconda in poi vado a pieno regime, ormai siamo partiti.
Due parole al volo giusto per introdurre l'evento, e poi lo spazio è tutto per Costa e i suoi "friends" (Diego Cavallone, Pippo Coppo, Stiv Balma, Tony e tutti gli altri), che scaldano alla grande il Civico con quasi un'ora di musica e performance eccellenti.
Un quarto d'ora di intervallo, per cambiare il palco e far esibire nuovamente nel foyer il trio semiacustico di prima, e per il secondo tempo ci sono i Miami & The Groovers, con il loro rock granitico e zeppo di energia, che tengono botta per più di un'ora, fino alla No Surrender finale su cui tutta la platea si alza in piedi.
E credetemi, non sono cose che si vedono spesso, al Civico di Vercelli.
Sudore, sorrisi, ringraziamenti, per i bis ci sono sul palco più di dieci musicisti, un muro del suono pazzesco, in sala vedo solo facce contente, e anche da quassù non si sta certo male, anzi.
Si chiude con una Louie Louie/Wild Thing/Hey Baby infuocata, parte del pubblico è addirittura sotto il palco, cose mai viste.
Il sipario si chiude ben dopo mezzanotte, tre ore di musica, mica pizza e fichi.
C'è tempo per i saluti, per i primi commenti a caldo, poi Lorenzo e i suoi caricano la macchina e ripartono alla volta di Rimini, mentre con i vercellesi si va a mangiare qualcosa (e grazie ai ragazzi del Bue Rosso che ci hanno aspettato fino a tardi); siamo un po' stanchi, ma l'atmosfera è ottima, sappiamo di aver fatto qualcosa di grande.
Alla "prima", abbiamo riempito la platea del Teatro Civico, e buona parte dei palchi. Abbiamo fatto alzare tutti in piedi. Li abbiamo fatti cantare tutti insieme. Li abbiamo fatti venire sotto il palco, sudati e contenti.
E dico "abbiamo" perchè sono un esibizionista, e mi ci butto dentro anch'io.
Non finirò mai di ringraziare tutti i musicisti che hanno reso possibile una cosa del genere, sono stati eccezionali e unici.
Appuntamento all'anno prossimo, per la seconda edizione!
Setlist della serata:
1. Follow That Dream (PZ)
2. Compagna Segreta (Costa)
3. Stella del Baretto (Costa e Diego Cavallone)
4. Giorni che... (Costabravo)
5. La gente grida a Bangkok (Costabravo)
6. Saint behind the glass (Costa & Friends)
7. Hadi Bakalim (Costa & Friends)
8. Molare (Costa & Friends)
9. Samba pa ti (Tony)
10. Let's say goodnight (Costa & Friends)
11. Dos Gardenias (Costa e Tony)
12. It's getting late (M&TG)
13. Broken Souls (M&TG)
14. Trust Revisited (M&TG)
15. Tears are Falling Down (M&TG)
16. Love has no time (M&TG)
17. Sliding Doors (M&TG)
18. Back in town / Chimes of Freedom (M&TG)
19. Summertime Blues (Halloween Blues) (M&TG)
20. Sesto San Giovanni (M&TG)
21. I Fought The Law (M&TG)
22. Merry Go Round (M&TG)
23. No Surrender (M&TG)
24. The River (tutti)
25. Il Cielo è sempre più Blu (tutti)
26. Louie Louie / Wild Thing / Hey Baby (tutti)
p.s. a breve sul sito ufficiale sarà pubblicato il reportage fotografico della serata, e più avanti (si spera prima di Natale) sarà disponibile il cd e il dvd.
Perchè venerdì scorso c'è stato il primo evento dell'Associazione Follow That Dream R.C., lo show LOVE ME TONIGHT (1° omaggio a Roberta Caracci), al Teatro Civico di Vercelli, e dire che è stato un completo successo sarebbe fin poco.
Alle 20.30 c'era già gente che scalpitava fuori dal teatro, e un quarto d'ora più tardi il foyer era gremito, mentre cominciavano a suonare Marco Bosso e Selina Iussich, raggiunti poco dopo da Paolo Tubia.
Dietro il sipario, nel frattempo, era tutto pronto, tutto a posto. Tranne che per il fatto che due minuti prima di uscire non mi ricordavo più la prima strofa, e soprattutto non trovavo il mio capotasto. Ma questi sono particolari, no?
Ok, buio in sala. Morricone. Sipario. E succede che sono lì, davanti a poco meno di 500 persone (che aumenteranno nel corso della serata), solo con la mia chitarra. Inizio bene, mi perdo un attimo nella prima strofa, ma riesco in qualche modo a recuperare, dalla seconda in poi vado a pieno regime, ormai siamo partiti.
Due parole al volo giusto per introdurre l'evento, e poi lo spazio è tutto per Costa e i suoi "friends" (Diego Cavallone, Pippo Coppo, Stiv Balma, Tony e tutti gli altri), che scaldano alla grande il Civico con quasi un'ora di musica e performance eccellenti.
Un quarto d'ora di intervallo, per cambiare il palco e far esibire nuovamente nel foyer il trio semiacustico di prima, e per il secondo tempo ci sono i Miami & The Groovers, con il loro rock granitico e zeppo di energia, che tengono botta per più di un'ora, fino alla No Surrender finale su cui tutta la platea si alza in piedi.
E credetemi, non sono cose che si vedono spesso, al Civico di Vercelli.
Sudore, sorrisi, ringraziamenti, per i bis ci sono sul palco più di dieci musicisti, un muro del suono pazzesco, in sala vedo solo facce contente, e anche da quassù non si sta certo male, anzi.
Si chiude con una Louie Louie/Wild Thing/Hey Baby infuocata, parte del pubblico è addirittura sotto il palco, cose mai viste.
Il sipario si chiude ben dopo mezzanotte, tre ore di musica, mica pizza e fichi.
C'è tempo per i saluti, per i primi commenti a caldo, poi Lorenzo e i suoi caricano la macchina e ripartono alla volta di Rimini, mentre con i vercellesi si va a mangiare qualcosa (e grazie ai ragazzi del Bue Rosso che ci hanno aspettato fino a tardi); siamo un po' stanchi, ma l'atmosfera è ottima, sappiamo di aver fatto qualcosa di grande.
Alla "prima", abbiamo riempito la platea del Teatro Civico, e buona parte dei palchi. Abbiamo fatto alzare tutti in piedi. Li abbiamo fatti cantare tutti insieme. Li abbiamo fatti venire sotto il palco, sudati e contenti.
E dico "abbiamo" perchè sono un esibizionista, e mi ci butto dentro anch'io.
Non finirò mai di ringraziare tutti i musicisti che hanno reso possibile una cosa del genere, sono stati eccezionali e unici.
Appuntamento all'anno prossimo, per la seconda edizione!
Setlist della serata:
1. Follow That Dream (PZ)
2. Compagna Segreta (Costa)
3. Stella del Baretto (Costa e Diego Cavallone)
4. Giorni che... (Costabravo)
5. La gente grida a Bangkok (Costabravo)
6. Saint behind the glass (Costa & Friends)
7. Hadi Bakalim (Costa & Friends)
8. Molare (Costa & Friends)
9. Samba pa ti (Tony)
10. Let's say goodnight (Costa & Friends)
11. Dos Gardenias (Costa e Tony)
12. It's getting late (M&TG)
13. Broken Souls (M&TG)
14. Trust Revisited (M&TG)
15. Tears are Falling Down (M&TG)
16. Love has no time (M&TG)
17. Sliding Doors (M&TG)
18. Back in town / Chimes of Freedom (M&TG)
19. Summertime Blues (Halloween Blues) (M&TG)
20. Sesto San Giovanni (M&TG)
21. I Fought The Law (M&TG)
22. Merry Go Round (M&TG)
23. No Surrender (M&TG)
24. The River (tutti)
25. Il Cielo è sempre più Blu (tutti)
26. Louie Louie / Wild Thing / Hey Baby (tutti)
p.s. a breve sul sito ufficiale sarà pubblicato il reportage fotografico della serata, e più avanti (si spera prima di Natale) sarà disponibile il cd e il dvd.
mercoledì 28 ottobre 2009
LOVE ME TONIGHT (1° omaggio a Roberta Caracci) - Vercelli, Teatro Civico, 30 ottobre 2009
Per quei due o tre che non lo sapessero, venerdì 30 ottobre alle ore 21 al Teatro Civico di Vercelli avrà luogo la serata LOVE ME TONIGHT (1° omaggio a Roberta Caracci).
Nel corso della serata suoneranno Costa & Friends e i Miami & The Groovers, oltre al trio semiacustico formato da Marco Bosso, Selina Iussich e Paolo Tubia.
L'evento sarà a ingresso libero, ma essendo la serata a scopo benefico (le donazioni finanzieranno il Premio di Laurea "Roberta Caracci" 2010, e aiuteranno la ricostruzione e il restauro del Teatro Stabile d'Abruzzo e del Conservatorio di L'Aquila) ogni contributo sarà il benvenuto.
Tutti i dettagli sul sito dell'associazione Follow That Dream R.C.
Nel corso della serata suoneranno Costa & Friends e i Miami & The Groovers, oltre al trio semiacustico formato da Marco Bosso, Selina Iussich e Paolo Tubia.
L'evento sarà a ingresso libero, ma essendo la serata a scopo benefico (le donazioni finanzieranno il Premio di Laurea "Roberta Caracci" 2010, e aiuteranno la ricostruzione e il restauro del Teatro Stabile d'Abruzzo e del Conservatorio di L'Aquila) ogni contributo sarà il benvenuto.
Tutti i dettagli sul sito dell'associazione Follow That Dream R.C.
domenica 18 ottobre 2009
Ho visto la luce (7 anni fa)
Ne ho già scritto un anno esatto fa, qui, ma mi sembra giusto e sacrosanto ricordare quel giorno di sette anni fa, ancora una volta.
Bruce Springsteen & The E Street Band
18 ottobre 2002 - Bologna, Palamalaguti
01 The rising
02 Lonesome day
03 Night
04 Something in the night
05 Empty sky
06 You're missing
07 Waitin' on a sunny day
08 You can look (but you better not touch)
09 No surrender
10 Worlds apart
11 Badlands
12 She's the one
13 Mary's place
14 Countin' on a miracle
15 Backstreets
16 For You (solo piano)
17 Into the fire
18 Stand on it
19 Dancing in the dark
20 Ramrod
21 Born to run [with Elliot Murphy]
22 My city of ruins
23 Born in the USA
24 Land of hope and dreams
25 Thunder road
...e chi c'era si ricorderà sicuramente la coda al pianoforte, mentre i roadies stavano cominciando a smontare il palco...
Bruce Springsteen & The E Street Band
18 ottobre 2002 - Bologna, Palamalaguti
01 The rising
02 Lonesome day
03 Night
04 Something in the night
05 Empty sky
06 You're missing
07 Waitin' on a sunny day
08 You can look (but you better not touch)
09 No surrender
10 Worlds apart
11 Badlands
12 She's the one
13 Mary's place
14 Countin' on a miracle
15 Backstreets
16 For You (solo piano)
17 Into the fire
18 Stand on it
19 Dancing in the dark
20 Ramrod
21 Born to run [with Elliot Murphy]
22 My city of ruins
23 Born in the USA
24 Land of hope and dreams
25 Thunder road
...e chi c'era si ricorderà sicuramente la coda al pianoforte, mentre i roadies stavano cominciando a smontare il palco...
sabato 17 ottobre 2009
Al cinema [UP]
Ebbene sì, sono andato al cinema.
E se la cosa, per un buon numero di voi, potrebbe sembrare del tutto normale, per me invece non lo è, visto che ormai andrò al cinema un paio di volte l'anno, per il film Pixar di Natale (che a questo giro è arrivato prima, e forse anche lo scorso anno) e per poche altre eccezioni.
Il resto dei lungometraggi che guardo, da bravo appassionato, arrivano per gentile concessione del muletto elettronico, ed è bene che sia così, perchè con le ultime esperienze (Terminator Salvation, Transformers 2 e G.I. Joe) il voto è stato ampiamente sotto la sufficienza, e in almeno due casi su tre avrei abbandonato la sala forse addirittura prima dell'intervallo.
Bè, invece UP merita proprio lo sforzo di andare al cinema e il costo del biglietto.
E' un altro capolavoro della Pixar.
Un po' tutto il film - soprattutto i primi 10 minuti - per me è stato una mazzata nello stomaco (e chi l'ha visto può capire perchè), ma resta il fatto che, al di là delle strepitose qualità tecniche, è una pellicola perfettamente bilanciata: toccante ma non troppo, divertente senza essere banale, appassionante il giusto, con i personaggi caratterizzati in modo perfetto e per una volta - incredibile! - anche ben doppiati (o almeno, non avendo sentito l'audio originale, a me l'italiano è piaciuto).
Guardatelo, insomma.
p.s. l'ho visto in 3d: gli occhiali, che non erano quelli usa e getta, li ho trovati particolarmente scomodi, e il 3d in sè è solo una cosa in più, non al servizio della sceneggiatura, quindi se non lo trovate in 3d nelle vostre sale non preoccupatevi...
E se la cosa, per un buon numero di voi, potrebbe sembrare del tutto normale, per me invece non lo è, visto che ormai andrò al cinema un paio di volte l'anno, per il film Pixar di Natale (che a questo giro è arrivato prima, e forse anche lo scorso anno) e per poche altre eccezioni.
Il resto dei lungometraggi che guardo, da bravo appassionato, arrivano per gentile concessione del muletto elettronico, ed è bene che sia così, perchè con le ultime esperienze (Terminator Salvation, Transformers 2 e G.I. Joe) il voto è stato ampiamente sotto la sufficienza, e in almeno due casi su tre avrei abbandonato la sala forse addirittura prima dell'intervallo.
Bè, invece UP merita proprio lo sforzo di andare al cinema e il costo del biglietto.
E' un altro capolavoro della Pixar.
Un po' tutto il film - soprattutto i primi 10 minuti - per me è stato una mazzata nello stomaco (e chi l'ha visto può capire perchè), ma resta il fatto che, al di là delle strepitose qualità tecniche, è una pellicola perfettamente bilanciata: toccante ma non troppo, divertente senza essere banale, appassionante il giusto, con i personaggi caratterizzati in modo perfetto e per una volta - incredibile! - anche ben doppiati (o almeno, non avendo sentito l'audio originale, a me l'italiano è piaciuto).
Guardatelo, insomma.
p.s. l'ho visto in 3d: gli occhiali, che non erano quelli usa e getta, li ho trovati particolarmente scomodi, e il 3d in sè è solo una cosa in più, non al servizio della sceneggiatura, quindi se non lo trovate in 3d nelle vostre sale non preoccupatevi...
mercoledì 30 settembre 2009
Glory Days 2009
E' difficile riuscire a scrivere qualcosa di non banale, ed è ancora più complicato cercare di mettere tutto a fuoco, a bocce ferme, quando è tutto finito da sole pochi giorni, ci sono già centinaia di km tra me e i Giorni di Gloria e si comincia a pensare all'anno prossimo.
Però c'è poco da girarci intorno, questa 11ma edizione dei Glory Days in Rimini, voluta, chiesta e sperata, è stata eccezionale.
Baciati dal sole e favoriti dal clima, l'inizio, venerdì sera, nel centro di Rimini, è stato intimo e al tempo stesso coinvolgente, grazie all'energia e al sudore di Beppe Ardito, dell'Acid Queen Duo, di Riccardo Maffoni e di Daniele Tenca, con l'ora finale dentro la Taverna Vecchia Pescheria che credo rimarrà a lungo nelle orecchie e nel cuore di chi ha avuto la fortuna di assistervi.
E poi sabato, la partita di pallone in spiaggia (con grande vittoria della squadra di casa ;-)), il pranzo, l'incontro con Marco Quaroni e Gianluca Morozzi, ricco di aneddoti sulle varie esperienze springsteeniane, senza scivolare nella facile retorica o nella banalità.
Ma l'apice di tutto è arrivato poi in serata: già prima delle 21 il RockIsland era praticamente pieno, e nella mezz'ora successiva, da dov'ero io non si riusciva più a vedere la fine del locale, segno che di gente ce n'era davvero tanta. Cinque ore e mezza di musica, un'energia incredibile, la festa, quella Drive All Night che mi porterò dentro per un bel pezzo, la voglia di stare insieme e di abbracciarsi per questa o quella canzone, urlando fino a non avere più voce, cose che ti fanno capire una volta di più quale sia il vero significato di "blood brothers".
E ancora domenica, tutti stanchi e con un solo filo di voce rimasto, ma pieni di sorrisi e di voglia di condividere ancora, il ristorante strapieno di springsteeniani, magliette dei Glory Days e sorrisi. Le chiacchiere, i prossimi appuntamenti, e poi il set acustico, con quella Tears Are Falling Down a cui sono particolarmente legato, che ho suonato tante volte (e di sicuro meglio di ieri) e che ho avuto l'onore e il piacere di fare insieme a Lorenzo e Daniele, e questa è una cosa che non ha prezzo e che rimarrà nell'album dei ricordi più cari.
Poi cala il sipario, la voglia di salire in macchina e tornare a casa non c'è neanche lontanamente, ma sappiamo che ci rivedremo presto, e che i Glory Days non finiscono certo qui.
Dopo questo weekend, posso solo dire GRAZIE a Lorenzo Semprini per averci creduto e per aver organizzato tutto quanto, ed è un grazie di cuore grande come una casa.
E poi grazie a tutti voi che ci siete stati. Non sto a fare nomi perchè a questo giro sarebbe davvero brutto dimenticare qualcuno, ma sapete chi siete, grazie davvero.
martedì 22 settembre 2009
Giorni di Gloria
Avete da fare il prossimo week-end? Ovviamente no. E se anche avete da fare, cancellate i vostri impegni.
Perchè il 25-26-27 settembre ci sono i Glory Days in Rimini. Imperdibili, che siate o meno fans del più grande rocker del mondo.
Vi aspetto là.
Perchè il 25-26-27 settembre ci sono i Glory Days in Rimini. Imperdibili, che siate o meno fans del più grande rocker del mondo.
Vi aspetto là.
giovedì 10 settembre 2009
Allegria
Mai si sarebbe sognato di farlo in vita, ma ieri mi ha telefonato, Mike.
Sta bene e dice di salutarvi tutti, con il solito buonumore che si intuisce nella sua voce.
Si sta già organizzando, in qualche modo dice che riuscirà a trasmettere qualcosa anche da lassù, c'è da sistemare il collegamento per la diretta, ma nel peggiore dei casi registrerà e poi manderà in onda, senza grandi problemi. Gli spiace un po' per il momento dover fare a meno di Fiorello, ma per quello ci sarà tempo, molto più avanti.
Dopo una mezzoretta, mi dice, ha deciso di spegnere il televisore. Bellissimi i ricordi di Costanzo e Gerry Scotti, eccezionalmente discreta la dichiarazione di Fiorello ("ho perso il mio miglior compagno di giochi") e di certo sinceri buona parte degli interventi, ma purtroppo anche un uso sbrodolato della retorica, scadendo qua e là (ma per fortuna in rari casi) in ovvietà troppo taglienti in un giorno così triste per la storia della Televisione.
Chi ha deciso di ripercorrere le sue celeberrime gaffes, mandandone in onda qualcuna, lo ha fatto sorridere, mi dice, e finalmente è stato sdoganato il fatto che la "Signora Longari, lei mi è caduta sull'uccello" non è mai stata pronunciata, ed è soltanto una leggenda metropolitana.
Ha tanti progetti, tante cose da fare, e non può stare più di tanto al telefono, e un po' a malincuore mi saluta, che deve ancora chiamare Fiore, e sarà una cosa lunga, piena di scherzi, imitazioni, risate.
"Ti ho visto quella sera da Rosario, sai", mi rivela prima di appoggiare la cornetta. Perchè una sera di qualche anno fa, mentre stavo assistendo in teatro a una delle ultime date dello spettacolo Volevo fare il ballerino, in prima fila, con il suo bravo cuscino sotto il sedere, c'era proprio lui, il Mike nazionale. Ma io, un po' per rispetto e un po' per non so cosa, l'avevo guardato solo da lontano, negli schermi, senza andare a disturbarlo personalmente.
E invece lui mi aveva visto, aspettava solo che andassi a stringergli la mano.
Ciao Mike, ci sentiamo presto.
Sta bene e dice di salutarvi tutti, con il solito buonumore che si intuisce nella sua voce.
Si sta già organizzando, in qualche modo dice che riuscirà a trasmettere qualcosa anche da lassù, c'è da sistemare il collegamento per la diretta, ma nel peggiore dei casi registrerà e poi manderà in onda, senza grandi problemi. Gli spiace un po' per il momento dover fare a meno di Fiorello, ma per quello ci sarà tempo, molto più avanti.
Dopo una mezzoretta, mi dice, ha deciso di spegnere il televisore. Bellissimi i ricordi di Costanzo e Gerry Scotti, eccezionalmente discreta la dichiarazione di Fiorello ("ho perso il mio miglior compagno di giochi") e di certo sinceri buona parte degli interventi, ma purtroppo anche un uso sbrodolato della retorica, scadendo qua e là (ma per fortuna in rari casi) in ovvietà troppo taglienti in un giorno così triste per la storia della Televisione.
Chi ha deciso di ripercorrere le sue celeberrime gaffes, mandandone in onda qualcuna, lo ha fatto sorridere, mi dice, e finalmente è stato sdoganato il fatto che la "Signora Longari, lei mi è caduta sull'uccello" non è mai stata pronunciata, ed è soltanto una leggenda metropolitana.
Ha tanti progetti, tante cose da fare, e non può stare più di tanto al telefono, e un po' a malincuore mi saluta, che deve ancora chiamare Fiore, e sarà una cosa lunga, piena di scherzi, imitazioni, risate.
"Ti ho visto quella sera da Rosario, sai", mi rivela prima di appoggiare la cornetta. Perchè una sera di qualche anno fa, mentre stavo assistendo in teatro a una delle ultime date dello spettacolo Volevo fare il ballerino, in prima fila, con il suo bravo cuscino sotto il sedere, c'era proprio lui, il Mike nazionale. Ma io, un po' per rispetto e un po' per non so cosa, l'avevo guardato solo da lontano, negli schermi, senza andare a disturbarlo personalmente.
E invece lui mi aveva visto, aspettava solo che andassi a stringergli la mano.
Ciao Mike, ci sentiamo presto.
lunedì 31 agosto 2009
Buskers
Ieri sera sono tornato da Ferrara, dove con I Soliti Ignoti (ovvero con il mio compare Dante Cruciani) ho partecipato al Buskers Festival 2009, nelle serata di venerdì e sabato.
E' stata un'esperienza grandiosa. In due giorni di Festival abbiamo conosciuto gente venuta da ogni parte d'Italia e del mondo, artisti e musicisti bravissimi, e soprattutto abbiamo toccato con mano un cameratismo incredibile.
Arrivati in città nel primo pomeriggio di venerdì, recuperiamo la nostra postazione al centro buskers, molliamo le borse in albergo e quindi ci facciamo un giro in città, per vedere dove avremmo suonato e per cominciare a respirare un po' di atmosfera; ci va benissimo, siamo in piazza Trento Trieste, pieno centro, appena di fianco alla Cattedrale.
Intorno alle 18.30 tiriamo fuori le nostre cose, sistemiamo le chitarre e tutto il resto e cominciamo a scaldare le dita, con un set di un'oretta, giusto per cominciare a vedere come va. Il problema è che non siamo amplificati (o meglio, abbiamo due mini ampli da un paio di watt, che pensavamo bastassero), e quindi dobbiamo spaccarci le dita e consumarci l'ugola per riuscire a far arrivare ai pochi astanti le nostre canzoni. Ma ecco che in nostro aiuto (e di qui il cameratismo di cui sopra) arriva un personaggio strano, uno spilungone biondo danese con una bombetta blu in testa, tutto vestito di nero e con un carrello zeppo di strumenti, Thomas "Orso". Ci spiega che lui ormai dopo una settimana di Festival ha finito la voce, e che quindi non ce la fa ad andare avanti più di un'ora, e ci propone di spartirci la postazione, alternandoci dalle 20 a mezzanotte per un'oretta a testa, e ci presta anche il suo amplificatore. Sbalorditi, ovviamente accettiamo, e ci diamo appuntamento per le 21 circa per il primo cambio.
Mangiamo qualcosa al volo, e poco dopo le nove arriviamo in posizione, salutiamo Thomas, attacchiamo tutto e per le 21.30 iniziamo il nostro show, riuscendo anche a raccoglierci intorno, in alcuni momenti, un bel gruppo di persone. Con poche sbavature, ci diamo il cambio dopo circa un'ora, e poi riprendiamo poco prima delle 23.30 per la chiusura, sfondando di qualche minuto la mezzanotte. Siamo stanchi e sudati, ma è andato tutto bene, siamo contenti, ci diamo appuntamento con il nostro amico danese per il giorno dopo, accordandoci subito per avere la stessa postazione e poterci quindi gestire nello stesso modo.
Rimaniamo ancora un po' in giro a goderci la città e l'atmosfera, facciamo un salto alla Busker House e al Busker Garden, e quindi, vinti dalla stanchezza, ce ne andiamo a dormire, non prima di aver passato l'ultima oretta a raccontarci immani tavanate, per conciliarci il sonno.
Sabato ci svegliamo abbondantemente dopo mezzogiorno, ce la prendiamo comoda e arriviamo in centro dopo le 15, e dopo mangiato andiamo a prendere la nostra postazione al centro buskers: va bene anche stavolta, siamo appena all'inizio di corso Porta Reno, a neanche 100 metri da dove eravamo ieri. Incontriamo Thomas, scambiamo ancora quattro chiacchiere e ci organizziamo come ieri, dandoci appuntamento per le 21 circa.
Decidiamo quindi di non suonare nel pomeriggio, e ci facciamo un bel giro per la città, guardando e ascoltando le esibizioni degli altri artisti, fermandoci a chiacchierare con amici delle nostre parti incontrati per puro caso, bevendo una birra. Poco dopo cena però, con il cielo ormai plumbeo, si mette a piovere e quindi a diluviare, e ovviamente ci preoccupiamo del nostro destino serale. Ci ripariamo al centro buskers, approfittiamo di un momento in cui la pioggia sembra diminuire, recuperiamo gli strumenti e corriamo in postazione, ci organizzeremo non direttamente in strada ma sotto i portici, almeno all'inizio. Thomas ormai non ce la fa più, ci lascia tutto quanto e sparisce per le vie della città, chiedendoci soltanto di mettergli in carica l'ampli a fine serata. Ancora una volta esterrefatti, lo ringraziamo, dandoci appuntamento per un prossimo futuro, chissà dove.
Mentre speriamo che la pioggia ci dia clemenza, attacchiamo tutto, e intorno alle 21.30 cominciamo il nostro show, che dopo una mezzoretta riesce finalmente a spostarsi in strada, all'aperto. Anche oggi va tutto bene, le sbavature sono poche e forse riusciamo a non farle notare, e tiriamo fino alle 23.40 circa, anche oggi raccogliendo un discreto pubblico, e vedendo anche qualche faccia conosciuta del sottobosco springsteeniano.
Con grande forza di volontà ci carichiamo tutto in spalla (compreso l'ampli di Thomas, che non è proprio una piuma), salutiamo le fans e scarpiniamo fino al centro buskers, appena in tempo per ripararci dal diluvio assoluto che si scatena. Ma lì dove siamo noi è un porto di mare, gente che arriva e se ne va riparata in qualche modo da sacchi dell'immondizia, si mangia, si beve (vino), si improvvisa una jam session, cose così.
Poco dopo l'una smette di piovere, e allora ci riversiamo nelle vie della città, e arriviamo alla Busker House, gremita come non mai, e lì rimaniamo finchè non ci ramazzano fuori, le tre passate da un pezzo e una bella quantità di birra in corpo, foto scattate con chissà chi e tante, tante risate.
Tra una cosa e l'altra, andiamo a dormire molto dopo le cinque, la voce ormai andata e le condizioni psicofisiche al di là di qualsiasi commento.
Domenica mattina ci svegliamo intorno alle 11, quasi afoni e con i muscoli doloranti, nuvolone gonfie di pioggia in cielo e poco più di 20 gradi. Il tempo di una colazione, e poi si parte verso casa.
L'edizione 2009 del Ferrara Buskers Festival è alle spalle, ci si rivede l'anno prossimo.
p.s. nel corso delle due serate abbiamo suonato:
1. Jesse James
2. Comandante
3. Bad Moon Rising
4. The Times They Are A-Changin'
5. Ghost on My Track
6. There Was a Guy
7. Taste of the Salt
8. Il Cielo in una Stanza
9. It's a Long Way To the Top (if you wanna rock & roll)
10. London Calling
11. I Fought the Law
12. Hallelujah
13. The Day I Saw Bo Diddley in Washington Square
14. Much Too Young (To Feel This Damn Old)
15. Ring of Fire
16. Runaway Train
17. Fire
18. Tougher Than The Rest
19. Ballad of Easy Rider
20. Stand By Me
21. No Surrender
22. This Little Light of Mine
23. Jersey Girl
24. Tears Are Falling Down
E' stata un'esperienza grandiosa. In due giorni di Festival abbiamo conosciuto gente venuta da ogni parte d'Italia e del mondo, artisti e musicisti bravissimi, e soprattutto abbiamo toccato con mano un cameratismo incredibile.
Arrivati in città nel primo pomeriggio di venerdì, recuperiamo la nostra postazione al centro buskers, molliamo le borse in albergo e quindi ci facciamo un giro in città, per vedere dove avremmo suonato e per cominciare a respirare un po' di atmosfera; ci va benissimo, siamo in piazza Trento Trieste, pieno centro, appena di fianco alla Cattedrale.
Intorno alle 18.30 tiriamo fuori le nostre cose, sistemiamo le chitarre e tutto il resto e cominciamo a scaldare le dita, con un set di un'oretta, giusto per cominciare a vedere come va. Il problema è che non siamo amplificati (o meglio, abbiamo due mini ampli da un paio di watt, che pensavamo bastassero), e quindi dobbiamo spaccarci le dita e consumarci l'ugola per riuscire a far arrivare ai pochi astanti le nostre canzoni. Ma ecco che in nostro aiuto (e di qui il cameratismo di cui sopra) arriva un personaggio strano, uno spilungone biondo danese con una bombetta blu in testa, tutto vestito di nero e con un carrello zeppo di strumenti, Thomas "Orso". Ci spiega che lui ormai dopo una settimana di Festival ha finito la voce, e che quindi non ce la fa ad andare avanti più di un'ora, e ci propone di spartirci la postazione, alternandoci dalle 20 a mezzanotte per un'oretta a testa, e ci presta anche il suo amplificatore. Sbalorditi, ovviamente accettiamo, e ci diamo appuntamento per le 21 circa per il primo cambio.
Mangiamo qualcosa al volo, e poco dopo le nove arriviamo in posizione, salutiamo Thomas, attacchiamo tutto e per le 21.30 iniziamo il nostro show, riuscendo anche a raccoglierci intorno, in alcuni momenti, un bel gruppo di persone. Con poche sbavature, ci diamo il cambio dopo circa un'ora, e poi riprendiamo poco prima delle 23.30 per la chiusura, sfondando di qualche minuto la mezzanotte. Siamo stanchi e sudati, ma è andato tutto bene, siamo contenti, ci diamo appuntamento con il nostro amico danese per il giorno dopo, accordandoci subito per avere la stessa postazione e poterci quindi gestire nello stesso modo.
Rimaniamo ancora un po' in giro a goderci la città e l'atmosfera, facciamo un salto alla Busker House e al Busker Garden, e quindi, vinti dalla stanchezza, ce ne andiamo a dormire, non prima di aver passato l'ultima oretta a raccontarci immani tavanate, per conciliarci il sonno.
Sabato ci svegliamo abbondantemente dopo mezzogiorno, ce la prendiamo comoda e arriviamo in centro dopo le 15, e dopo mangiato andiamo a prendere la nostra postazione al centro buskers: va bene anche stavolta, siamo appena all'inizio di corso Porta Reno, a neanche 100 metri da dove eravamo ieri. Incontriamo Thomas, scambiamo ancora quattro chiacchiere e ci organizziamo come ieri, dandoci appuntamento per le 21 circa.
Decidiamo quindi di non suonare nel pomeriggio, e ci facciamo un bel giro per la città, guardando e ascoltando le esibizioni degli altri artisti, fermandoci a chiacchierare con amici delle nostre parti incontrati per puro caso, bevendo una birra. Poco dopo cena però, con il cielo ormai plumbeo, si mette a piovere e quindi a diluviare, e ovviamente ci preoccupiamo del nostro destino serale. Ci ripariamo al centro buskers, approfittiamo di un momento in cui la pioggia sembra diminuire, recuperiamo gli strumenti e corriamo in postazione, ci organizzeremo non direttamente in strada ma sotto i portici, almeno all'inizio. Thomas ormai non ce la fa più, ci lascia tutto quanto e sparisce per le vie della città, chiedendoci soltanto di mettergli in carica l'ampli a fine serata. Ancora una volta esterrefatti, lo ringraziamo, dandoci appuntamento per un prossimo futuro, chissà dove.
Mentre speriamo che la pioggia ci dia clemenza, attacchiamo tutto, e intorno alle 21.30 cominciamo il nostro show, che dopo una mezzoretta riesce finalmente a spostarsi in strada, all'aperto. Anche oggi va tutto bene, le sbavature sono poche e forse riusciamo a non farle notare, e tiriamo fino alle 23.40 circa, anche oggi raccogliendo un discreto pubblico, e vedendo anche qualche faccia conosciuta del sottobosco springsteeniano.
Con grande forza di volontà ci carichiamo tutto in spalla (compreso l'ampli di Thomas, che non è proprio una piuma), salutiamo le fans e scarpiniamo fino al centro buskers, appena in tempo per ripararci dal diluvio assoluto che si scatena. Ma lì dove siamo noi è un porto di mare, gente che arriva e se ne va riparata in qualche modo da sacchi dell'immondizia, si mangia, si beve (vino), si improvvisa una jam session, cose così.
Poco dopo l'una smette di piovere, e allora ci riversiamo nelle vie della città, e arriviamo alla Busker House, gremita come non mai, e lì rimaniamo finchè non ci ramazzano fuori, le tre passate da un pezzo e una bella quantità di birra in corpo, foto scattate con chissà chi e tante, tante risate.
Tra una cosa e l'altra, andiamo a dormire molto dopo le cinque, la voce ormai andata e le condizioni psicofisiche al di là di qualsiasi commento.
Domenica mattina ci svegliamo intorno alle 11, quasi afoni e con i muscoli doloranti, nuvolone gonfie di pioggia in cielo e poco più di 20 gradi. Il tempo di una colazione, e poi si parte verso casa.
L'edizione 2009 del Ferrara Buskers Festival è alle spalle, ci si rivede l'anno prossimo.
p.s. nel corso delle due serate abbiamo suonato:
1. Jesse James
2. Comandante
3. Bad Moon Rising
4. The Times They Are A-Changin'
5. Ghost on My Track
6. There Was a Guy
7. Taste of the Salt
8. Il Cielo in una Stanza
9. It's a Long Way To the Top (if you wanna rock & roll)
10. London Calling
11. I Fought the Law
12. Hallelujah
13. The Day I Saw Bo Diddley in Washington Square
14. Much Too Young (To Feel This Damn Old)
15. Ring of Fire
16. Runaway Train
17. Fire
18. Tougher Than The Rest
19. Ballad of Easy Rider
20. Stand By Me
21. No Surrender
22. This Little Light of Mine
23. Jersey Girl
24. Tears Are Falling Down
mercoledì 19 agosto 2009
Ciao Nanda
Insomma, questa estate 2009 pare non essere proprio felice per il mondo della musica.
Prima se ne va Michael Jackson (cosa che non mi ha colpito più di tanto personalmente, ma tant'è), poi Willy DeVille, e oggi Fernanda Pivano. La Nanda.
Ora, è inutile che stia io qui a dire come la Nanda non fosse un personaggio di assoluto spicco solo per la musica, ma anche per la letteratura, italiana e americana.
Pensandoci oggi, chissà che ne sarebbe stato de L'Antologia di Spoon River se fosse stato qualcun altro a traghettarla in Italia. O se quelle pagine clandestine di Addio alle armi, figlie dell'amico Ernest Hemingway e nascoste sotto le coperte nel fascista 1943, fossero arrivate a Mondadori epurate, massacrate, trasformate, tradite. E così avanti, passo dopo passo, ripercorrere tutta la carriera della Nanda sarebbe un percorso lunghissimo.
La Nanda parlava al telefono con Bob Dylan, chiacchierava Fabrizio De Andrè, intervistava Bukowsky, beveva mojito con Hemingway, studiava con Pavese. Solo per citare alcuni dei suoi amici più stretti, ovviamente.
Ciao Nanda, buon viaggio.
Prima se ne va Michael Jackson (cosa che non mi ha colpito più di tanto personalmente, ma tant'è), poi Willy DeVille, e oggi Fernanda Pivano. La Nanda.
Ora, è inutile che stia io qui a dire come la Nanda non fosse un personaggio di assoluto spicco solo per la musica, ma anche per la letteratura, italiana e americana.
Pensandoci oggi, chissà che ne sarebbe stato de L'Antologia di Spoon River se fosse stato qualcun altro a traghettarla in Italia. O se quelle pagine clandestine di Addio alle armi, figlie dell'amico Ernest Hemingway e nascoste sotto le coperte nel fascista 1943, fossero arrivate a Mondadori epurate, massacrate, trasformate, tradite. E così avanti, passo dopo passo, ripercorrere tutta la carriera della Nanda sarebbe un percorso lunghissimo.
La Nanda parlava al telefono con Bob Dylan, chiacchierava Fabrizio De Andrè, intervistava Bukowsky, beveva mojito con Hemingway, studiava con Pavese. Solo per citare alcuni dei suoi amici più stretti, ovviamente.
Ciao Nanda, buon viaggio.
mercoledì 29 luglio 2009
Back Home
E così alla fine sono tornato dal mio peregrinare per l'Italia, reduce dal mini-tour tricolore del buon vecchio Bruce Springsteen.
In realtà sono tornato venerdì scorso, ma ho preferito lasciar passare un po' di tempo, riflettere, riposarmi, pensare ad altro.
Non voglio prendere in giro nessuno, è stata una settimana faticosa (quella del tour, intendo). Ma noi springsteeniani siamo così, alcuni fanno addirittura un culto della sofferenza, altri sfoggiano con sorriso ebete i lividi da transenna, ruminando poi bestemmie in privato per questa o quella costola incrinata, o per le piaghe dovute all'ennesima notte sul nudo asfalto davanti ai cancelli degli stadi. Non sono tutti così, eh. Ma alcuni, già, alcuni sì.
Sabato 18 luglio partivo con il compare Gabriele da Malpensa, per arrivare, tra una cosa e l'altra, nei pressi dello Stadio Olimpico di Roma poco prima delle 16. Ci avviciniamo alla folla già in coda (una trentina di ore prima del concerto, va detto), prendiamo il numerino 250, ma non abbiamo intenzione alcuna di bruciarci l'Urbe, e quindi abbandoniamo i compagni d'avventura e ci gettiamo lungo via del Corso, il Pantheon, il Colosseo e via dicendo, e tra un centurione (abbella! so' ccinqueuri!) e una birra trascorriamo tutto il pomeriggio, per poi spostarci verso Campo dei Fiori e quindi Trastevere per una sana cena ristoratrice. Ancora un giro per Roma, e poi a dormire, che domani ci si alza presto.
I nostri sogni di gloria vengono infranti all'alba: sms minatori ci avvertono del fatto che ormai ci sono più di 800 persone davanti allo stadio, e la vox populi dice che verranno dati solo 1000 braccialetti per il pit (che se non sapete cos'è non siete stati attenti nelle scorse puntate). Ci si lava in fretta e furia, voliamo verso lo stadio, prendo il numero 996, per oggi siamo a posto.
La coda è gestita in modo approssimativo, l'entrata è pessima, un serpentone umano sudaticcio e incazzato che spinge senza un perchè, e poi BUM! siamo dentro allo stadio, dentro al pit, a un passo dalla transenna, peccato che non sono nemmeno le 17, e oggi, complici i Mondiali di nuoto che sono a due passi, bè, si inizia dopo le 22. E' uno stillicidio, una fatica assoluta, ma quando alla fine, intorno alle 22.30 circa, le luci si spengono e comincia tutto, bè, è un grande spettacolo. Scaletta sconvolta dopo pochi pezzi, American Skin, My City of Ruins dedicata a L'Aquila, You Can't Sit Down, roba che alla fine, mentre addento un panino con porchetta da un milione di calorie, sono esausto ma contento.
Lunedì mattina sveglia presto, aeroporto, poco dopo pranzo sono a casa. Il tempo di cambiare la roba nello zaino, una doccia veloce, due cose di lavoro da sbrigare, e salgo in macchina, direzione Torino. Davanti all'Olimpico, molte facce già viste a Roma, nelle tappe precedenti, negli anni passati, baci, abbracci, numerino sulla mano, 181, e anche per stavolta siamo a posto. Oggi va pure di lusso, vado a mangiare con una decina di amici (grigliata mista rinforzata con polenta, peperoni e cipolle, che il rock non è per signorine), appello delle 23 e poi accampamento a casa di amici, in sei (poi sette) a dividerci letti, divani, pavimenti, materassini. Appello delle 6 in pigiama, si ronfa di nuovo fino alle 8.20, poi un trionfo di colazione, perchè la padrona di casa è un angelo, e alle 9 siamo in postazione davanti allo stadio, e anche oggi sarà una lunga giornata. Così lunga che quando decidiamo di addentare qualcosa, poco dopo le 13, da quasi tutti i porchettari è finito il pane. Roba da matti.
Stavolta la fila è abbastanza ordinata, e la sicurezza si dà da fare, entriamo camminando, non si corre, nessuna gamba falciata, niente spintoni. Roba che in Italia non si è mai vista, siamo tutti stupiti e piacevolmente colpiti. Siamo dentro, siamo nel pit, sono da poco passate le 16, e prima delle 21 (poi inizierà intorno alle 20.45) non si comincia.
E quando quell'ometto quasi sessantenne, quel bovaro del New Jersey, sale sul palco e dice "Cerea Torino! Mi i sun cuntent d’ese ambelesi con vojautri! Nè?", e poi attacca con Loose Ends, bè, qualcosa potrebbe lasciar intuire che succederà qualcosa di unico, stasera. E infatti, al momento delle richieste, ecco che arriva Travellin' Band, e già qui, ok, alla grande, ma poi il pezzo dopo... No, non può essere. Voglio dire, è almeno un mese e mezzo che gliela si chiede, in tutta Europa, ma proprio qui, stasera... No, dai. Eh, e invece sì. Drive All Night. E non dico altro.
E poi, dopo una My Hometown buttata lì, alza un cartello verde, che quel cartello verde l'ha fatto Daniela, che poi è la padrona di casa del trionfo della colazione, e sopra c'è scritto Backstreets. Ora, non importa che voi conosciate o meno il pezzo, ma vi basti sapere che a un certo punto il testo dice "we swore forever friends", roba che se la si ascolta dal vivo con gli amici, come stavo facendo io in quel momento, bè, quegli abbracci hanno un significato unico.
Alla fine non ci sono parole, ci si guarda, si sorride, non si riesce a dire nulla. Ci si abbraccia, grandi pacche sulle spalle, la sensazione di aver vissuto un evento pazzesco.
Torno a casa con Rob, ma non è finita, domani si parte per Udine.
Cerco di recuperare almeno una frazione del sonno arretrato, cambio la roba nello zaino, mi faccio una doccia, e poco dopo pranzo si parte per Udine, con sosta a Milano per raccattare altri blood brothers, coda per uscire dalla tangenziale, improperi, soste in autogrill e varie, morale della favola arriviamo in Friuli (che, per chi non lo sapesse, è in capo al mondo, per usare un eufemismo) poco dopo le 21. Prendo il numerino, 248, e via, anche per domani siamo a posto.
Aspetto l'appello di mezzanotte tra una costina, una fetta di formaggio, una birra e un amaro croato (grazie Garybaldi!), rispondo alla chiamata, aspetto Angela, divido il pavimento della casa di Alessandra con Max, che a noi uomini duri il materasso fa schifo. Appello delle 6, nuovo sonno ristoratore, appello delle 9 e tutti in posizione, con una meritata pausa al Bar Stadio per una dovuta colazione. Ora, nella mia ignoranza meteorologica, io supponevo che a Udine il clima fosse, per così dire, fresco. E invece mi becco 30 gradi alle 10 di mattina, per fortuna che lì sanno fare le cose in un certo modo, e la Protezione Civile ci innaffia tutto il giorno, di acqua ce n'è in abbondanza.
Si entra in modo ancora più ordinato che a Torino, pazzesco. Siamo dentro, siamo nel pit, non sono nemmeno le 16 e fa un caldo bestia, l'attesa sarà lunga. Intorno a me, a noi, c'è tutto un mondo fatto di cartelli più o meno raffinati, che da quando Bruce ha deciso di esaudire almeno un paio di richieste a sera, ognuno scrive le cose più strampalate, che non si sa mai. Verso le 19, mi viene la folgorazione, recupero del cartoncino verde, un pennarello, e mi metto a vergare Be True. Che sì, è vero, l'ho già sentita a Parigi sei anni fa (e per me quello show ha un significato tutto suo), ma è una canzone che mi piace da matti, e non si sa mai, magari stasera gli gira di farla.
Intorno alle 21, al grido di "Mandi Udin", inizia lo show. Sherry Darling, una straordinaria Something in the Night, e poi arriva il momento richieste, purtroppo il mio cartello verde con scritta nera non lo prende, forse lo guarda di sfuggita. Summertime Blues, graditissima, ok, va bene. Ma poi... "your scrapbook filled with pictures of all your leading men..." Be True. Non ha preso il mio cartello, ok, ma chissenefrega, l'ha fatta. E se non ci credete, ho ancora il cartello in macchina. Ma non è finita: c'è ancora spazio per una bellissima Streets of Fire, e per un urlo devastante all'inizio di Born in the USA, roba che forse neanche nell'85. E poi, dopo Twist&Shout, tutto si spegne, ci si saluta, almeno per adesso è finita, che sono pochi quelli che andranno anche in Spagna, e io non sono tra loro.
In poco più di un mese e mezzo, dal primo show di Stoccolma a quello di giovedì di Udine, ho visto gente sorridere sotto la pioggia e tentare di battere le mani al gelo, ho diviso il desco svedese ingerendo aringhe e altri ammennicoli con un amico; mi sono accampato su pavimenti, materassini, nudo asfalto e letti, incontrando un'ospitalità incredibile; ho visto uomini grandi e grossi piangere, ridere, saltare e dimenarsi; ho scambiato abbracci unici, che valgono più di mille parole; ho viaggiato in lungo e in largo per l'Europa e per l'Italia, macinando chilometri talvolta a orari improponibili, chiacchierando di tutto; ho fatto file davanti agli stadi con visi già notti e facce ancora da conoscere, rendendomi conto ogni volta di come quella springsteeniana sia una vera famiglia; e adesso, che per me il sipario si è chiuso, si pensa già al futuro, alle nuove date, ai rumors, ai concerti e ai viaggi da fare insieme. Perchè, ancora una volta, sì, ok, la scaletta, i pezzi, l'intensità, il concerto, ma la cosa importante e fondamentale è condividerla con gli amici, con le persone che si incontrano on the road, con ragazzi e ragazze a cui si vuole bene.
Stay hard, stay hungry, stay alive!
In realtà sono tornato venerdì scorso, ma ho preferito lasciar passare un po' di tempo, riflettere, riposarmi, pensare ad altro.
Non voglio prendere in giro nessuno, è stata una settimana faticosa (quella del tour, intendo). Ma noi springsteeniani siamo così, alcuni fanno addirittura un culto della sofferenza, altri sfoggiano con sorriso ebete i lividi da transenna, ruminando poi bestemmie in privato per questa o quella costola incrinata, o per le piaghe dovute all'ennesima notte sul nudo asfalto davanti ai cancelli degli stadi. Non sono tutti così, eh. Ma alcuni, già, alcuni sì.
Sabato 18 luglio partivo con il compare Gabriele da Malpensa, per arrivare, tra una cosa e l'altra, nei pressi dello Stadio Olimpico di Roma poco prima delle 16. Ci avviciniamo alla folla già in coda (una trentina di ore prima del concerto, va detto), prendiamo il numerino 250, ma non abbiamo intenzione alcuna di bruciarci l'Urbe, e quindi abbandoniamo i compagni d'avventura e ci gettiamo lungo via del Corso, il Pantheon, il Colosseo e via dicendo, e tra un centurione (abbella! so' ccinqueuri!) e una birra trascorriamo tutto il pomeriggio, per poi spostarci verso Campo dei Fiori e quindi Trastevere per una sana cena ristoratrice. Ancora un giro per Roma, e poi a dormire, che domani ci si alza presto.
I nostri sogni di gloria vengono infranti all'alba: sms minatori ci avvertono del fatto che ormai ci sono più di 800 persone davanti allo stadio, e la vox populi dice che verranno dati solo 1000 braccialetti per il pit (che se non sapete cos'è non siete stati attenti nelle scorse puntate). Ci si lava in fretta e furia, voliamo verso lo stadio, prendo il numero 996, per oggi siamo a posto.
La coda è gestita in modo approssimativo, l'entrata è pessima, un serpentone umano sudaticcio e incazzato che spinge senza un perchè, e poi BUM! siamo dentro allo stadio, dentro al pit, a un passo dalla transenna, peccato che non sono nemmeno le 17, e oggi, complici i Mondiali di nuoto che sono a due passi, bè, si inizia dopo le 22. E' uno stillicidio, una fatica assoluta, ma quando alla fine, intorno alle 22.30 circa, le luci si spengono e comincia tutto, bè, è un grande spettacolo. Scaletta sconvolta dopo pochi pezzi, American Skin, My City of Ruins dedicata a L'Aquila, You Can't Sit Down, roba che alla fine, mentre addento un panino con porchetta da un milione di calorie, sono esausto ma contento.
Lunedì mattina sveglia presto, aeroporto, poco dopo pranzo sono a casa. Il tempo di cambiare la roba nello zaino, una doccia veloce, due cose di lavoro da sbrigare, e salgo in macchina, direzione Torino. Davanti all'Olimpico, molte facce già viste a Roma, nelle tappe precedenti, negli anni passati, baci, abbracci, numerino sulla mano, 181, e anche per stavolta siamo a posto. Oggi va pure di lusso, vado a mangiare con una decina di amici (grigliata mista rinforzata con polenta, peperoni e cipolle, che il rock non è per signorine), appello delle 23 e poi accampamento a casa di amici, in sei (poi sette) a dividerci letti, divani, pavimenti, materassini. Appello delle 6 in pigiama, si ronfa di nuovo fino alle 8.20, poi un trionfo di colazione, perchè la padrona di casa è un angelo, e alle 9 siamo in postazione davanti allo stadio, e anche oggi sarà una lunga giornata. Così lunga che quando decidiamo di addentare qualcosa, poco dopo le 13, da quasi tutti i porchettari è finito il pane. Roba da matti.
Stavolta la fila è abbastanza ordinata, e la sicurezza si dà da fare, entriamo camminando, non si corre, nessuna gamba falciata, niente spintoni. Roba che in Italia non si è mai vista, siamo tutti stupiti e piacevolmente colpiti. Siamo dentro, siamo nel pit, sono da poco passate le 16, e prima delle 21 (poi inizierà intorno alle 20.45) non si comincia.
E quando quell'ometto quasi sessantenne, quel bovaro del New Jersey, sale sul palco e dice "Cerea Torino! Mi i sun cuntent d’ese ambelesi con vojautri! Nè?", e poi attacca con Loose Ends, bè, qualcosa potrebbe lasciar intuire che succederà qualcosa di unico, stasera. E infatti, al momento delle richieste, ecco che arriva Travellin' Band, e già qui, ok, alla grande, ma poi il pezzo dopo... No, non può essere. Voglio dire, è almeno un mese e mezzo che gliela si chiede, in tutta Europa, ma proprio qui, stasera... No, dai. Eh, e invece sì. Drive All Night. E non dico altro.
E poi, dopo una My Hometown buttata lì, alza un cartello verde, che quel cartello verde l'ha fatto Daniela, che poi è la padrona di casa del trionfo della colazione, e sopra c'è scritto Backstreets. Ora, non importa che voi conosciate o meno il pezzo, ma vi basti sapere che a un certo punto il testo dice "we swore forever friends", roba che se la si ascolta dal vivo con gli amici, come stavo facendo io in quel momento, bè, quegli abbracci hanno un significato unico.
Alla fine non ci sono parole, ci si guarda, si sorride, non si riesce a dire nulla. Ci si abbraccia, grandi pacche sulle spalle, la sensazione di aver vissuto un evento pazzesco.
Torno a casa con Rob, ma non è finita, domani si parte per Udine.
Cerco di recuperare almeno una frazione del sonno arretrato, cambio la roba nello zaino, mi faccio una doccia, e poco dopo pranzo si parte per Udine, con sosta a Milano per raccattare altri blood brothers, coda per uscire dalla tangenziale, improperi, soste in autogrill e varie, morale della favola arriviamo in Friuli (che, per chi non lo sapesse, è in capo al mondo, per usare un eufemismo) poco dopo le 21. Prendo il numerino, 248, e via, anche per domani siamo a posto.
Aspetto l'appello di mezzanotte tra una costina, una fetta di formaggio, una birra e un amaro croato (grazie Garybaldi!), rispondo alla chiamata, aspetto Angela, divido il pavimento della casa di Alessandra con Max, che a noi uomini duri il materasso fa schifo. Appello delle 6, nuovo sonno ristoratore, appello delle 9 e tutti in posizione, con una meritata pausa al Bar Stadio per una dovuta colazione. Ora, nella mia ignoranza meteorologica, io supponevo che a Udine il clima fosse, per così dire, fresco. E invece mi becco 30 gradi alle 10 di mattina, per fortuna che lì sanno fare le cose in un certo modo, e la Protezione Civile ci innaffia tutto il giorno, di acqua ce n'è in abbondanza.
Si entra in modo ancora più ordinato che a Torino, pazzesco. Siamo dentro, siamo nel pit, non sono nemmeno le 16 e fa un caldo bestia, l'attesa sarà lunga. Intorno a me, a noi, c'è tutto un mondo fatto di cartelli più o meno raffinati, che da quando Bruce ha deciso di esaudire almeno un paio di richieste a sera, ognuno scrive le cose più strampalate, che non si sa mai. Verso le 19, mi viene la folgorazione, recupero del cartoncino verde, un pennarello, e mi metto a vergare Be True. Che sì, è vero, l'ho già sentita a Parigi sei anni fa (e per me quello show ha un significato tutto suo), ma è una canzone che mi piace da matti, e non si sa mai, magari stasera gli gira di farla.
Intorno alle 21, al grido di "Mandi Udin", inizia lo show. Sherry Darling, una straordinaria Something in the Night, e poi arriva il momento richieste, purtroppo il mio cartello verde con scritta nera non lo prende, forse lo guarda di sfuggita. Summertime Blues, graditissima, ok, va bene. Ma poi... "your scrapbook filled with pictures of all your leading men..." Be True. Non ha preso il mio cartello, ok, ma chissenefrega, l'ha fatta. E se non ci credete, ho ancora il cartello in macchina. Ma non è finita: c'è ancora spazio per una bellissima Streets of Fire, e per un urlo devastante all'inizio di Born in the USA, roba che forse neanche nell'85. E poi, dopo Twist&Shout, tutto si spegne, ci si saluta, almeno per adesso è finita, che sono pochi quelli che andranno anche in Spagna, e io non sono tra loro.
In poco più di un mese e mezzo, dal primo show di Stoccolma a quello di giovedì di Udine, ho visto gente sorridere sotto la pioggia e tentare di battere le mani al gelo, ho diviso il desco svedese ingerendo aringhe e altri ammennicoli con un amico; mi sono accampato su pavimenti, materassini, nudo asfalto e letti, incontrando un'ospitalità incredibile; ho visto uomini grandi e grossi piangere, ridere, saltare e dimenarsi; ho scambiato abbracci unici, che valgono più di mille parole; ho viaggiato in lungo e in largo per l'Europa e per l'Italia, macinando chilometri talvolta a orari improponibili, chiacchierando di tutto; ho fatto file davanti agli stadi con visi già notti e facce ancora da conoscere, rendendomi conto ogni volta di come quella springsteeniana sia una vera famiglia; e adesso, che per me il sipario si è chiuso, si pensa già al futuro, alle nuove date, ai rumors, ai concerti e ai viaggi da fare insieme. Perchè, ancora una volta, sì, ok, la scaletta, i pezzi, l'intensità, il concerto, ma la cosa importante e fondamentale è condividerla con gli amici, con le persone che si incontrano on the road, con ragazzi e ragazze a cui si vuole bene.
Stay hard, stay hungry, stay alive!
martedì 14 luglio 2009
Pillole
Lo so, lo so, nonostante tutti i buoni propositi sto continuando a trascurare il blog, e questo mi spiace per i miei tre o quattro lettori, che immagino vengano su questi schermi ogni mattina, cercando di rubare tempo al lavoro, e non trovano niente di nuovo, costretti quindi a rileggersi le vecchie tavanate o a virare su qualche sitarello di donne nude.
Non voglio ingannarvi, questo è solo un rapidissimo aggiornamento, per commentare in modo sparso e superficiale quanto successo nei giorni passati.
Dunque, ci hanno ampiamente rotto le scatole (per usare un eufemismo) con la storia del G8, prendendoci pure in giro e bullandosi di averlo organizzato a L'Aquila. Ma dico io, mentre c'è gente che dorme ancora nella tendopoli, la città mezza scalcagnata e qualche scossa di terremoto che fa stringere i glutei ai più, questi vanno a buttare via una valanga di soldi per accogliere i cosiddetti grandi del pianeta? Ma per cortesia, fossero rimasti a Roma (o dove dovevano farlo in origine) sarebbe stato meglio per tutti.
Cambia il codice della strada, con trovate geniali tipo la targa personalizzata o il fatto che si può andare a 150km/h in autostrada, ma solo dove c'è il tutor. E nel frattempo, l'altro giorno un ragazzo di Ostia veniva investito e ucciso da due squinternati extracomunitari, già noti alle nostre autorità per un buon numero di reati. Stare più attenti a queste cose parrebbe brutto, invece di perdere tempo e soldi a inventarsi ennesime inutilità?
E' morto Michael Jackson, ma su questo non voglio dilungarmi, rischierei di farne un plauso (e non ero un fan) o in'invettiva (e non me ne frega niente). Negli anni '80 era il re del pop, bla bla bla, mi dispiace, certo, ma fino a un certo punto. Onestamente, faccio fatica a ricordarmi più di 10 canzoni sue, quindi direi che non ha segnato la mia storia musicale più di tanto.
Sono stato a Berna (sfitzera) per un concerto del buon vecchio Bruce Springsteen. E lì sì che sanno come gestire le cose: alle 14 (apertura cancelli alle 15) c'erano 150 persone scarse davanti allo stadio; ragazzi della sicurezza simpatici e affabili; bagni dello stadio puliti a specchio, si poteva mangiare per terra; nemmeno una spinta durante tutte le tre ore dello show, solo una gran voglia di cantare insieme e di divertirci. Chissà come mai, intorno a me e alla ragazza con cui ho fatto il viaggio, non c'era un solo italiano.
E già che ci siamo - anche se so che uscirà dai confini del blog, per qualche strano problema tecnico, ma chissenefrega - beccatevi questo video da Hyde Park:
Ah, già, mi sono anche laureato (per la seconda volta). Ma voi guardate il video, che è meglio.
Non voglio ingannarvi, questo è solo un rapidissimo aggiornamento, per commentare in modo sparso e superficiale quanto successo nei giorni passati.
Dunque, ci hanno ampiamente rotto le scatole (per usare un eufemismo) con la storia del G8, prendendoci pure in giro e bullandosi di averlo organizzato a L'Aquila. Ma dico io, mentre c'è gente che dorme ancora nella tendopoli, la città mezza scalcagnata e qualche scossa di terremoto che fa stringere i glutei ai più, questi vanno a buttare via una valanga di soldi per accogliere i cosiddetti grandi del pianeta? Ma per cortesia, fossero rimasti a Roma (o dove dovevano farlo in origine) sarebbe stato meglio per tutti.
Cambia il codice della strada, con trovate geniali tipo la targa personalizzata o il fatto che si può andare a 150km/h in autostrada, ma solo dove c'è il tutor. E nel frattempo, l'altro giorno un ragazzo di Ostia veniva investito e ucciso da due squinternati extracomunitari, già noti alle nostre autorità per un buon numero di reati. Stare più attenti a queste cose parrebbe brutto, invece di perdere tempo e soldi a inventarsi ennesime inutilità?
E' morto Michael Jackson, ma su questo non voglio dilungarmi, rischierei di farne un plauso (e non ero un fan) o in'invettiva (e non me ne frega niente). Negli anni '80 era il re del pop, bla bla bla, mi dispiace, certo, ma fino a un certo punto. Onestamente, faccio fatica a ricordarmi più di 10 canzoni sue, quindi direi che non ha segnato la mia storia musicale più di tanto.
Sono stato a Berna (sfitzera) per un concerto del buon vecchio Bruce Springsteen. E lì sì che sanno come gestire le cose: alle 14 (apertura cancelli alle 15) c'erano 150 persone scarse davanti allo stadio; ragazzi della sicurezza simpatici e affabili; bagni dello stadio puliti a specchio, si poteva mangiare per terra; nemmeno una spinta durante tutte le tre ore dello show, solo una gran voglia di cantare insieme e di divertirci. Chissà come mai, intorno a me e alla ragazza con cui ho fatto il viaggio, non c'era un solo italiano.
E già che ci siamo - anche se so che uscirà dai confini del blog, per qualche strano problema tecnico, ma chissenefrega - beccatevi questo video da Hyde Park:
Ah, già, mi sono anche laureato (per la seconda volta). Ma voi guardate il video, che è meglio.
martedì 23 giugno 2009
giovedì 11 giugno 2009
Stoccolma e ritorno
Come promesso, anche se con un minimo di colpevole ritardo, un breve aggiornamento sul mio recente viaggio in Svezia.
Parto mercoledì da Malpensa, a metà pomeriggio sono già nel freddo (non ancora polare) di Stoccolma, a picchettare l'albergo di Bruce Springsteen. Sì, perchè noi malati di mente, quando arriviamo in una città sconosciuta, non ci buttiamo a capofitto nel turismo, nelle poche ore d'aria che lasciamo libere da file davanti a stadi e palazzetti, ma anzi, cerchiamo di vedere da vicino il nostro eroe facendogli la posta davanti alla locanda che lo ospita.
Comunque sia, niente da fare: fino a lunedì, giorno della mia partenza, vedrò quasi tutti i componenti della band, e con molti di loro mi fermerò anche a fare quattro chiacchiere amichevoli, ma di Bruce nemmeno l'ombra. Pare che l'attempato rocker del New Jersey non abbia troppa voglia di concedersi, e preferisca uscire da porte secondarie.
Giovedì mi metto in fila di buon'ora davanti allo Stadio Olimpico, con una temperatura che durante la giornata non raggiunge i 10 gradi, e una pioggia battente che diventerà molto fastidiosa all'inizio del concerto. Ma nel frattempo, sparpagliati per la fila, vedo molte facce conosciute, e ne incontro altre nuove, a testimonianza del fatto che, anche se qua e là la carboneria regna sovrana, e il talebanismo si fa largo, ci sono ancora degli springsteeniani degni di questo nome, con cui nel corso degli show in giro per l'Italia e per il mondo si instaura un'amicizia vera, che va al di là dei concerti in sè.
Entro nel pit poco dopo le 18, e lì rimarrò fino alle 23, alla fine dello show, sotto una pioggia battente che non ne vuol sapere di darci tregua, e che fa persino scivolare Bruce sul secondo palchetto, con un colpetto sulle reali terga che fa trasalire le fan più sensibili. Anche se fa addirittura male battere le mani, per il freddo, il concerto è ottimo: Nils Lofgren ha finalmente il giusto spazio tra Because the Night e The Ghost of Tom Joad, Wild Thing è spigliata e divertente, Hard Times eccelsa (grazie anche ai coristi Curtis e Cindy), e in definitiva i brani dell'ultimo disco, anche se non convincono ancora del tutto, sono molto meglio dal vivo di quanto mi potessi aspettare.
Vado a dormire convinto di svegliarmi il giorno dopo con la polmonite, ma incredibilmente venerdì mi ritrovo solo un po' acciaccato; decido però di non passare tutto il giorno davanti allo stadio, ma di concedermi un po' di turismo - anche gastronomico - in compagnia dell'amico Vittorio. Dopo un giretto in città, su consiglio della nostra graziosissima signorina della reception scarpiniamo fino al Prinsen, ristorante in cui ci dedichiamo a tutte le specialità locali, sborsando un'enormità, ma in fondo chissenefrega, ne valeva la pena: aringhe, pesce persico, uova arancioni di qualche pesce sconosciuto e via dicendo, rimaniamo a tavola fino alle 15 passate, e quindi, con tutta calma, ci avviamo verso lo stadio. Non piove, ma la temperatura sembra essere anche più bassa del giorno prima (scopriremo che la sera si sono toccati i 2 gradi).
Preso il braccialetto per l'agognato pit, andiamo al vicino pub per una birra (rigorosamente export, quelle locali arrivano al massimo a 3,5 gradi, in pratica acqua sporca), ed entriamo poi nello stadio intorno alle 19 passate, guadagnando comunque una buona posizione, verso metà pit, sul lato Clarence.
Il concerto è grandioso: si inizia con Downbound Train, e nel corso della scaletta arriveranno chicche come Good Lovin' e Lost in the Flood elettrica, oltre alla tour premiere di Queen of the Supermarket e a una strepitosa Detroit Medley, con al suo interno anche Land of a 1000 dances. Infreddoliti ma felici, intorno alle 2, mentre fuori già albeggia, ce ne andiamo a dormire.
Sabato è la nostra "giornata libera", il prossimo concerto sarà soltanto domenica. Dopo aver picchettato per qualche ora - e senza successo, di nuovo - l'albergo di Bruce, ci dedichiamo un minimo al turismo, girando per la città vecchia, e guardando le bellezze della città, per poi addentare un succulento hamburger di alce, indispensabile per calmare i morsi della fame. E mentre altri amici arrivano dall'Italia per l'ultimo show, decidiamo di cenare all'Hard Rock Cafè (uno dei più scalcinati in cui io sia mai stato: se capitate a Stoccolma, non andateci).
La domenica ci alziamo di buon'ora, e dopo una succulenta colazione andiamo all'Olimpic Stadion, aiutati da un pallido sole e da una temperatura finalmente accettabile. Si passa tutto il giorno insieme agli amici springsteeniani - compreso un gradevolissimo fish&chips nel pub vicino, nella pausa di pranzo degli appelli - e all'apertura dei cancelli riusciamo a conquistare una dignitosa seconda fila, lato Clarence.
Il concerto è strepitoso: No Surrender apre, e nel corso dello show, dopo la tour premiere di The River (che, lo sapete, per me ha un significato particolare) c'è spazio anche per un'eccezionale Fade Away, una grandiosa Jungleland e una Twist&Shout suonata apposta per spaccare in due lo stadio.
Usciamo dai cancelli un po' storditi ma estasiati, con dei sorrisi da guancia a guancia, e già cominciamo a fare progetti per viaggi futuri, concerti in qualche strano Paese, in Europa o in America, fantasticando su quali pezzi potranno entrare in scaletta e faticando ancora a credere a quelli che abbiamo sentito.
Arriva il lunedì, qualcuno è già partito, si fa l'ultima colazione e si tenta l'ultimo appostamento davanti all'hotel, e poi arriva il momento di arrivare all'areoporto. Praticamente tutto il volo EasyJet diretto verso Milano è pieno di springsteeniani, ma se all'inizio il clima è molto quello della gita scolastica, alla fine quasi tutti si addormentano pochi minuti dopo il decollo, cercando di recuperare il sonno arretrato di questi giorni.
A Malpensa gli ultimi saluti, un arrivederci alla prossima tappa del tour. Non manca molto.
Parto mercoledì da Malpensa, a metà pomeriggio sono già nel freddo (non ancora polare) di Stoccolma, a picchettare l'albergo di Bruce Springsteen. Sì, perchè noi malati di mente, quando arriviamo in una città sconosciuta, non ci buttiamo a capofitto nel turismo, nelle poche ore d'aria che lasciamo libere da file davanti a stadi e palazzetti, ma anzi, cerchiamo di vedere da vicino il nostro eroe facendogli la posta davanti alla locanda che lo ospita.
Comunque sia, niente da fare: fino a lunedì, giorno della mia partenza, vedrò quasi tutti i componenti della band, e con molti di loro mi fermerò anche a fare quattro chiacchiere amichevoli, ma di Bruce nemmeno l'ombra. Pare che l'attempato rocker del New Jersey non abbia troppa voglia di concedersi, e preferisca uscire da porte secondarie.
Giovedì mi metto in fila di buon'ora davanti allo Stadio Olimpico, con una temperatura che durante la giornata non raggiunge i 10 gradi, e una pioggia battente che diventerà molto fastidiosa all'inizio del concerto. Ma nel frattempo, sparpagliati per la fila, vedo molte facce conosciute, e ne incontro altre nuove, a testimonianza del fatto che, anche se qua e là la carboneria regna sovrana, e il talebanismo si fa largo, ci sono ancora degli springsteeniani degni di questo nome, con cui nel corso degli show in giro per l'Italia e per il mondo si instaura un'amicizia vera, che va al di là dei concerti in sè.
Entro nel pit poco dopo le 18, e lì rimarrò fino alle 23, alla fine dello show, sotto una pioggia battente che non ne vuol sapere di darci tregua, e che fa persino scivolare Bruce sul secondo palchetto, con un colpetto sulle reali terga che fa trasalire le fan più sensibili. Anche se fa addirittura male battere le mani, per il freddo, il concerto è ottimo: Nils Lofgren ha finalmente il giusto spazio tra Because the Night e The Ghost of Tom Joad, Wild Thing è spigliata e divertente, Hard Times eccelsa (grazie anche ai coristi Curtis e Cindy), e in definitiva i brani dell'ultimo disco, anche se non convincono ancora del tutto, sono molto meglio dal vivo di quanto mi potessi aspettare.
Vado a dormire convinto di svegliarmi il giorno dopo con la polmonite, ma incredibilmente venerdì mi ritrovo solo un po' acciaccato; decido però di non passare tutto il giorno davanti allo stadio, ma di concedermi un po' di turismo - anche gastronomico - in compagnia dell'amico Vittorio. Dopo un giretto in città, su consiglio della nostra graziosissima signorina della reception scarpiniamo fino al Prinsen, ristorante in cui ci dedichiamo a tutte le specialità locali, sborsando un'enormità, ma in fondo chissenefrega, ne valeva la pena: aringhe, pesce persico, uova arancioni di qualche pesce sconosciuto e via dicendo, rimaniamo a tavola fino alle 15 passate, e quindi, con tutta calma, ci avviamo verso lo stadio. Non piove, ma la temperatura sembra essere anche più bassa del giorno prima (scopriremo che la sera si sono toccati i 2 gradi).
Preso il braccialetto per l'agognato pit, andiamo al vicino pub per una birra (rigorosamente export, quelle locali arrivano al massimo a 3,5 gradi, in pratica acqua sporca), ed entriamo poi nello stadio intorno alle 19 passate, guadagnando comunque una buona posizione, verso metà pit, sul lato Clarence.
Il concerto è grandioso: si inizia con Downbound Train, e nel corso della scaletta arriveranno chicche come Good Lovin' e Lost in the Flood elettrica, oltre alla tour premiere di Queen of the Supermarket e a una strepitosa Detroit Medley, con al suo interno anche Land of a 1000 dances. Infreddoliti ma felici, intorno alle 2, mentre fuori già albeggia, ce ne andiamo a dormire.
Sabato è la nostra "giornata libera", il prossimo concerto sarà soltanto domenica. Dopo aver picchettato per qualche ora - e senza successo, di nuovo - l'albergo di Bruce, ci dedichiamo un minimo al turismo, girando per la città vecchia, e guardando le bellezze della città, per poi addentare un succulento hamburger di alce, indispensabile per calmare i morsi della fame. E mentre altri amici arrivano dall'Italia per l'ultimo show, decidiamo di cenare all'Hard Rock Cafè (uno dei più scalcinati in cui io sia mai stato: se capitate a Stoccolma, non andateci).
La domenica ci alziamo di buon'ora, e dopo una succulenta colazione andiamo all'Olimpic Stadion, aiutati da un pallido sole e da una temperatura finalmente accettabile. Si passa tutto il giorno insieme agli amici springsteeniani - compreso un gradevolissimo fish&chips nel pub vicino, nella pausa di pranzo degli appelli - e all'apertura dei cancelli riusciamo a conquistare una dignitosa seconda fila, lato Clarence.
Il concerto è strepitoso: No Surrender apre, e nel corso dello show, dopo la tour premiere di The River (che, lo sapete, per me ha un significato particolare) c'è spazio anche per un'eccezionale Fade Away, una grandiosa Jungleland e una Twist&Shout suonata apposta per spaccare in due lo stadio.
Usciamo dai cancelli un po' storditi ma estasiati, con dei sorrisi da guancia a guancia, e già cominciamo a fare progetti per viaggi futuri, concerti in qualche strano Paese, in Europa o in America, fantasticando su quali pezzi potranno entrare in scaletta e faticando ancora a credere a quelli che abbiamo sentito.
Arriva il lunedì, qualcuno è già partito, si fa l'ultima colazione e si tenta l'ultimo appostamento davanti all'hotel, e poi arriva il momento di arrivare all'areoporto. Praticamente tutto il volo EasyJet diretto verso Milano è pieno di springsteeniani, ma se all'inizio il clima è molto quello della gita scolastica, alla fine quasi tutti si addormentano pochi minuti dopo il decollo, cercando di recuperare il sonno arretrato di questi giorni.
A Malpensa gli ultimi saluti, un arrivederci alla prossima tappa del tour. Non manca molto.
martedì 2 giugno 2009
Al volo
E' vero, è vero, sto un po' trascurando il blog, ma nelle ultime settimane ho avuto parecchio da fare (e, incredibile!, non è una balla): tra lavoro, casini, tesi e tutto il resto, il tempo libero è stato davvero pochissimo.
In più, domani parto per Stoccolma: senza sapere bene dove dormirò per tre notti su cinque, mi aspettano tre show del nostro amico Bruce Springsteen, per me i primi di questo tour, e soprattutto i primi in assoluto "da solo". Non so bene cosa aspettarmi, vedremo, dai.
Ma nel frattempo, come vedete da quella foto là in alto, mi sto anche dando da fare (si fa per dire) con il gruppo: bisognerà fare un po' di pressioni sugli scansafatiche, ma con delle prove come si deve e l'impegno dei migliori rocker, I Soliti Ignoti potrebbero avere un futuro. Non so di che tipo, ma un futuro.
Al mio ritorno dalla terra svedese, vi aggiornerò, promesso.
In più, domani parto per Stoccolma: senza sapere bene dove dormirò per tre notti su cinque, mi aspettano tre show del nostro amico Bruce Springsteen, per me i primi di questo tour, e soprattutto i primi in assoluto "da solo". Non so bene cosa aspettarmi, vedremo, dai.
Ma nel frattempo, come vedete da quella foto là in alto, mi sto anche dando da fare (si fa per dire) con il gruppo: bisognerà fare un po' di pressioni sugli scansafatiche, ma con delle prove come si deve e l'impegno dei migliori rocker, I Soliti Ignoti potrebbero avere un futuro. Non so di che tipo, ma un futuro.
Al mio ritorno dalla terra svedese, vi aggiornerò, promesso.
giovedì 7 maggio 2009
All'italiana
Chi legge queste pagine da un po' di tempo si sarà di sicuro accorto della mia predilezione musicale per i rocker d'oltre Oceano (e non necessariamente solo quelli noti ai più), e per le piccole band e artisti tricolori, di cui più volte ho "recensito" dischi e serate live.
Però devo dire che questa volta gli artisti italiani mi hanno stupito: si sono ritrovati in un solo giorno, il 21 aprile scorso, in quel di Milano, e hanno registrato, tutti e 56 (se non erro) il brano "Domani", il cui singolo è già in vendita da un paio di giorni, e i cui proventi andranno interamente in beneficenza, per aiutare i terremotati d'Abruzzo.
Certo, il video è molto simile a quello di We Are The World, del lontano 1984:
ma è comunque molto godibile:
e per una volta, un grande applauso a tutti i musicisti italiani. Avanti così.
Però devo dire che questa volta gli artisti italiani mi hanno stupito: si sono ritrovati in un solo giorno, il 21 aprile scorso, in quel di Milano, e hanno registrato, tutti e 56 (se non erro) il brano "Domani", il cui singolo è già in vendita da un paio di giorni, e i cui proventi andranno interamente in beneficenza, per aiutare i terremotati d'Abruzzo.
Certo, il video è molto simile a quello di We Are The World, del lontano 1984:
ma è comunque molto godibile:
e per una volta, un grande applauso a tutti i musicisti italiani. Avanti così.
domenica 3 maggio 2009
1 Maggio (in Musica)
Negli ultimi 7-8 anni, il 1 maggio, incurante delle tristi bandiere rosse sventolanti davanti alle telecamere delle tv, e non per un vero ideale politico, ho snobbato manifestazioni varie ed eventuali, rifuggito ogni sorta di gita fuori le mura, e trovato il mio buen retiro, con qualche amico, sulle colline del Monferrato, per un pomeriggio di specialità locali, panini e buon vino dalle parti di Cantavenna.
Ma quest'anno, per vari motivi, ho cambiato del tutto l'impostazione della giornata, e anzi, caricati due pard in macchina, sono partito alla volta di Ferrara, dove in serata si sarebbero esibiti i Miami & The Groovers, il trio di Rigo Righetti e soprattutto Willie Nile in formazione elettrica.
Aggirato il traffico con una partenza intelligente, siamo arrivati nella città emiliana intorno alle sei di pomeriggio, in tempo per un breve giretto cittadino, prima di raggiungere la Sala Estense, dove si sarebbe svolta la serata, per salutare un buon numero di vecchi amici e ascoltare qualche frammento di soundcheck.
Pizza e birra veloce nelle vicinanze, e per le ottoemmezza circa siamo tutti seduti (la sala è piccola, appena trecento posti scarsi disposti su due piani): alle 21 precise salgono sul palco i Miami & The Groovers per mezz'ora di energia pura, rock granitico al punto giusto, perfetto per scaldare la platea, confermandosi una delle migliori live band italiane.
Mezz'ora anche per Rigo Righetti, e poi è la volta di Willie Nile, che arriva vestito di nero, e si siede subito dietro alla tastiera, per una Streets of New York da brivido. E poi via con un set elettrico di un'ora e mezza, con Vagabond moon, She's so cold, Hard times in America, Asking Annie out, On the road to Calvary, Black magic e tante altre, un grande medley dei Ramones e la straordinaria chiusura di nuovo al piano con Back home e Across the river, davanti al pubblico tutto in piedi ad applaudire.
A fine show, nonostante il raffreddore, Willie ha anche trovato il tempo e la voglia di fermarsi ad autografare cd e poster, scattare qualche foto e scambiare quattro chiacchiere con i tanti rimasti ancora lì, a dimostrare - se mai ce ne fosse bisogno - la sua grandissima umiltà, e che persona sia.
Ma la serata non è finita lì: noi rockettari irriducibili siamo rimasti in piazza ancora un'ora abbondante per scambiare storie di concerti, musica, rock, vita, prima di bere un'ultima birra e andare a dormire.
Il giorno seguente sarebbe arrivato il giro turistico per la città e l'avventura con le specialità tipiche del luogo, prima di ripartire verso casa notevolmente appesantiti, ma quella del 1 maggio 2009 è di certo una serata che non si dimenticherà.
Ma quest'anno, per vari motivi, ho cambiato del tutto l'impostazione della giornata, e anzi, caricati due pard in macchina, sono partito alla volta di Ferrara, dove in serata si sarebbero esibiti i Miami & The Groovers, il trio di Rigo Righetti e soprattutto Willie Nile in formazione elettrica.
Aggirato il traffico con una partenza intelligente, siamo arrivati nella città emiliana intorno alle sei di pomeriggio, in tempo per un breve giretto cittadino, prima di raggiungere la Sala Estense, dove si sarebbe svolta la serata, per salutare un buon numero di vecchi amici e ascoltare qualche frammento di soundcheck.
Pizza e birra veloce nelle vicinanze, e per le ottoemmezza circa siamo tutti seduti (la sala è piccola, appena trecento posti scarsi disposti su due piani): alle 21 precise salgono sul palco i Miami & The Groovers per mezz'ora di energia pura, rock granitico al punto giusto, perfetto per scaldare la platea, confermandosi una delle migliori live band italiane.
Mezz'ora anche per Rigo Righetti, e poi è la volta di Willie Nile, che arriva vestito di nero, e si siede subito dietro alla tastiera, per una Streets of New York da brivido. E poi via con un set elettrico di un'ora e mezza, con Vagabond moon, She's so cold, Hard times in America, Asking Annie out, On the road to Calvary, Black magic e tante altre, un grande medley dei Ramones e la straordinaria chiusura di nuovo al piano con Back home e Across the river, davanti al pubblico tutto in piedi ad applaudire.
A fine show, nonostante il raffreddore, Willie ha anche trovato il tempo e la voglia di fermarsi ad autografare cd e poster, scattare qualche foto e scambiare quattro chiacchiere con i tanti rimasti ancora lì, a dimostrare - se mai ce ne fosse bisogno - la sua grandissima umiltà, e che persona sia.
Ma la serata non è finita lì: noi rockettari irriducibili siamo rimasti in piazza ancora un'ora abbondante per scambiare storie di concerti, musica, rock, vita, prima di bere un'ultima birra e andare a dormire.
Il giorno seguente sarebbe arrivato il giro turistico per la città e l'avventura con le specialità tipiche del luogo, prima di ripartire verso casa notevolmente appesantiti, ma quella del 1 maggio 2009 è di certo una serata che non si dimenticherà.
giovedì 30 aprile 2009
domenica 19 aprile 2009
Spaziomusica e compagnia bella
Lo so, lo so, con l'età divento ancora più pigro e svogliato, e scrivo meno. Ma cercherò di recuperare, è una promessa.
Nel frattempo, nelle ultime settimane ho assistito a due concerti di livello altissimo, entrambi allo Spaziomusica di Pavia.
Non so spiegare perchè, forse perchè è uno dei rari posti dove non trattano i musicisti come pezze da piedi, o magari perchè chi poi sale sul palco riesce ancora a bere una birra con il fonico e tutti gli altri dopo il soundcheck, o forse solo perchè è lì da più di vent'anni, e continua a ospitare band di tutto il mondo, ma sta di fatto che lo Spaziomusica, per Pavia ma anche per un buon numero di città lì intorno, è un po' come lo Stone Pony per Asbury Park e il New Jersey. L'ambiente è vecchio stile e accogliente, lo spazio intorno al bancone del bar affollato e rumorosissimo, le pareti piene di manifesti autografati dai vari artisti e via dicendo. Ci sono stato spesso, negli ultimi anni, e ne sono sempre uscito soddisfatto (compreso l'ultimo concerto dei Marah, con volumi altissimi, per cui mi sono fischiate le orecchie anche per tutto il giorno successivo).
Detto questo, venerdì 3 aprile sono andato a vedere i Miami & The Groovers: gruppo già collaudato e visto più volte dal vivo, quella di Lorenzo Semprini è una delle live band migliori d'Italia, e anche questa volta i Groovers ci hanno messo tutta l'anima e l'energia del mondo, e hanno regalato a chi ha avuto la fortuna di esserci un grandissimo spettacolo, due ore e mezza di musica con i fiocchi.
Dopo l'apertura con One way ride e Jewels and medecine, una bellissima versione di Runaway Train dei Soul Asylum (e tra le cover spiccherà una straordinaria Sesto San Giovanni dei Gang), si procede a pieno regime con pezzi originali alternati a Clash, Ramones e Steve Earle. Chitarre, basso e batteria sono in grandissima forma, e quando, dopo circa due ore di show, le luci sembrano spegnersi con Local Rockin' Band, ci sarà ancora tempo per una lunga coda: un gran bel medley dei CCR, e "finalino" tutti in piedi con No Surrender e il ritmo di valzer di Merry Go Round, con tutto il suo significato.
Il palco si svuota, ma Beppe imbraccia la chitarra acustica per una Redemption Song intima e intensa, prima di passare la dodici corde a Lorenzo, che dedica la conclusiva Ballad of Easy Rider a tutti i Groovers.
Serata davvero incredibile.
Venerdì 17 aprile, invece, erano di scena i Lowlands, gruppo pavese capitanato da Edward Abbiati: i sette ragazzi (sei omaccioni e una violinista, a voler essere precisi) sul palco, davanti ad uno Spaziomusica pieno fino all'orlo, hanno regalato quasi due ore di spettacolo intenso, allegro, divertente e ottimamente suonato.
Alternando ai pezzi presenti sul loro album "The Last Call" a outtakes, canzoni nuove e cover, i ragazzi hanno sudato e bevuto birra, pestato sulla batteria, danzato sulle corde del violino, infuocato la Gibson Les Paul e via dicendo, mettendo nel loro show tutta l'energia di cui erano capaci.
E quando, su In The End, il ritornello è stato lasciato al pubblico, che ha cantato all'unisono, sul volto di Edward si è aperto un grande sorriso.
Non sono cose che capitano tutti i giorni.
Nel frattempo, nelle ultime settimane ho assistito a due concerti di livello altissimo, entrambi allo Spaziomusica di Pavia.
Non so spiegare perchè, forse perchè è uno dei rari posti dove non trattano i musicisti come pezze da piedi, o magari perchè chi poi sale sul palco riesce ancora a bere una birra con il fonico e tutti gli altri dopo il soundcheck, o forse solo perchè è lì da più di vent'anni, e continua a ospitare band di tutto il mondo, ma sta di fatto che lo Spaziomusica, per Pavia ma anche per un buon numero di città lì intorno, è un po' come lo Stone Pony per Asbury Park e il New Jersey. L'ambiente è vecchio stile e accogliente, lo spazio intorno al bancone del bar affollato e rumorosissimo, le pareti piene di manifesti autografati dai vari artisti e via dicendo. Ci sono stato spesso, negli ultimi anni, e ne sono sempre uscito soddisfatto (compreso l'ultimo concerto dei Marah, con volumi altissimi, per cui mi sono fischiate le orecchie anche per tutto il giorno successivo).
Detto questo, venerdì 3 aprile sono andato a vedere i Miami & The Groovers: gruppo già collaudato e visto più volte dal vivo, quella di Lorenzo Semprini è una delle live band migliori d'Italia, e anche questa volta i Groovers ci hanno messo tutta l'anima e l'energia del mondo, e hanno regalato a chi ha avuto la fortuna di esserci un grandissimo spettacolo, due ore e mezza di musica con i fiocchi.
Dopo l'apertura con One way ride e Jewels and medecine, una bellissima versione di Runaway Train dei Soul Asylum (e tra le cover spiccherà una straordinaria Sesto San Giovanni dei Gang), si procede a pieno regime con pezzi originali alternati a Clash, Ramones e Steve Earle. Chitarre, basso e batteria sono in grandissima forma, e quando, dopo circa due ore di show, le luci sembrano spegnersi con Local Rockin' Band, ci sarà ancora tempo per una lunga coda: un gran bel medley dei CCR, e "finalino" tutti in piedi con No Surrender e il ritmo di valzer di Merry Go Round, con tutto il suo significato.
Il palco si svuota, ma Beppe imbraccia la chitarra acustica per una Redemption Song intima e intensa, prima di passare la dodici corde a Lorenzo, che dedica la conclusiva Ballad of Easy Rider a tutti i Groovers.
Serata davvero incredibile.
Venerdì 17 aprile, invece, erano di scena i Lowlands, gruppo pavese capitanato da Edward Abbiati: i sette ragazzi (sei omaccioni e una violinista, a voler essere precisi) sul palco, davanti ad uno Spaziomusica pieno fino all'orlo, hanno regalato quasi due ore di spettacolo intenso, allegro, divertente e ottimamente suonato.
Alternando ai pezzi presenti sul loro album "The Last Call" a outtakes, canzoni nuove e cover, i ragazzi hanno sudato e bevuto birra, pestato sulla batteria, danzato sulle corde del violino, infuocato la Gibson Les Paul e via dicendo, mettendo nel loro show tutta l'energia di cui erano capaci.
E quando, su In The End, il ritornello è stato lasciato al pubblico, che ha cantato all'unisono, sul volto di Edward si è aperto un grande sorriso.
Non sono cose che capitano tutti i giorni.
venerdì 10 aprile 2009
Trent'anni
Oggi faccio 30 anni.
Hey there mister can you tell me
What happened to the seeds I've sown
Can you give me a reason, sir, as to why they've never grown
They've just blown around from town to town
Back out on these fields
Where they fall from my hand
Back into the dirt of this hard land
Well me and my sister
From Germantown we did ride
We made our bed, sir
From the rock on the mountainside
We been blowin' around from town to town
Lookin' for a place to stand
Where the sun burst through the clouds and fall like a circle
A circle of fire down on this hard land
Now even the rain it don't come 'round
Don't come 'round here no more
And the only sound at night's the wind
Slammin' the back porch door
Yeah it stirs you up like it wants to blow you down
Twistin' and churnin' up the sand
Leavin' all them scarecrows lyin' facedown
In the dirt of this hard land
From a building up on the hill
I can hear a tape deck blastin' "Home on the Range"
I can hear them Bar-M choppers
Sweepin' low across the plains
It's me and you, Frank, we're lookin' for lost cattle
Our hooves twistin' and churnin' up the sand
We're ridin' in the whirlwind searchin' for lost treasure
Way down south of the Rio Grande
We're ridin' 'cross that river in the moonlight
Up onto the banks of this hard land
Hey, Frank, won't you pack your bags
And meet me tonight down at Liberty Hall
Just one kiss from you, my brother
And we'll ride until we fall
Well sleep in the fields
We'll sleep by the rivers
And in the morning we'll make a plan
Well if you can't make it stay hard, stay hungry, stay alive if you can
And meet me in a dream of this hard land
What happened to the seeds I've sown
Can you give me a reason, sir, as to why they've never grown
They've just blown around from town to town
Back out on these fields
Where they fall from my hand
Back into the dirt of this hard land
Well me and my sister
From Germantown we did ride
We made our bed, sir
From the rock on the mountainside
We been blowin' around from town to town
Lookin' for a place to stand
Where the sun burst through the clouds and fall like a circle
A circle of fire down on this hard land
Now even the rain it don't come 'round
Don't come 'round here no more
And the only sound at night's the wind
Slammin' the back porch door
Yeah it stirs you up like it wants to blow you down
Twistin' and churnin' up the sand
Leavin' all them scarecrows lyin' facedown
In the dirt of this hard land
From a building up on the hill
I can hear a tape deck blastin' "Home on the Range"
I can hear them Bar-M choppers
Sweepin' low across the plains
It's me and you, Frank, we're lookin' for lost cattle
Our hooves twistin' and churnin' up the sand
We're ridin' in the whirlwind searchin' for lost treasure
Way down south of the Rio Grande
We're ridin' 'cross that river in the moonlight
Up onto the banks of this hard land
Hey, Frank, won't you pack your bags
And meet me tonight down at Liberty Hall
Just one kiss from you, my brother
And we'll ride until we fall
Well sleep in the fields
We'll sleep by the rivers
And in the morning we'll make a plan
Well if you can't make it stay hard, stay hungry, stay alive if you can
And meet me in a dream of this hard land
giovedì 26 marzo 2009
Ancora una volta, italietta
Qualche tempo fa si parlava di come siamo messi male, qui in Italia.
Dunque, sicuramente tutti quanti avete visto e sentito fino alla nausea la storia dello stupro di San Valentino nel parco della Caffarella, a Roma. Una cosa ignobile.
Vengono individuati due romeni, confessano, poi ritrattano, poi ne lasciano andare uno e tengono dentro l'altro, perchè è brutto, sporco e cattivo. E quindi è colpevole, di sicuro, figuriamoci. Certo, è lui, ovvio, anzi, è stato lui già a Primavalle, al cento per cento.
E quindi il povero Karol Racz, faccia un po' da pugile suonato e chioma rada, se ne rimane dietro le sbarre, e viene additato dalla solita, onnipresente e fastidiosa opinione pubblica come il colpevole. Punto, finito, caso chiuso.
Peccato che le cose non stiano così.
Viene scagionato prima per l'uno e poi per l'altro reato, e giustamente esce di prigione.
Ed ecco che allora, magicamente, la stessa opinione pubblica che gli aveva puntato il dito contro, con la sua brava coda di paglia, comincia a tessere le lodi di questo personaggio, perchè sì, dai, è un bravo ragazzo, l'ho sempre detto io. In men che non si dica, ecco che Karol arriva sulla poltrona di Vespa, magari la stessa che ha ospitato più volte le terga del Presidente del Consiglio, chi lo sa. Lacrime, audience, ricchi premi e cotillons.
Ma non finisce qui. Perchè proprio oggi Filippo La Mantia, chef che piace alla Roma bene, reso fratello di Racz per il fatto di essere stato anche lui in galera ingiustamente (nel 1986), ha pubblicamente offerto un lavoro al Rom, che nel caso farebbe il pane, o i cannoli, o la cassata.
Come si diceva quando eravamo bocia, una fettina di culo col limone no?
Che italietta, gente.
Dunque, sicuramente tutti quanti avete visto e sentito fino alla nausea la storia dello stupro di San Valentino nel parco della Caffarella, a Roma. Una cosa ignobile.
Vengono individuati due romeni, confessano, poi ritrattano, poi ne lasciano andare uno e tengono dentro l'altro, perchè è brutto, sporco e cattivo. E quindi è colpevole, di sicuro, figuriamoci. Certo, è lui, ovvio, anzi, è stato lui già a Primavalle, al cento per cento.
E quindi il povero Karol Racz, faccia un po' da pugile suonato e chioma rada, se ne rimane dietro le sbarre, e viene additato dalla solita, onnipresente e fastidiosa opinione pubblica come il colpevole. Punto, finito, caso chiuso.
Peccato che le cose non stiano così.
Viene scagionato prima per l'uno e poi per l'altro reato, e giustamente esce di prigione.
Ed ecco che allora, magicamente, la stessa opinione pubblica che gli aveva puntato il dito contro, con la sua brava coda di paglia, comincia a tessere le lodi di questo personaggio, perchè sì, dai, è un bravo ragazzo, l'ho sempre detto io. In men che non si dica, ecco che Karol arriva sulla poltrona di Vespa, magari la stessa che ha ospitato più volte le terga del Presidente del Consiglio, chi lo sa. Lacrime, audience, ricchi premi e cotillons.
Ma non finisce qui. Perchè proprio oggi Filippo La Mantia, chef che piace alla Roma bene, reso fratello di Racz per il fatto di essere stato anche lui in galera ingiustamente (nel 1986), ha pubblicamente offerto un lavoro al Rom, che nel caso farebbe il pane, o i cannoli, o la cassata.
Come si diceva quando eravamo bocia, una fettina di culo col limone no?
Che italietta, gente.
mercoledì 11 marzo 2009
Vinicio
Lunedì sera sono andato a vedere Vinicio Capossela, al Teatro Civico di Vercelli.
Uno spettacolo straordinario.
Non vedevo Vinicio dal vivo da Vigevano 2003, concerto cui si era presentato palesemente sbronzo, tanto da sbagliare più volte l'attacco di Ultimo Amore, dimenticarsi le parole per strada e cose del genere. Concerto comunque godibile, va detto.
Ma quello di lunedì è stato un evento meraviglioso. Lo spettacolo iniziava addirittura in strada, con la mangiafuoco e il suo degno compare ad annunciare con un megafono le attrazioni della serata, e poi tutti dentro il teatro, stipati in un caldo disumano.
Dopo l'apripista del trampoliere, due ore e mezza di musica, strumenti, scenografie, numeri di magia, gabbie, intensità, sorrisi, cappelli, travestimenti e maschere, tutto di qualità eccelsa.
Ma quello che mi ha forse stupito di più è stata la sincerità assoluta con cui Vinicio si è posto sul palco, comandando la sua truppa di circensi, uomini lupo e banda della salvezza e sciorinando le sue storie mantenendo altissima l'attenzione del pubblico.
E poi, per le canzoni conclusive, ha preso a caso una coppietta dal pubblico, e l'ha fatta accomodare nella gabbia a centro palco, con tanto di bottiglia di vino. E quando, verso la metà di Ultimo Amore, i due si sono messi a ballare, e in sala è scattato automatico l'applauso, Vinicio si è quasi spaventato, non capendo, e si è voltato a guardare cosa stesse succedendo, per poi sorridere con quella sua faccia da bambino.
Neanche a dirlo, sulla chiusura di All'Una e Trentacinque Circa c'è stata la standing ovation di tutto il teatro, ma è ancora troppo poco.
Uno spettacolo straordinario.
Non vedevo Vinicio dal vivo da Vigevano 2003, concerto cui si era presentato palesemente sbronzo, tanto da sbagliare più volte l'attacco di Ultimo Amore, dimenticarsi le parole per strada e cose del genere. Concerto comunque godibile, va detto.
Ma quello di lunedì è stato un evento meraviglioso. Lo spettacolo iniziava addirittura in strada, con la mangiafuoco e il suo degno compare ad annunciare con un megafono le attrazioni della serata, e poi tutti dentro il teatro, stipati in un caldo disumano.
Dopo l'apripista del trampoliere, due ore e mezza di musica, strumenti, scenografie, numeri di magia, gabbie, intensità, sorrisi, cappelli, travestimenti e maschere, tutto di qualità eccelsa.
Ma quello che mi ha forse stupito di più è stata la sincerità assoluta con cui Vinicio si è posto sul palco, comandando la sua truppa di circensi, uomini lupo e banda della salvezza e sciorinando le sue storie mantenendo altissima l'attenzione del pubblico.
E poi, per le canzoni conclusive, ha preso a caso una coppietta dal pubblico, e l'ha fatta accomodare nella gabbia a centro palco, con tanto di bottiglia di vino. E quando, verso la metà di Ultimo Amore, i due si sono messi a ballare, e in sala è scattato automatico l'applauso, Vinicio si è quasi spaventato, non capendo, e si è voltato a guardare cosa stesse succedendo, per poi sorridere con quella sua faccia da bambino.
Neanche a dirlo, sulla chiusura di All'Una e Trentacinque Circa c'è stata la standing ovation di tutto il teatro, ma è ancora troppo poco.
domenica 8 marzo 2009
Italietta, gay, rumeni e quant'altro
Siamo veramente il Paese di Pulcinella.
Sgombro il campo da dubbi, non sono omofobo ma al tempo stesso non sono uno di quegli ipocriti che dicono "ho un sacco di amici gay simpaticissimi". Ne conosco, come tutti, e sono persone normali, alcuni più simpatici, altri meno interessanti, nè più nè meno.
Però, quando ogni due per tre vedo (e sento) che in Italia c'è qualcuno che deve dire la sua, nascondendosi dietro a un dito e negando che siamo un Paese palesemente omofobo e retrogrado, mi viene un certo prurito alle mani. L'ultimo esempio, sotto gli occhi di tutti, la canzone di Povia a Sanremo, Luca era gay, inquietante seconda classificata del Festival, e premiata pure dalla stampa. Un testo agghiacciante, un significato recondito da far accapponare una pelle, roba che se si incontra Povia per strada per strada viene soltanto voglia di prenderlo a sberle, e poi vediamo se non è lui a fare oh dal male.
Ma la cosa peggiore è che sono abbastanza sicuro del fatto che sia l'italietta che lo ha premiato con il televoto che i giornalisti genuflessi ad adorarlo (non tutti, va detto) si sono comportati così per pulirsi la coscienza in qualche modo, per dire che no, non è vero, a me i gay stanno simpatici, ho un sacco di amici gay, sono sensibili, sì sì, ma poi se tuo figlio dovesse essere omosessuale apriti cielo.
Gli unici a uscire a testa alta da un cul de sac mediatico e ipocrita sono quelli della Gialappa's, che hanno chiesto ai cantanti di andare in scena con un adesivo a forma di triangolino rosa, contro ogni sorta di discriminazione sessuale. Renga, Afterhours e altri hanno aderito, ma c'è purtroppo chi ha detto no, e ci mancava soltanto che si tatuasse in fronte "a me i culattoni fanno schifo". Che italietta.
E nel frattempo, visto che qui si va a mode, adesso è tutto un fiorire di romeni (o rumeni, fate voi) buoni e romeni cattivi: prima stuprano, poi non è vero, poi rubano, poi aprono centri commerciali a roma, poi delinquono, poi si fanno perdonare, e si ricomincia. E, visto che noi, che già non siamo omofobi, vogliamo anche dimostrare che siamo anche i migliori amici di ogni immigrato, anche clandestino, giù di interviste e servizi televisivi, a mettere in scena una realtà inesistente in cui tutto finisce a tarallucci e vino, e anzi, quasi quasi siamo noi italiani che siamo cattivi con gli extracomunitari, e dovremmo vergognarci. Che italietta.
E poi ci lamentiamo, va.
Sgombro il campo da dubbi, non sono omofobo ma al tempo stesso non sono uno di quegli ipocriti che dicono "ho un sacco di amici gay simpaticissimi". Ne conosco, come tutti, e sono persone normali, alcuni più simpatici, altri meno interessanti, nè più nè meno.
Però, quando ogni due per tre vedo (e sento) che in Italia c'è qualcuno che deve dire la sua, nascondendosi dietro a un dito e negando che siamo un Paese palesemente omofobo e retrogrado, mi viene un certo prurito alle mani. L'ultimo esempio, sotto gli occhi di tutti, la canzone di Povia a Sanremo, Luca era gay, inquietante seconda classificata del Festival, e premiata pure dalla stampa. Un testo agghiacciante, un significato recondito da far accapponare una pelle, roba che se si incontra Povia per strada per strada viene soltanto voglia di prenderlo a sberle, e poi vediamo se non è lui a fare oh dal male.
Ma la cosa peggiore è che sono abbastanza sicuro del fatto che sia l'italietta che lo ha premiato con il televoto che i giornalisti genuflessi ad adorarlo (non tutti, va detto) si sono comportati così per pulirsi la coscienza in qualche modo, per dire che no, non è vero, a me i gay stanno simpatici, ho un sacco di amici gay, sono sensibili, sì sì, ma poi se tuo figlio dovesse essere omosessuale apriti cielo.
Gli unici a uscire a testa alta da un cul de sac mediatico e ipocrita sono quelli della Gialappa's, che hanno chiesto ai cantanti di andare in scena con un adesivo a forma di triangolino rosa, contro ogni sorta di discriminazione sessuale. Renga, Afterhours e altri hanno aderito, ma c'è purtroppo chi ha detto no, e ci mancava soltanto che si tatuasse in fronte "a me i culattoni fanno schifo". Che italietta.
E nel frattempo, visto che qui si va a mode, adesso è tutto un fiorire di romeni (o rumeni, fate voi) buoni e romeni cattivi: prima stuprano, poi non è vero, poi rubano, poi aprono centri commerciali a roma, poi delinquono, poi si fanno perdonare, e si ricomincia. E, visto che noi, che già non siamo omofobi, vogliamo anche dimostrare che siamo anche i migliori amici di ogni immigrato, anche clandestino, giù di interviste e servizi televisivi, a mettere in scena una realtà inesistente in cui tutto finisce a tarallucci e vino, e anzi, quasi quasi siamo noi italiani che siamo cattivi con gli extracomunitari, e dovremmo vergognarci. Che italietta.
E poi ci lamentiamo, va.
domenica 22 febbraio 2009
Ciao Candido
Questa mattina se n'è andato Candido Cannavò.
Più di cinquant'anni trascorsi a scrivere per la Gazzetta dello Sport, giornalista, direttore per quasi 20 anni e poi opinionista, e ancora scrittore e, soprattutto, grande appassionato di sport.
La Gazzetta si ama, si critica o si odia, ma quello che è certo è che la simpatia, l'energia e la voglia di fare che Candido è riuscito a esprimere nella sua carriera di giornalista, sia sulle pagine rosa che nelle varie apparizioni televisive, erano davvero uniche.
Ciao Candido, ci mancherai.
Più di cinquant'anni trascorsi a scrivere per la Gazzetta dello Sport, giornalista, direttore per quasi 20 anni e poi opinionista, e ancora scrittore e, soprattutto, grande appassionato di sport.
La Gazzetta si ama, si critica o si odia, ma quello che è certo è che la simpatia, l'energia e la voglia di fare che Candido è riuscito a esprimere nella sua carriera di giornalista, sia sulle pagine rosa che nelle varie apparizioni televisive, erano davvero uniche.
Ciao Candido, ci mancherai.
lunedì 9 febbraio 2009
A tutto c'è un limite
Scrivo queste poche righe a caldo, e onestamente me ne frego del fatto che migliaia di altri blog e di eminenti testate giornalistiche stiano parlando della stessa cosa, meglio o peggio di me.
Intorno alle 20.25 di questa sera Eluana Englaro è morta.
La notizia, immagino, ha invaso le case di tutti gli italiani proprio intorno all'ora di cena, dopo aver masticato la nuova che il Governo era (è) al lavoro per varare un provvedimento in tempi record, dopo aver sentito delle indagini varie ed eventuali alla Quiete di Udine, dopo aver capito che in fondo nemmeno gli schieramenti politici erano in qualche modo contrapposti, perchè all'interno dei singoli partiti c'erano idee e opinioni differenti.
Comunque, si diceva, una corsa contro il tempo del Governo, per trovare un escamotage in grado di fermare il viaggio - imposto - verso la morte di Eluana, per regolamentare la situazione, per evitare che il suo fosse un precedente pericolosissimo.
Va detto, era corsa contro il tempo arrivata tardi in partenza: a un provvedimento del genere bisognava pensare molto tempo fa, invece delle solite balle. Ma tant'è.
Ma ecco che, magicamente, dopo che i dottoroni barbelunghe chiamati in causa avevano prospettato un iter lungo ancora due se non tre settimane, con una progressiva diminuzione di nutrimento e idratazione a Eluana, fino a cessarli del tutto, tac, con un colpo di tosse la ragazza sputa fuori 20 centimetri di sondino; bum, le si cambiano i farmaci con altri simili, per comodità; patapam, le interrompono subito, di botto, cibo e acqua. E, già che ci siamo, la sedano.
Così, nella sola giornata di oggi, sudando freddo di fronte alle frottaglie pro e contro appostate fuori dalla clinica friulana, e pigiando a ripetizione sui tasti del televideo, nella speranza che il Governo facesse un passo falso.
Fino a che, verso ora di cena - che, ricordiamolo, Eluana non ha potuto consumare, perchè lei ha fatto la cattiva, e allora a letto senza cena - arriva la crisi (di che tipo, artefatta o meno, ci verrà detto dopo l'autopsia), e Eluana Englaro se ne va. Nella mia ignoranza, mi viene da dire, con molta meno pace di quella che avrebbe voluto.
Ora, io non voglio dilungarmi sul diritto alla vita e tutto il resto, anche perchè sono del pensiero che nessuno di noi possa parlare in modo razionale di una cosa del genere. Sono in linea di massima favorevolissimo al testamento biologico, ma ripeto, non è questo il momento per discuterne.
Provo un profondo senso di schifo, per la meschinità con cui questa vicenda è stata trattata nelle ultime ore. Provo un grande rammarico, per il solo fatto che esistano dei professionisti capaci di comportarsi in un modo simile. Provo anche vergogna, perchè non esistono ragioni sufficienti a fare una cosa del genere.
Non prendiamoci in giro: hanno sentito il fiato sul collo, hanno capito che il Governo avrebbe potuto fermarli, e hanno concluso le operazioni in fretta e furia. Ma l'hanno fatta sporca.
E a tutto c'è un limite.
Intorno alle 20.25 di questa sera Eluana Englaro è morta.
La notizia, immagino, ha invaso le case di tutti gli italiani proprio intorno all'ora di cena, dopo aver masticato la nuova che il Governo era (è) al lavoro per varare un provvedimento in tempi record, dopo aver sentito delle indagini varie ed eventuali alla Quiete di Udine, dopo aver capito che in fondo nemmeno gli schieramenti politici erano in qualche modo contrapposti, perchè all'interno dei singoli partiti c'erano idee e opinioni differenti.
Comunque, si diceva, una corsa contro il tempo del Governo, per trovare un escamotage in grado di fermare il viaggio - imposto - verso la morte di Eluana, per regolamentare la situazione, per evitare che il suo fosse un precedente pericolosissimo.
Va detto, era corsa contro il tempo arrivata tardi in partenza: a un provvedimento del genere bisognava pensare molto tempo fa, invece delle solite balle. Ma tant'è.
Ma ecco che, magicamente, dopo che i dottoroni barbelunghe chiamati in causa avevano prospettato un iter lungo ancora due se non tre settimane, con una progressiva diminuzione di nutrimento e idratazione a Eluana, fino a cessarli del tutto, tac, con un colpo di tosse la ragazza sputa fuori 20 centimetri di sondino; bum, le si cambiano i farmaci con altri simili, per comodità; patapam, le interrompono subito, di botto, cibo e acqua. E, già che ci siamo, la sedano.
Così, nella sola giornata di oggi, sudando freddo di fronte alle frottaglie pro e contro appostate fuori dalla clinica friulana, e pigiando a ripetizione sui tasti del televideo, nella speranza che il Governo facesse un passo falso.
Fino a che, verso ora di cena - che, ricordiamolo, Eluana non ha potuto consumare, perchè lei ha fatto la cattiva, e allora a letto senza cena - arriva la crisi (di che tipo, artefatta o meno, ci verrà detto dopo l'autopsia), e Eluana Englaro se ne va. Nella mia ignoranza, mi viene da dire, con molta meno pace di quella che avrebbe voluto.
Ora, io non voglio dilungarmi sul diritto alla vita e tutto il resto, anche perchè sono del pensiero che nessuno di noi possa parlare in modo razionale di una cosa del genere. Sono in linea di massima favorevolissimo al testamento biologico, ma ripeto, non è questo il momento per discuterne.
Provo un profondo senso di schifo, per la meschinità con cui questa vicenda è stata trattata nelle ultime ore. Provo un grande rammarico, per il solo fatto che esistano dei professionisti capaci di comportarsi in un modo simile. Provo anche vergogna, perchè non esistono ragioni sufficienti a fare una cosa del genere.
Non prendiamoci in giro: hanno sentito il fiato sul collo, hanno capito che il Governo avrebbe potuto fermarli, e hanno concluso le operazioni in fretta e furia. Ma l'hanno fatta sporca.
E a tutto c'è un limite.
lunedì 2 febbraio 2009
Lavorando su un Sogno
Ormai che io sia un fan sfegatato di Bruce Springsteen lo sanno anche i sassi, inutile stare qui a ricordarvelo.
E quindi era normale che io scaricassi l'infame mp3 del disco nuovo appena questo si è reso disponibile per i soliti canali, salvo poi cancellare il tutto e comprare il cd (nella sua confezione fuori misura, e vabè), perchè non prendiamoci in giro: ascoltare la canzone con i testi davanti, guardare le foto, leggere dediche e ringraziamenti è sempre un qualcosa in più.
Veniamo dunque a una rapida recensione (e tenete presente che ero abbastanza scettico su questo album, che arriva poco più di un anno dopo Magic, non un capolavoro, probabilmente anche per la produzione discutibile di Brendan O'Brien).
Il disco parte con Outlaw Pete, in cui alcuni hanno riconosciuto armoniche alla Morricone e echi di Kiss. E' un pezzo di otto minuti abbondanti, che dal vivo potrebbe anche esondare e arrivare al quarto d'ora: piacevole, bel ritmo, bel testo, niente male. Si inizia bene, insomma.
A seguire, My Lucky Day, già promosso come secondo singolo (dopo la title track). A mio parere, è un rock un po' troppo leggerino, non incide a dovere, anche se ha dei bei momenti. Dopo Working on a Dream, dal testo piacevole ma non memorabile, si arriva a Queen of the Supermarket, che sembra proseguire sulla strada di Girls in Their Summer Clothes: un rock al limite del pop, curato il giusto, non male, unico difettuccio il bip della cassa del supermercato in chiusura di canzone, che forse si poteva evitare. Seguono What Love Can Do e This Life, che al momento non mi hanno colpito nè a livello di testo nè di musica: niente di aberrante, ma le sonorità sono fin troppo pop per i miei gusti, le chitarre impastate, il piano non presente. Ottima invece Good Eye, con un sapientissimo uso del bullet mic, anche se le liriche contano solo nove versi, e buono anche il rock country di Tomorrow Never Knows. E se Life Itself non mi fa impazzire, mi piace molto invece il testo di Kingdom of Days, una riflessione sul tempo che passa e sul condividere la vita. Surprise, Surprise ha un testo ridicolo, ma dal vivo potrebbe diventare una grande festa, quindi non mi esprimo più di tanto, mentre le chicche arrivano proprio allo scadere del tempo: The Last Carnival, dedicata a Danny Federici, è un pezzo di rara delicatezza, intenso e ottimamente arrangiato. E The Wrestler, brano portante della colonna sonora del film omonimo, trova la sua giusta collocazione in chiusura di album, una lunga ballata fatta come si deve.
In definitiva - anche se al momento non credo di averlo ascoltato più di 10-15 volte, siamo appena all'inizio - è un disco migliore di quello che mi aspettassi, con dei buoni momenti, ma che palesa le sue debolezze nella produzione O'Brien (prova ne sia il fatto che i brani che si sentono nel dvd allegato al cd, ancora in fase di registrazione, hanno un suono molto più gradevole), e nella mancanza di un singolo davvero degno di questo nome, un pezzo rock che "spacchi" e con cui si possa aprire i concerti. Ora come ora, mi viene da pensare che aprirà con My Lucky Day o con un pezzo preso da un album più vecchio, il tempo dirà se sbaglio o meno.
Nel frattempo, ieri sera Bruce si è esibito con tutta la band (compresi i Miami Horns) nell'intervallo del Superbowl, e ha regalato al pubblico 12 minuti strepitosi, infilando una dietro l'altra 10th Avenue Freeze-Out, Born to Run, Working on a Dream e Glory Days, tagliando opportunamente una strofa qua e là, per motivi di tempo. Ma al di là della durata dello show, l'energia, l'intensità e l'allegria sono state quelle dei tempi migliori, con tanto di gag con Steve "It's BOSS time!", chitarra roteata intorno al collo e tutto il resto.
Un bel prologo, per il prossimo tour.
E quindi era normale che io scaricassi l'infame mp3 del disco nuovo appena questo si è reso disponibile per i soliti canali, salvo poi cancellare il tutto e comprare il cd (nella sua confezione fuori misura, e vabè), perchè non prendiamoci in giro: ascoltare la canzone con i testi davanti, guardare le foto, leggere dediche e ringraziamenti è sempre un qualcosa in più.
Veniamo dunque a una rapida recensione (e tenete presente che ero abbastanza scettico su questo album, che arriva poco più di un anno dopo Magic, non un capolavoro, probabilmente anche per la produzione discutibile di Brendan O'Brien).
Il disco parte con Outlaw Pete, in cui alcuni hanno riconosciuto armoniche alla Morricone e echi di Kiss. E' un pezzo di otto minuti abbondanti, che dal vivo potrebbe anche esondare e arrivare al quarto d'ora: piacevole, bel ritmo, bel testo, niente male. Si inizia bene, insomma.
A seguire, My Lucky Day, già promosso come secondo singolo (dopo la title track). A mio parere, è un rock un po' troppo leggerino, non incide a dovere, anche se ha dei bei momenti. Dopo Working on a Dream, dal testo piacevole ma non memorabile, si arriva a Queen of the Supermarket, che sembra proseguire sulla strada di Girls in Their Summer Clothes: un rock al limite del pop, curato il giusto, non male, unico difettuccio il bip della cassa del supermercato in chiusura di canzone, che forse si poteva evitare. Seguono What Love Can Do e This Life, che al momento non mi hanno colpito nè a livello di testo nè di musica: niente di aberrante, ma le sonorità sono fin troppo pop per i miei gusti, le chitarre impastate, il piano non presente. Ottima invece Good Eye, con un sapientissimo uso del bullet mic, anche se le liriche contano solo nove versi, e buono anche il rock country di Tomorrow Never Knows. E se Life Itself non mi fa impazzire, mi piace molto invece il testo di Kingdom of Days, una riflessione sul tempo che passa e sul condividere la vita. Surprise, Surprise ha un testo ridicolo, ma dal vivo potrebbe diventare una grande festa, quindi non mi esprimo più di tanto, mentre le chicche arrivano proprio allo scadere del tempo: The Last Carnival, dedicata a Danny Federici, è un pezzo di rara delicatezza, intenso e ottimamente arrangiato. E The Wrestler, brano portante della colonna sonora del film omonimo, trova la sua giusta collocazione in chiusura di album, una lunga ballata fatta come si deve.
In definitiva - anche se al momento non credo di averlo ascoltato più di 10-15 volte, siamo appena all'inizio - è un disco migliore di quello che mi aspettassi, con dei buoni momenti, ma che palesa le sue debolezze nella produzione O'Brien (prova ne sia il fatto che i brani che si sentono nel dvd allegato al cd, ancora in fase di registrazione, hanno un suono molto più gradevole), e nella mancanza di un singolo davvero degno di questo nome, un pezzo rock che "spacchi" e con cui si possa aprire i concerti. Ora come ora, mi viene da pensare che aprirà con My Lucky Day o con un pezzo preso da un album più vecchio, il tempo dirà se sbaglio o meno.
Nel frattempo, ieri sera Bruce si è esibito con tutta la band (compresi i Miami Horns) nell'intervallo del Superbowl, e ha regalato al pubblico 12 minuti strepitosi, infilando una dietro l'altra 10th Avenue Freeze-Out, Born to Run, Working on a Dream e Glory Days, tagliando opportunamente una strofa qua e là, per motivi di tempo. Ma al di là della durata dello show, l'energia, l'intensità e l'allegria sono state quelle dei tempi migliori, con tanto di gag con Steve "It's BOSS time!", chitarra roteata intorno al collo e tutto il resto.
Un bel prologo, per il prossimo tour.
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