Cose buone, cose meno buone, ma sempre "cose buone" lungo la strada.
In questo video, fatto in pochi minuti, qualche polaroid dell'anno che finirà tra poche ore (alla faccia dei Maya)... Foto scattate con il telefonino, sgranate, sfocate, casuali, che ritraggono perfettamente alcune delle good things di questo 2012.
Per chi ha già ricevuto la mia tradizionale compilation natalizia, e per chi dovesse ancora riceverla, eccovi la tracklist:
1. Wilco - Misunderstood (live)
2. Jesse Malin - Burning The Bowery
3. Dropkick Murphys - The State of Massachussets (live)
4. Lowlands - Hail Hail
5. Mumford & Sons - I Will Wait (live)
6. Bryan Adams - Summer of '69 (bare bones live)
7. Keith Richards, Ryan Adams & Willie Nelson - Dead Flowers (live)
8. Riccardo Maffoni - Le circostanze di Napoleone
9. Roberto Diana - If You Are Happy
10. Johnny Cash - The Man Comes Around
11. Elvis Presley - Always On My Mind
12. Bruce Springsteen & The E Street Band - Incident on 57th Street (live)
13. Tom Petty & The Heartbreakers - American Girl (live)
14. Miami & The Groovers - We're Still Alive
15. The Gaslight Anthem - Here's Looking At You, Kid (live)
16. Ben Harper - Burn One Down / With My Own Two Hands
17. The Replacements - Left Of The Dial
Come vedete, ci sono un po' di live sporchi e qua e là alternativi, altre versioni da studio... Godetevela, e buon Natale.
Lo sapete tutti, pochi giorni fa in una scuola del Connecticut sono stati uccisi 20 bambini.
La storia è un'ennesima fotocopia, un pazzo armato fino ai denti che apre il fuoco, con le conseguenze che conosciamo.
E tutti giù a dire che non si può andare avanti così, che negli USA a momenti si comprano le armi al supermercato, varie, eventuali, come se la colpa fosse della nazione in sè, e non dei pazzi che vanno a sparare nelle scuole.
Poi, forse per radio, ho sentito una domanda: perchè nelle scuole non ci sono i metal detector con le guardie armate?
Ora, a parte il fatto che credo che almeno in alcune scuole effettivamente ci siano, mi è venuto un dubbio: qual è il posto dove sicuramente ci sono le doppie porte blindate, i metal detector, e probabilmente anche le guardie armate?
Domani sera, sabato 1 dicembre, alle 21.30, salirà sul palco del Glu Glu Club - Birrificio BSA il grande Riccardo Maffoni (vincitore, tra l'altro, dei Festival di Castrocaro e Sanremo).
Una serata imperdibile, in compagnia di un cantautore italiano di grandissimo livello.
Avrò l'onore e il piacere di suonare 4 o 5 pezzi prima di lui, non mancate!
Per tutte le informazioni www.birrificiobsa.com e www.riccardomaffoni.it
Domenica scorsa, mentre l'eminente Emilio Fede presentava il suo partito in un teatro deserto, ci sono state le Primarie del PD.
Lasciando da parte i rimasugli di Camusso, Tabacci e Vendola, la kermesse aveva la scusa di decretare il candidato Premier di centro-sinistra, tra l'antico Bersani e il rottamatore Renzi.
Lo dico subito: non sono andato a votare.
Primo, perchè credo sia l'ennesimo tentativo di imitare un modello americano, e andrebbe bene se anche il centro-destra ne facesse uso con criterio (invece, sono dichiarazioni della Meloni, potrebbe tranquillamente esserci un vincitore delle Primarie e un altro candidato Premier, non si capisce con quale logica).
Secondo, la storia dei 2 euro. In pratica, chiunque volesse avere il diritto di voto (?) avrebbe dovuto versare un obolo di 2 euro, per finanziare tutto l'ambaradan, perchè essendo votazioni "private", non sono supportate dallo Stato. Rimane il fatto, però, che sarebbero stati comunque 2 euro, anche se a votare fossero andati solo in 10 persone. Invece sono stati circa 3 milioni. Il che vuol dire 6 milioni di euro incassati. Finiti nelle tasche della solita masnada di personaggi.
Sono un fan della buona musica, e questo penso ormai lo abbiate capito.
Sono un fan di chi si esibisce sugli enormi palchi degli stadi, ma anche (e forse di più) di chi sta stretto sul palchetto di pub, birrerie, locali sparsi qua e là, sudando rock e passione.
Ci sono tante piccole band che non usciranno mai dalla stanzetta in cui provano, altre che gireranno i soliti tre locali, altre che diventeranno una sorta di local hero che passa e va, e, finalmente, qualcuno che ce la fa, e che se non riesce a campare di sola musica, almeno ottiene delle belle soddisfazioni.
E poi, bè, ci sono le volte in cui ti guardi intorno e non capisci.
Non capisci perchè i sedicenti promoter, o i gestori - pardon, direttori artistici - dei suddetti pub e birrerie - lasciando a casa ogni possibile professionalità, prima di tutto chiedono alla band quanta gente porteranno alla loro serata, e poi tirano orrendamente sul prezzo, non rispettando il fatto che i musicisti, anche quelli più scalcagnati, si sobbarcano:
- prove
- km in auto per raggiungere il locale
- carico e scarico degli strumenti
- pubblicità, passaparola, tempo impiegato su internet o chissà dove altro a promuovere l'evento
Tutto questo senza contare che ci sarà poi il soundcheck e un paio d'ore di concerto.
Non capisci perchè quegli stessi promoter e direttori artistici promettano alla band una data, la fissino, la pubblicizzino, raccolgano adesioni per la stessa, e poi, con una scusa dell'ultimo minuto, la cancellino.
Non capisci perchè sempre quelle stesse persone continuino a chiamare cover band, tribute band, karaokisti e compagnia cantante, però poi siano tutti pronti a dire che la musica originale, eh, quella è un'altra cosa.
Non capisci perchè dalle piccole città, sempre gli stessi grandi conoscitori della musica si ostinino a chiamare un oscuro gruppo milanese, per il semplice fatto che viene dalla grande città, senza contare il fatto che chissenefrega di dove vieni, l'importante è quello che sai fare.
Non capisci perchè invece di avere un po' di coraggio e di investire sulle piccole grandi band, si preferisca puntare sui DJ Set, dove arriva il ragazzino di turno con l'iPad e poco altro, mette su qualcosa mixato malamente, e va bene così.
Non capisci perchè non si cerchi di educare in qualche modo le persone ad ascoltare la musica, a capire le parole, a cercare di andare oltre.
Non capisci perchè le riviste e i siti internet specializzati recensiscano in modo positivo anche i grandi album delle piccole band, ma poi la gente ascolti sempre gli stessi "prodotti" delle grandi case discografiche. Anzi, quello lo capisci: finchè ci saranno sempre i vari linusenicolasavino a propinare, con la loro ignoranza atavica, le stesse cose, bè, il grande pubblico ascolterà quelle.
C'è qualche piccola eccezione, in questo panorama desolato, ci sono dei locali, dei club, in cui si dà spazio alla musica vera, e si crede nelle piccole band. Ma sono pochi, sono delle eccezioni, dei dinosauri, degli anacronismi, che resistono al tempo che passa malamente.
Ci sono invece tante band, tanti cantanti, tanti cantautori, che meritano molto più successo di quello che hanno: i Miami & The Groovers, i Lowlands, i Cheap Wine, i Mandolin Brothers, Riccardo Maffoni, Daniele Tenca, Cesare Carugi e tanti altri. Quando sentite o leggete questi nomi, e non solo questi, non preoccupatevi di dove suonano: andateli a sentire, e godetevi la serata. Non capirete comunque il perchè di tutte le domande sopra elencate, ma sentirete della musica come si deve, nei locali giusti.
Scritto tutto maiuscolo perchè se lo meritano.
Ieri i Gaslight Anthem hanno suonato all'Alcatraz di Milano, davanti a circa 1500 persone, 1 ora e 45 minuti di energia pura.
Preceduti dai dimenticabili Plan De Fuga, Brian Fallon e compagni hanno tenuto un ritmo altissimo per tutta la durata del concerto, praticamente senza pause, nell'entusiasmo generale.
Inizio soft con Mae, dall'ultimo album, subito seguita da un'energica The '59 Sound, per poi proseguire tra vecchi e nuovi successi, fino allo strepitoso finale di set con Drive, Too Much Blood, Kid e Backseat.
In chiusura di show, un'agguerrita American Slang e una bellissima versione di Great Expectations... Insomma, uno show di altissimo livello, con Brian a chiacchierare e interagire con il pubblico, anche meglio dello scorso anno.
Se ve li siete persi, non fateveli scappare la prossima volta.
Setlist:
1. Mae 2. The '59 Sound 3. Handwritten 4. Old White Lincoln 5. 45 6. Here Comes My Man 7. I'da Called You Woody, Joe 8. Angry Johnny and the Radio
9. Film Noir 10. Howl 11. Casanova, Baby! 12. Miles Davis and the Cool 13. Keepsake 14. Blue Dahlia 15. The Queen of Lower Chelsea 16. Drive 17. Too Much Blood 18. Here's Looking at You, Kid 19. The Backseat
20. She Loves You 21. Mulholland Drive 22. 1930 23. American Slang 24. Great Expectations
p.s. la foto là in alto è dell'amico Massimiliano Zolo.
Ormai lo sapete - purtroppo - tutti, il Signor B., coerente e lineare come sempre, è tornato sui suoi passi, e con il cuore in mano, sfruttando il solito mezzo televisivo, ci ha detto che sarà costretto a rimanere in politica, perchè non può lasciarci in mezzo al disastro in cui siamo, perchè bisogna far cadere il governo Monti, e, soprattutto, perchè bisogna riformare la giustizia, affinchè a nessuno accada quello che è successo a lui.
Non so a voi, ma a me fa pena. Vederlo lì tutto gonfio, liftato, botulinizzato, con le sopracciglia che sembrano i baffi di Groucho Marx, i capelli con l'etichetta Made In China ancora attaccata, che spara sentenze senza più avere nessuno che gli dà retta... I deliri di un povero vecchio, che cerca inutilmente di rimanere giovane.
Il punto è che il Signor B., uno che alla politica e al popolo tiene davvero, qualche tempo fa si era riunito con l'arzillo Monti, barattando la sua uscita di scena con la piena assoluzione dagli innumeri processi a suo carico. Peccato che il giochetto non sia - meno male! - riuscito, e quindi ecco che tenta il colpo di coda con l'ennesima boutade televisiva.
Sempre più triste, e sempre più senza ritegno.
Che poi, a ben guardare, è la situazione in sè ad essere triste.
Le primarie del PD ci saranno, e sembra una lotta a due tra Renzi e Bersani, con tutti a inneggiare al giovane fiorentino.
Spero che qualcuno si accorga che, a livello di campagna elettorale, Renzi sta facendo la stessa identica cosa che aveva fatto il Signor B. vent'anni fa: sta copiando il modello americano. Obama si arrotola le maniche della camicia? E Renzi pure. Obama va in giro in treno? E Renzi in camper. Obama ha come colori il rosso e il blu? E Renzi anche. C'è una piccola differenza, Obama ha un programma elettorale, Renzi no. Niente, il vuoto assoluto, rappresentato da un "rottamiamo", che va bene, siamo d'accordo, bisogna mandare a casa i vecchi barbelunghe, ma poi? Del programma di governo neanche l'ombra.
Il neopopulista PDL non vuole essere da meno, annuncia le sue primarie, cui, pare, dovrebbero essere candidati Alfano, Santanchè, Galan, Meloni e qualche altro illustre personaggio.
Bisogna commentare? Non credo.
La situazione è drammatica, e chi non dovrebbe, parla a sproposito.
Venerdì sera ero al Teatro della Concordia di Venaria, a vedere i Wilco.
Conosco da molto tempo la band di Chicago, ma per un motivo o per l'altro era solo la seconda volta in cui andavo a un loro show (dopo averli visti a Milano in primavera).
Un plauso va fatto agli Hazey James, opening act davvero robusto, che hanno aperto le danze per le due ore e mezza di Jeff Tweedey e compagnia, show senza una sbavatura, compatto e coinvolgente, con lo stesso Jeff a scherzare e a dialogare con il pubblico in modo molto sciolto e divertito.
Apertura con Misunderstood, bis iniziati con una versione straordinaria di Via Chicago, chiusura con Hoodoo Voodoo (con tanto di roadie a torso nudo sul palco)... Show davvero eccezionale.
Se mai ci dovessero essere dei dubbi, credo che la scaletta li spazzi via in modo definitivo.
01 - Misunderstood 02 - Art of Almost 03 - Standing O 04 - I Am Trying to Break Your Heart 05 - I Might 06 - Sunken Treasure 07 - Born Alone 08 - Laminated Cat (aka Not For The Season) 09 - Impossible Germany 10 - Shouldn't Be Ashamed 11 - Jesus, Etc. 12 - Whole Love 13 - Handshake Drugs 14 - War On War 15 - I'm Always In Love 16 - Heavy Metal Drummer 17 - Dawned On Me 18 - Hummingbird 19 - Shot in the Arm 20 - Via Chicago 21 - Passenger Side 22 - California Stars 23 - Hate It Here 24 - Walken 25 - I'm the Man Who Loves You 26 - Monday 27 - Outtasite (Outta Mind) 28 - Hoodoo Voodoo
Il nuovo lavoro in studio dei Lowlands, Beyond, si è fatto aspettare.
Sono passati circa due anni dalla pubblicazione del disco precedente, Gypsy Child, e nel frattempo nella band pavese sono successe molte cose: la sezione ritmica è completamente cambiata, non c'è più il violino, è uscito il disco "scozzese" (Fathers & Sons), l'EP per il Record Store Day e poi l'album "a km zero" dedicato a Woody Guthrie (Better World Coming), senza dimenticare che il chitarrista, Roberto Diana, ha da poco dato alle stampe il suo disco solista (Raighes Vol. 1)... Insomma, i ragazzi non sono stati fermi.
E nel frattempo Beyond, registrato quasi un anno fa (e prodotto da Joey Huffman), è cresciuto, è maturato, ha attraversato varie fasi di mixaggio e ripensamenti, e alla fine è venuto alla luce, la scorsa settimana.
Valeva la pena di aspettare? Sì, senza alcun dubbio.
Perchè Beyond è un disco maledettamente rock, che ti aggredisce con i 90 secondi psichedelici di Angel Visions per poi passare all'inno Hail Hail, in cui si notano ulteriori segni di una rinascita della band, con il finale che recita "the world had changed and so had I".
Una batteria quasi Clash apre Lovers & Thieves, pezzo fondamentale dell'album, una presa di posizione dura e salda contro gli opportunisti, che trova in qualche modo il suo controcanto, qualche traccia più tardi, in Homeward Bound, canzone più intima e acustica, che sembra quasi giustificare alcune delle scelte fatte lungo la strada.
Prima di arrivare alla riflessiva title track, ci sono i sei minuti abbondanti di Down On New Street (in cui suonano, tra gli altri, Joey Huffman e Slo-Mo Brenner), brano dallo straordinario tappeto musicale, a metà tra i ricordi e le speranze nel futuro.
Il disco si chiude guardando avanti, con Keep On Flowing, pezzo in cui emerge in modo abbastanza chiaro la fine di qualcosa e l'inizio di qualcos'altro, ma soprattutto la volontà di proseguire, senza soffermarsi troppo su lividi e cicatrici, ma continuando a scorrere, come un fiume verso il mare.
Da sottolineare il grande lavoro al basso e alla batteria di "Rigo" Righetti e Robby Pellati, in aggiunta al nucleo dei Lowlands, formato da Edward Abbiati (voce e chitarre), Roberto Diana (chitarre e cori) e Francesco Bonfiglio (pianoforte e tastiere), senza dimenticare i vari ospiti e alcuni degli "ex" Lowlands.
Anche solo dopo un paio di ascolti, risulta chiaro che Beyond è stato scritto con la calma necessaria, ed è scritto, suonato, cantato e prodotto benissimo. L'apertura punk potrebbe spiazzare, ma è la dichiarazione definitiva che qualcosa è cambiato, e che si va avanti, anche se in modo un po' diverso.
Beyond è un disco da non perdere, da comprare e poi ascoltare più volte, notando come e quanto cresca ascolto dopo ascolto, pezzo dopo pezzo.
Magari riflettendo un attimo su come i grandi dischi non vengano solo da lontano, ma anche da molto vicino a noi.
Per maggiori informazioni visitate il sito ufficiale dei Lowlands.
In coda a quanto scritto ieri, sulla condanna di Sallusti.
Viene fuori che non sarebbe Sallusti a nascondersi dietro lo pseudonimo di Dreyfus, ma l'onorevole (?) Renato Farina, già noto come Betulla.
Non solo: dietro al suo falso nome, Farina non esprimeva un'opinione sua, ma distorceva la realtà dei fatti. Il giudice infatti non aveva condannato la minorenne all'aborto, ma lo aveva "soltanto" autorizzato, dopo la richiesta dei genitori, seguendo la legge, giusta o sbagliata che sia.
Rimane il fatto che i 14 mesi di carcere se li prende Sallusti, e non il Betulla.
Ieri Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale, si è visto confermare dalla Cassazione i 14 mesi di carcere - senza condizionale.
Perchè?
Nel febbraio 2007, Sallusti ha firmato con uno pseudonimo un articolo per Libero ("Il giudice ordina l'aborto. La legge più forte della vita", scaricabile qui) in cui in buona sostanza raccontava la storia di una ragazzina tredicenne rimasta incinta, di come la famiglia si sia rivolta alla giustizia (?) per risolvere la questione, con buona pace del magistrato che avrebbe decretato l'aborto obbligatorio.
Però poi viene fuori che le cose non stavano proprio così, che di fatto l'articolo era fasullo, e di lì l'accusa di diffamazione nei confronti del magistrato.
Cose che capitano, e che tante volte finiscono con una querela, una multa e del tempo perso.
Questa volta, invece, dopo 5 anni e mezzo, si è arrivati alla condanna definitiva a 14 mesi di reclusione, sentenza contro cui, giustamente, si schiera mezzo Paese.
Ora, al di là del fatto che l'esecuzione della pena sia attualmente sospesa, e che Sallusti nel prossimo mese potrà chiedere misure alternative (servizi sociali, semilibertà, arresti domiciliari e via dicendo), la cosa del tutto senza senso è che il buon Giorgio Napolitano abbia detto che "il Quirinale esaminerà con attenzione la sentenza", e questo dopo che Sallusti ha detto più volte di non voler chiedere la grazia.
Quindi, in pratica, il Presidente interviene a gamba tesa così, quando gli gira, fregandosene del lavoro (anche sbagliato, certo) di giustizia e magistrati? Non funziona così.
Ora, ci sono poche cose che mi infastidiscono più di andare a Milano, per di più in macchina, ma se ci aggiungiamo una pioggia torrenziale e la totale impossibilità di parcheggiare (oltre all'incapacità generale alla guida del milanese medio) abbiamo più o meno un quadro completo.
Ma non finisce qui.
Sono partito intorno alle 13, e ci ho messo un quarto d'ora buono a uscire dalla città, perchè a quell'ora tutti i bimbi e ragazzini escono dalle scuole, ci sono due gocce di pioggia, e allora non sia mai che gli si bagni l'iPhone nuovo presogli per la comunione, e allora ecco che tutti i genitori accatastano le auto dove capita, provocando ingorghi senza senso, in ogni strada possibile.
Poi, la pioggia. Tra Novara e Magenta diluviava, un muro d'acqua. E l'asfalto dell'autostrada, quella stessa autostrada che ogni anno si fa pagare sempre più cara, non drenava niente. Sembrava di andare sul ghiaccio. Con i camion - a occupare almeno due corsie, ovvio - che buttavano acqua da tutte le parti. Risultato, velocità di punta intorno agli 80 all'ora. In autostrada, ripeto.
Arrivato poi a Milano, assalito dallo smog e dall'inesistente ospitalità della città, appena ci si avvicina al centro ci si trova nell'assenza assoluta di parcheggi. Di quelli bianchi neanche a parlarne, un paio di quelli blu, e tutti gli altri gialli. Con conseguente perdita di tempo, bla bla bla.
In pratica, andare in macchina (a Milano nello specifico, ma ormai la cosa è sempre più generale) fa buttare via un sacco di soldi, e perdere un sacco di tempo.
Ma forse anche noi non vogliamo che ci si bagni l'iPhone, anche se non ce l'abbiamo, e non capiamo mai.
E fu così che sabato scorso i miei amici Manu e Ceci si sposarono.
E' inutile girarci tanto intorno, di solito i matrimoni sono una noia mortale, una giornata intera con tempi troppo lunghi e pause infinite, che portano a inevitabili sbadigli, con i più che si trascinano fino alla consegna delle (spesso orride) bomboniere, pianobaristi di terza categoria, cibo abbondante ma mediocre, trenini sfilacciati, applausi finti, varie, eventuali, con il ritorno a casa che sembra ormai una via di mezzo tra un miraggio e un miracolo.
Ma questo è stato diverso.
Va detto, ho avuto la fortuna anche in passato (più o meno un anno fa, poi a giugno 2012, ma anche in altre occasioni) di partecipare a matrimoni divertenti, alle volte capita.
Sono arrivato in loco già venerdì sera, che l'ultima pizza - e qualche birretta, via - con lo scapolo e i vecchi amici non si rifiuta mai, soprattutto quando poi si rimane svegli fino a tarda ora a chiacchierare e giocare alla playstation.
Senza contare il fatto che poi il mattino dopo, intorno alle 9, facevamo colazione con cornetti appena sfornati e una birretta, giusto per sgrassare e prepararci alla giornata.
Giornata che è poi andata alla grande, dalla cerimonia in chiesa alla fuga degli sposi in Vespa (senza casco, ovvio), dall'aperitivo al pranzo, passando poi agli amari e all'open bar, tutto mentre i trenini su Maracaibo e compagnia bella erano reali e non finti come quelli descritti prima, con sorella e mamma dello sposo ad alternarsi al karaoke nel visibilio generale (mentre il papà dello sposo si intratteneva con chupiti vari insieme ai maschietti della compagnia), fino alla schitarrata da spiaggia finale, ben dopo la mezzanotte, i saluti, gli abbracci, fino alla prossima volta.
Le Olimpiadi 2012 sono quasi alla fine, domenica ci sarà la cerimonia di chiusura.
Come sempre, è curioso notare come riusciamo, nel corso di appena due settimane, ad appassionarci a sport mai seguiti prima, e che mai guarderemo dopo, noi poveri piccoli figli del pallone rotondo e di poco altro.
Archiviati gli Europei, questi Giochi, complice anche un fuso orario favorevole e una copertura eccellente garantita da Sky (con buona pace del buon Bragagna, che merita comunque un plauso per l'immensa cultura e capacità) sono stati molto più coinvolgenti rispetto a quelli di quattro anni fa, e quindi ecco che tutti ci siamo messi a guardare la ginnastica artistica, il dressage, la pallanuoto, il pugilato, la BMX, ogni possibile specialità di nuoto e tuffi, e via dicendo.
Finchè, bè, la frittata.
L'italianissimo Alex Schwazer viene trovato positivo all'EPO, a poche ore dalla sua partenza per Londra, per i 50km di marcia in cui avrebbe potuto replicare l'oro di Pechino.
Ora, lasciamo perdere il fatto che la marcia, con tutto il rispetto, sia uno sport noiosissimo da guardare in tv, e quindi posso immaginare quanto possano essere esaltanti gli allenamenti. Con tutta probabilità non è uno sport ricco, nel senso che la medaglia d'oro di Schwazer, come bonus e sponsor, vale forse un centesimo di quella di Bolt, e nemmeno è uno sport che si può praticare molto a lungo, perchè ginocchia, caviglie, tendini e tutto il resto presentano il conto presto.
Ma in Italia, ricordiamolo, abbiamo questa grande tradizione di fare gli sportivi mascherandoci da carabinieri, finanzieri e via dicendo, per cui uno stipendio assicurato, a spese dello Stato, c'è. E vabè, non proseguo oltre su questo discorso.
Dicevamo, il buon Schwazer si allena per dieci mesi, 7 giorni su 7, macinando un km dietro l'altro, dopodichè, probabilmente per la paura di non essere più quello di quattro anni fa, fa ciao con la manina a Carolina, prende un aereo per la Turchia, entra in una farmacia turca, compra 1500 euro di EPO, torna a casa, sposta i Kinder Pinguì (che lui di cioccolato se ne intende) e piazza lì la droga, spacciandola per vitamina B12 alla stessa Carolina.
In pratica, cos'è l'EPO? E' un ormone che fa produrre un maggior numero di globuli rossi, aumentando il trasporto di ossigeno ai tessuti. Il sangue diventa più denso e si fa meno fatica, e infatti è utilizzato dagli sportivi di resistenza, in primis i ciclisti.
Tornando a bomba: Schwazer di fatto sceglie un suicidio sportivo, sapendo benissimo che ci sarebbero stati dei controlli prima della partenza per Londra, a cui non si sarebbe potuto sottrarre.
Carriera finita, gogna mediatica, dimissioni dalla Finanza, eccetera eccetera, e noi tutti indignati, che no, così non si fa, eh già.
Nel frattempo però, proseguiva l'ennesimo capitolo di Calciopoli, con le solite condanne, radiazioni, sospensioni, penalizzazioni e compagnia cantante, ormai lo sanno anche i sassi che le partite di pallone si comprano e si vendono a tutto spiano, perchè fa comodo e perchè i giri di scommesse hanno raggiunto cifre folli.
Ma noi, poveri ebeti, continuiamo a venerare il dio pallone, perdonandogli tutto, perchè ci fa comodo così e perchè non potremmo mai sopportare di rimanere senza le partite in tv.
Schwazer, oh bè, capita solo ogni quattro anni, e della marcia in tv ce ne freghiamo.
Il 14 luglio di 100 anni fa, nasceva Woody Guthrie.
A molti - purtroppo - il nome dirà poco e niente, ma Woody rappresenta certamente le radici e l'essenza della musica folk americana (insieme a Pete Seeger, Alan Lomax e pochi altri), che molti, da Bob Dylan a Bruce Springsteen a tanti altri hanno ben presente.
Come alcuni dei grandi nomi sui grandi palchi, così anche i Lowlands, band con baricentro pavese di cui ho già avuto modo di parlare in passato, hanno spesso rovistato nel loro repertorio proponendo dal vivo cover di Woody, con Lonesome Valley diventata ormai quasi una canzone fissa delle scalette degli ultimi due anni.
Dalla passione per Guthrie e per la sua musica è nato proprio "Better World Coming: Lowlands & Friends play Woody", 11 pezzi (più i due bookends di This Land Is Your Land) registrati in studi, cucine, garage, rimesse, fattorie, senza la fretta del disco necessario ma con la voglia di dare ancora una volta voce alle grandi canzoni del passato. Non c'è sezione ritmica, oltre al capitano Ed Abbiati ci sono Roberto Diana alla chitarra (ma non solo: suona qualsiasi strumento a corde conosciuto) e Francesco Bonfiglio al pianoforte, ma ai Lowlands si sono aggiunti poco per volta gli amici incontrati negli anni on the road, da Magenta a Vigevano, e il risultato è un disco - tutte prime o seconde take, nessun tipo di editing - vivo e pulsante, che si muove e respira sulle strade polverose dell'Oklahoma e del confine tra Messico e Stati Uniti, senza tempo.
I Ain't Got No Home scivola rabbiosa e senza speranza, Better World Coming è dura, nuda e livida, Hard Travelin' tira fuori l'anima di tutti i musicisti coinvolti, ma il capolavoro del disco è molto probabilmente Deportee: l'ambiente sembra quello di un fuoco, con la polvere negli stivali, le tazze colme di caffè e una chitarra, con le voci che si alternano nelle strofe, dietro ai fantasmi degli immigranti.
Better World Coming non si trova nei negozi di dischi, è disponibile solo acquistandolo direttamente dai Lowlands, sul loro sito ufficiale. Meglio non lasciarselo scappare, ne sono state stampate solo 1000 copie.
Dunque, la scorsa settimana ero a Londra prima e a Dublino poi.
Ancora una volta, il fatto che in quei giorni, proprio in quelle due città, suonasse tale Bruce Springsteen era una palese coincidenza.
Ma veniamo a noi.
Al di là dei concerti in sè, la cosa curiosa da vedere e in qualche modo analizzare è stata la differenza del pubblico, e degli organizzatori.
A Londra era piovuto parecchio per tutta la settimana, tanto che l'Hard Rock Calling continuava a mandare mail rassicurando i possessori del biglietto che il festival ci sarebbe stato, consigliando di non indossare infradito o tacchi alti, e sottolineando di aver sparso 8mila metri cubi di legnetti sul fondo di Hyde Park, per evitare che questo si trasformasse in un assoluto pantano.
Arrivo a Hyde Park, sotto un cielo plumbeo tendente al nero, verso le 16, e vengo subito assalito da un fetore di marcio. I famosi legnetti staranno anche facendo il loro lavoro, ma l'odore è davvero tremendo. Per fortuna il peggio passa dopo aver passato allo scanner il codice a barre del biglietto (mica lo strappano più, nè), e quando il tempo peggiorerà, i miei piedi si salveranno grazie a un paio di sacchetti di plastica e un paio di elastici, che non c'erano vù cumprà con gli stivali di gomma a ogni angolo (in Italia si sarebbero moltiplicati in 5 minuti, vendendo i calzari a almeno 20 euro).
Mentre volge verso la fine l'esibizione di Lady Antebellum, vado a prendere un paio di birre nello stand apposito, con fila ordinata (e non a imbuto, prerogativa italiana e in parte spagnola). Peccato che la gentilissima signorina si sbagli, e mi dia invece del sidro. Dopo averne bevuto un sorso e aver realizzato, torno indietro - dalla parte sbagliata della fila, badate bene - l'addetto alla sicurezza capisce che devo cambiare le birre, mi fa passare, spiego il qui pro quo a un'altra signorina, che non fa una piega, prende il sidro, mi dà la birra, si scusa per la cosa, tutti contenti. Come in Italia, uguale.
Suona John Fogerty (con un gigantesco Kenny Aronoff), il pubblico non è giovanissimo e praticamente impagliato, oltre che leggerissimamente stipato e dedito in modo quasi fastidioso ad andare avanti e indietro per recuperare la birra (o il sidro, chi lo sa). Nella mezzora prima che cominci Springsteen lo spazio vitale diminuisce ancora, e quando lo show comincia, con una straordinaria Thunder Road solo voce e piano, nella zona dove sono non c'è praticamente reazione. Ci sarà qualche timido accenno di vita dopo un paio d'ore, su Born in the U.S.A. (e qui mi viene da pensare che il pubblico inglese, oltre che ignorante, è rimasto ancora invischiato nell'equivoco della bandiera a stelle e strisce) e praticamente basta. Poi, a fine concerto, arriva Paul McCartney, voglio dire, quella è roba loro, è pure baronetto, fa un'eccelsa I Saw Her Standing There con Springsteen, e niente, tutti impagliati. Twist & Shout, e sul finale di Twist & Shout gli organizzatori spengono il volume, che è tardi e c'è il coprifuoco (alle 22.40???), Springsteen è costretto a salutare con il microfono spento, che non gli accendono neanche il suo per fare ciao, e niente, nessuno reagisce. Da noi ci sarebbe stata la rivoluzione. Scomposta, volgare, inutile, ma ci sarebbe stata. E vabè.
A Dublino, bè, a Dublino è stata un'altra storia. Al di là della città, che trovo molto più a misura d'uomo e anni luce più accogliente di Londra, pubblico e organizzazione sono impagabili. Se la prendono tutti con calma, roba che il pit alle 18.55 (il concerto dovrebbe iniziare alle 19, inizierà poi alle 19.30 circa entrambe le sere) è ancora mezzo vuoto, e anche quando si riempirà, ci sarà tutto lo spazio per respirare, ballare, stare larghi, e se per caso qualcuno ti urta, ti chiede scusa, subito.
Springsteen inizia lo show con un ampio riferimento a quanto accaduto a Londra, accende un enorme interruttore sul palco, "before we were so rudely interrupted", e finisce Twist & Shout. Già da lì il pubblico va in delirio, e continuerà per tutto il concerto, cantando ogni singolo pezzo e facendo silenzio sui brani più lenti. My Hometown, Rosalita, la scenetta con i finti bobbie e sindaco che cercando di spegnere l'interruttore, American Land sono solo alcuni dei momenti in cui la folla è impazzita, ma per tutte le tre ore e passa di musica il livello è stato altissimo.
Il giorno dopo, altro giro altro concerto. E la security, udite udite, distribuiva biscotti a chi era in fila per entrare. Non mera acqua piovana tiepida, ma biscotti.
Durante lo show, lo scenario è simile a quello del giorno prima: tutti se la prendono con calma, ma già dall'inizio, con This Hard Land solo acustica, l'entusiasmo è alle stelle, e rimarrà altissimo fino alla fine, più di tre ore dopo, con tanto di dito medio (quando ci vuole ci vuole) di Little Steven sul cartello "What's a curfew???".
Tra l'altro, a pensarci bene, credo che fosse il pubblico con la più alta concentrazione di locali (quantomeno, inglesi e irlandesi) a cui io sia mai stato, e l'età media non era certo bassissima.
Insomma, potremmo anche continuare a sostenere che noi italiani siamo il popolo eletto, bla bla bla, ma la civiltà e partecipazione che ho visto a Dublino è tutt'altra cosa rispetto alle date italiane.
Il fatto che il 4 e 5 luglio, al Palais Omnisports di Bercy, suonasse un certo Bruce Springsteen, era puramente casuale.
Arrivo in città il 4 mattina, scendo dal treno e vado direttamente verso il palazzetto, con un fido manipolo di springsteeniani incontrati durante il viaggio. La fila è già abbastanza lunga, prendo il numero 618, nel pit ce ne stanno 750, missione compiuta; in più, il prossimo appello è alle 13, quindi c'è tutto il tempo di fare colazione, passare in albergo, mollare giù lo zaino e poi tornare con tutta calma, mentre le facce conosciute aumentano a ogni metro.
Le previsioni dicevano fresco e pioggia, invece verso ora di pranzo arriva un gran caldo, con piovaschi di 5 minuti che vanno avanti tutto il pomeriggio, afa quasi peggio che da noi.
Ma va bene, poco dopo le 17 ricevo il braccialetto per il pit, esco dalla fila che con questo numero non ho velleità di transenna, e vado a vedermi la mostra di Tim Burton (sì, quella del MoMa) a un centinaio scarso di metri dal palaBercy, non andarci sarebbe un delitto.
Dopo un bel panino grondante unto e una sacrosanta birra fresca, poco dopo le 20 entro nel palazzetto: nel pomeriggio ci sono stati problemi di elettricità, quindi scelgono di non accendere l'aria condizionata, e il caldo è ben presto devastante.
Sono da poco passate le 20.30 quando salgono sul palco, armati di fisarmonica, Roy Bittan e Charlie Giordano, e intonano La Vie En Rose, poi è tutta la band a partire con una robusta We Take Care Of Our Own, seguita da Wrecking Ball. Settimo pezzo in scaletta è The E Street Shuffle, versione bellissima, ripresa più volte nel finale... Ma è il 4 luglio, e quindi ecco che parte Sandy, una delle ragioni per cui sono venuto a Parigi, bellissima. L'assolo di Because The Night è giustamente lasciato a Nils, su Easy Money si agitano i labbroni nuovi nuovi di Patti, su Waitin' un bambino si esibisce in vocalizzi senza senso, e dopo l'Apollo Medley Bruce si siede al piano, "something special for this evening", e parte Independence Day, che è poi l'altro motivo per cui sono qui. Una versione eccezionale, meravigliosa.
Nei bis, bassi violentissimi su Born in the USA, un'attempata fan ("dal '75", dice il cartello) che balla con Bruce su Dancing In The Dark e un'azzeccatissima American Land a chiudere.
Fuori dal palazzetto, durante la fila per prendere il numero per il giorno dopo, mi chiedo cosa potrà mai fare di minimamente vicino a una serata come questa.
Mi faccio la doccia cercando di non lavare via il numero (389, altro pit assicurato) appena vergato sulla mano, e intorno all'una si va a dormire.
Il 5 luglio la sveglia suona poco dopo le 8, che alle 9 c'è l'appello. Recupero dolciumi e croissant a pochi metri dall'albergo e in 10 minuti sono a Bercy, appello veloce e via, il prossimo sarà alle 13, c'è tutto il tempo per girare per la città.
Tappa rapidissima in albergo, che Riccardo si deve sistemare, e poi via per i Campi Elisi, Hard Rock Cafè, Opera e via dicendo con Daniela, con tutta la calma del mondo (cosa in verità molto rara nelle giornate di concerti), appello alle 13 (anche con qualche minuto di anticipo, via) e poi liberi tutti fino alle 15. Bercy è in piena città, vicino a alberghi, supermercati, ristoranti, e quindi ci accomodiamo all'Hyppopotamus, spartendoci una gerla di anelli di cipolla fritti, patatine e calamari, e poi un Hyppo Burger (Daniela lo ordina senza cipolla, capirò perchè solo verso le sette di sera), il tutto innaffiato da una Kronembourg fresca.
Intorno alle 15 ci si mette in fila, poco più tardi comincerà a piovere, ma l'atmosfera è rilassata, anche i ragazzi della sicurezza locale hanno voglia di scherzare e non si prendono troppo sul serio, come spesso succede da altre parti. Prima delle 17 ci danno il braccialetto per il pit, abbandono di nuovo la fila, faccio quattro passi e poi mi prendo anche il lusso di dormire un'oretta prima dello show.
Rientro nel palazzetto poco dopo le 20, il caldo sembra non essere opprimente come ieri, e alle 21 precise salgono di nuovo sul palco Roy e Charlie, questa volta per Au Clair De La Lune... Poi arriva tutta la band, parte la batteria, potrebbe essere We Take Care, e invece The Ties That Bind, gran bell'inizio. Ma c'è qualcosa nell'aria, Bruce manda a ramengo la scaletta, chiama i pezzi uno dopo l'altro, No Surrender, Two Hearts, Downbound Train, Candy's Room, Something In The Night. Una sequenza pazzesca, sei pezzi su sei non eseguiti ieri sera. Qualche pezzo da scaletta "classica" per farci riprendere fiato, poi quella specie di sibilo in qualche modo familiare, Soozie che armeggia con i violini, Nils che fa cenni a Bruce, lui che gli risponde "ok, you got it", e arriva Incident On 57th Street, bellissima.
Splendida versione anche di Spirit In The Night, con Jake Clemons che sul finale accompagna Bruce sui palchetti laterali, ricamando al sax, bella I'm Goin' Down, e poi, come sempre, Waitin': a metà pezzo Bruce prende una bambina dal pit per farle cantare il ritornello, ma poi c'è qualche incomprensione, e la bimba continua a cantare, con Bruce che la prende per mano, la accompagna vicino alla batteria, bagna con la spugna le ginocchia dei suoi jeans e di quelli della bimba, e poi si esibisce in una doppia scivolata. Se ce ne fosse ancora bisogno, il livello di energia è altissimo.
Passa l'Apollo Medley (con crowd surfing incluso!), poi Bruce si siede al piano e... For You. Versione straordinaria, si torna con la memoria a Bologna 2002. Ma non è finita, perchè a fine canzone il gran capo lascia il posto a Roy, torna a centro palco, alza la Telecaster e comincia Racing In The Street, dieci minuti e passa indescrivibili, con una coda meravigliosa, il pianoforte che sembra non fermarsi mai.
Il main set si chiude con Land Of Hope And Dreams, poi prima di eseguire We Are Alive Bruce fa una lunga introduzione, presentando mamma, sorella e suocera, che siedono nella tribuna vip (mamma Adele attivissima!), Thunder Road, una devastante Seven Nights To Rock (Steve lancia la spugna addosso a Kim), Bruce che balla con Jessica (that's my little girl!) su Dancing In The Dark, e una bellissima Tenth Avenue Freeze-Out a chiudere, dopo 3 ore e 38 minuti di concerto.
Di più non si poteva chiedere, più di 40 canzoni diverse ascoltate in due serata, più di sette ore di musica, con l'intensità del palazzetto, che, c'è poco da fare, è nettamente superiore allo stadio.
Dopo lo show nessuno ha voglia di andare a dormire, c'è ancora tempo per una pizza (nel tavolo dietro il nostro c'è il signor Crystal Cat) e una birra, quattro chiacchiere, i commenti estasiati, e poi intorno alle 3 si va a nanna.
Il 6 mattina ci si incrocia, ci si saluta, e poi si va in stazione, è ora di tornare a casa. Prossima fermata, Londra.
Domenica sono finiti gli Europei di calcio 2012, e sappiamo tutti come.
Il torneo, fin dall'inizio, non mi ha esaltato e mi ha convinto poco, tant'è che non ho nemmeno visto le prime due partite dell'Italia.
Ero convinto che saremmo usciti con l'Inghilterra prima e con la Germania poi.
Certo, mi spiace che alla fine, dopo essere arrivati in fondo, si sia usciti con un risultato così pesante, ma d'altra parte va detto che se mai avessimo vinto, quello lì sarebbe tornato a casa come un eroe nazionale, quindi da un certo punto di vista meglio così.
Quindi, cosa rimane?
- un grande portiere, un buon capitano, Gigi Buffon, che poco o niente ha potuto sui gol subiti;
- molti giocatori troppo stanchi, massacrati da un calendario (campionato e coppe) affollatissimo;
- un attaccante a mezzo servizio (Cassano), che in finale forse avrebbe meritato di giocare qualche minuto in più;
- un attaccante sopravvalutato, poco più che mediocre, annichilito dalla difesa spagnola, e finalmente ridimensionato;
- un allenatore che ci ha creduto, ma che ha perso anche punti con frasi tipo "cambiare i giocatori in campo sarebbe stata una mancanza di rispetto nei confronti di chi ci ha portato in finale";
- un presidente del Consiglio che, mah, sembrava impagliato;
- un'Italia che è sempre pronta a salire sul carro del vincitore;
- l'immagine di quello lì, con la sua cresta bionda da imbecille, che dà il pallone autografato (dagli altri, che lui mica sa scrivere) a Eritreo Cazzulati, con le solite frasi retoriche di circostanza;
- i soliti caroselli, smorzati però dal risultato domenicale.
E praticamente basta. Ci ricorderemo a lungo di questi Europei? Non credo, nessun giocatore si è distinto in modo particolare, nessuna partita è stata epica, nessun risultato così inaspettato.
Lo specifico perchè il fatto che fosse su RaiUno non è di poco conto: non avevo capito, infatti, che fosse una sorta di co-produzione, che fosse una trovata televisiva più che un concerto vero e proprio.
E se da una parte va dato atto e credito alla Rai di aver rinunciato alle pause pubblicitaria, dall'altra il solito modo ingessato di presentare di Fabrizio Frizzi (ovviamente in giacca e cravatta) e i ritmi terribilmente lenti hanno tagliato in qualche modo le gambe alla serata.
Andando per ordine:
- Zucchero non mi è piaciuto per niente;
- Guccini, tra i più applauditi della serata, forse un po' imbarazzato davanti a un pubblico così grande, ha proposto una bellissima versione de Il Vecchio E Il Bambino, e poi ha accompagnato come ha potuto Caterina Caselli in Per Fare Un Uomo, con tempi e attacchi che andavano un po' dove volevano loro;
- la Caselli, appunto, non mi è piaciuta. Ok, saranno pure stati 40 e passa anni che non si esibiva, ma le stecche su Insieme A Te Non Ci Sto Più (Conte-Virano-Pallavicini, mica cotiche) risuonano ancora adesso;
- Ligabue, su cui avevo qualche riserva, mi è piaciuto molto, voce e chitarra, credo l'unico a rivolgersi in modo diretto alle istituzioni;
- la Carrà lasciamola perdere, è meglio. E' già andata bene che non abbia ceduto un femore;
- non conoscevo il nuovo cantante dei Nomadi, che mi sembra abbia più o meno la metà degli anni degli altri (che sia il bisnipote di Carletti?), con una voce molto potente ma forse un po' troppo Litfiba, la cresta e tutto il resto... Ma Io Voglio Vivere e Io Vagabondo, e poi Dio E' Morto nel finale, le vogliamo forse discutere? Direi di no;
- Bergonzoni non male, ma troppo prolisso;
- gli Stadio non mi sono piaciuti, salvo giusto l'omaggio a Dalla insieme a Gianni Morandi con Piazza Grande;
- Nek è un bravo ragazzo, dai;
- Alberto Tomba e Giuliano Razzoli... bè, non saprei come commentarli;
- Bersani molto bravo e mai fuori posto (ma il leggio?);
- Paolo Belli non mi è mai piaciuto più di tanto, ma in questa occasione non è stato male;
- non ho capito perchè proprio a Carboni sia stato lasciato lo spazio di tre pezzi, quando gli altri ne hanno fatti due o meno. Niente di eclatante, salviamo Mare Mare e via;
- Cesare Cremonini è stato forse il migliore della serata: una bellissima versione piano e voce di Mondo e uno straordinario duetto con Laura Pausini con L'Anno Che Verrà, rimaneggiando il testo in "caro Lucio ti scrivo...";
- Mingardi mah, probabilmente aveva consumato grappa fino all'ora (tarda) dell'esibizione;
- l'Ave Maria piano e flauto mi è sembrata leggerissimamente fuori luogo;
- geniale la trovata di piazzare i Modena City Ramblers - con Cisco - proprio dopo l'Ave Maria, quindi. Scelta discutibilissima dei pezzi, grinta fino a un certo punto, si poteva fare di meglio.
Stendo un velo pietoso sulla conduzione e sui clamorosi cambi palco (ma non sarebbe stato più furbo avere una "house band" - magari proprio i Nomadi di Carletti - ad accompagnare i vari cantanti, invece di ripiazzare microfoni e strumenti volta per volta, perdendo un'infinità di tempo), e non mi faccio piacere tutto solo perchè si fa beneficenza... Non mi esprimo sul prodotto televisivo, ma quello musicale poteva essere realizzato meglio. Detto questo, sono stati raccolti milioni di euro, è questa la cosa importante.
Prossimo appuntamento a settembre, con il benefit più rock organizzato da Ligabue.
Mi sembra giusto aggiornarvi sulla situazione dello stadio, della Pro e via dicendo.
La Pro Vercelli si è iscritta al campionato 2012-2013, senza beghe monetarie, problemi, intoppi.
Il campionato dovrebbe iniziare sabato 18 o sabato 25 agosto.
Bene, oggi sul massimo organo di stampa cittadino (La Sesia) si legge che già a fine settembre lo stadio sarà pronto, con i suoi 4300 posti a sedere (tutti seggiolini, quindi niente più gradoni), e, udite udite, un riposizionamento degli stessi seggiolini in tribuna, in modo che dalla nuova disposizione si possa leggere il nome della squadra sugli spalti.
Ora, so che non vi interesserà, e probabilmente avete anche ragione, ma da anni si legge già sui seggiolini il nome della squadra. Solo che è U.S. Pro Vercelli. Che è il nome vero della squadra.
L'attuale F.C. Pro Vercelli 1892 è figlio di un batti e ribatti monetario, che non vi sto a spiegare ma che spulciando cinque minuti google troverete senza problemi.
Morale della favola, visto che la Regione Piemonte si è detta disposta a finanziare i lavori per circa 500mila euro (mezzo milione di euro per aggiungere 1000 posti a sedere, in pratica 500 euro a seggiolino, mica cotiche), chi di dovere ne approfitta e cambia pure il nome della squadra sui seggiolini. Geni del male.
10 giorni fa la Pro Vercelli, con uno strepitoso 3-1 in casa del Carpi, saliva in serie B.
Un risultato storico, tutta la città in festa, tutti con la maglia bianca a urlare forza Pro.
Il problema è lo stadio, di vecchia concezione, in pieno centro città, con una capienza di poco superiore alle 3000 persone (uno stadio di B richiede una capienza di 10mila).
Ma ecco che il sindaco, lesto a salire sul carro dei vincitori, non ha perso tempo, dichiarando che i lavori sarebbero stati fatti in fretta e bene, e che in ipotesi solo un paio di partite a inizio campionato si sarebbero dovute disputare altrove.
Subito arrivava anche la deroga per una capienza di 4300 posti, quindi, di fatto, si trattava solo di aggiungerne 1000.
Nel frattempo si cominciava a parlare di quale stadio avrebbe ospitato le prime partite casalinghe della Pro, e, scartata per ovvi motivi Novara, si facevano papabili Torino, Parma e Piacenza.
Magicamente, le dichiarazioni più recenti del nostro amato sindaco parlano di una fine lavori (per lo stadio cittadino) a fine 2012, ed è ormai praticamente ufficiale che fino ad allora si giocherà a Piacenza.
Piacenza, 150km da Vercelli. Per i giocatori, sarà come giocare ogni volta in trasferta, e dubito saranno molti i sostenitori disposti a macinare km per andare a vedere la Pro giocare "in casa".
Senza contare il fatto che il termine per la fine dei lavori è puramente ipotetico, e vi lascio immaginare quali e quante opere pubbliche lo hanno sforato, durante questa amministrazione.
Ciliegina sulla torta, solo lo scorso anno abbiamo visto come lo stadio di Novara sia stato adeguato alla serie A (quindi con molti più problemi) in una sola estate.
E noi niente, buttiamo via l'ennesima occasione.
Eh, ma anche una volta salito sul carro del vincitore, evidentemente per il nostro straordinario sindaco tra il fare e il non fare la scelta è semplice.
Ero già lì pronto a scrivere che la Grecia sì che è un Paese serio, che prende in mano la situazione, esce dall'euro e si riprende prima di tutti noi, bla bla bla.
Ero già lì pronto a scrivere che l'Italietta calcistica se ne esce dagli Europei meno interessanti del secolo con una figura barbina, mentre gli amici spagnoli si mangiano il loro bel biscotto e proseguono nel cammino del torneo.
E invece no.
In Grecia vincono i conservatori, che formeranno un governo con i socialisti, e rimarranno nell'euro, condannando a morte certa il Paese. Ma nel frattempo tutti contenti, Germania in testa, e timidi segnali positivi dalle borse.
L'Italia pallonara - una delle più brutte degli ultimi 20 anni, soprattutto in attacco - vince addirittura 2 a 0 contro la verde Irlanda del Trap, con un golasso ridicolo di Cassano (che però, va detto, è uno di quelli che ci ha creduto davvero) e un'altra roba di quello lì con la cresta bianca che non voglio neanche nominare, ma che andrebbe preso a sprangate a prescindere. La Spagna, nel dubbio, batte 1 a 0 la Croazia, quindi salta anche l'ipotesi biscotto.
Sì, ok, ieri c'è stato il monumentale concerto di Bruce Springsteen a San Siro, ma di quello avrete già letto abbondantemente altrove.
Il titolo di questo post riporta quello di una canzone di Bruce, sì, ok.
Ma il punto è un altro.
Ieri a San Siro c'era l'amico Cala, che prima di godersi lo show ha portato avanti la sua, e non solo sua, giustissima iniziativa, come testimonia il video giù in fondo.
Sono un fan di Bruce Springsteen, e questo penso di avervelo già detto in più occasioni.
In 10 anni ho visto una trentina di concerti, e tra circa tre settimane vedrò il primo di 8 show di questo tour. Tanti, certo, senza dubbio, ma vabè, noi springsteeniani siamo mica a posto.
Ma non era questo che volevo dirvi. Volevo raccontarvi che in 10 anni ho visto ogni tipo di organizzazione davanti a stadi e palazzetti, gente che bivacca per giorni (giuro: se non ricordo male dei malati di mente hanno dormito davanti a San Siro già tre giorni prima del concerto) davanti ai cancelli, perdita di umanità, sicurezza con il sangue alla testa che non sa come gestire la classica ressa a imbuto all'entrata allo stadio, varie, eventuali.
Ma ho anche visto gettare acqua sulla gente in attesa (Udine 2009, per dirne una) per stemperare un po' il gran caldo, far entrare le persone camminando e in fila per due, distribuire bottigliette d'acqua e cose del genere.
Ora, dovete capire che la parola chiave, da 10 anni a questa parte, per ogni springsteeniano più o meno serio, è PIT. Con PIT si indica quella sorta di recinto transennato, all'interno del quale stanno circa 1500-2000 persone, che si trova proprio davanti al palco. Se si riesce a entrare lì, si è il più vicino possibile allo spettacolo, senza altre 20mila o più persone che spingono, perchè sono appunto separate dalla transenna.
A parte quando ho scelto in coscienza di prendere posto in tribuna, sono sempre andato nel PIT. Qualche volta arrivando la mattina del concerto, altre - lo ammetto, mea culpa - bivaccando, ma mai più di una notte. Anche perchè, dopo aver dormito all'addiaccio e in condizioni igieniche discutibili per una notte sull'asfalto antistante un palazzetto, aver atteso ore sotto il sole con l'apporto nutrizionale non proprio approvato da ogni dietologo, aver corso per qualche centinaio di metri fin sotto il palco come se fosse l'ultima cosa da fare nella vita, aver atteso ancora ore all'interno dello stadio, bè, per arrivare alla fine del concerto ci vuole il fisico. Ho visto gente inquadrata sui maxischermi che sui bis non aveva più la forza di cantare, l'occhio spento, l'energia esaurita, so di cosa parlo.
Bene, detto questo, va detto anche che c'è una falange di springsteeniani che vive nel culto del dolore, che pensa che è springsteeniano vero solo quello che soffre e immola corpo e anima all'asfalto degli stadi, e che quindi, in soldoni, se non arrivi almeno la notte prima dello show non sei degno, non meriti il PIT, figuriamoci la transenna.
Devo dirvi cosa ne penso? No, dai, l'avete già capito da soli.
Qualche settimana fa, gettando nel panico la massa di geni appena citati, gira la notizia - ufficiale, da parte degli organizzatori - che quest'anno sarebbe stato adottato il sistema della lotteria per il PIT, ovvero: dalle 8 alle 12 del giorno del concerto, a tutti i presenti con in mano il biglietto prato, sarebbe stato assegnato un numero, progressivo. Dopodichè, alle 12.30 circa, sarebbe stato estratto un numero, il primo a entrare nel PIT, fino a esaurimento dei posti disponibili. Facciamo un esempio: arrivo davanti a San Siro alle 11.55, prendo il numero 3000. Viene sorteggiato il 2999, vuol dire che io sarò la seconda persona a entrare nel PIT, e che, nell'ipotesi in cui lo stesso possa ospitare "solo" 2000 persone, quelli dal numero 1999 a 2998 rimarranno fuori, e si accomoderano poi sul prato esterno al PIT. Con questo sistema, niente più bivacchi, chi arriva la notte prima ha la stessa possibilità di essere in prima fila rispetto a chi arriva alle 11.59. E' la sorte a gestire il tutto, e a garantire un minimo di ricambio, che magari davanti ci va qualcuno che non ci è mai stato.
Mentre i lanzichenecchi si lamentavano, derubati delle loro medaglie conquistate con il sudore dell'asfalto, al tempo io davo il mio pieno appoggio all'idea, ma con il beneficio del dubbio, perchè se fosse mai diventata una cosa all'italiana, bè, disastro.
Ieri arriva un'altra comunicazione ufficiale, sempre da parte della Barley Arts, che ci omaggia addirittura del "decalogo per la lottery". In breve:
- a partire dalle 8 del mattino del giorno dello show vengono distribuiti 1500 braccialetti, a esaurimento, che sono già quelli che garantiscono l'ingresso nel PIT.
- alle 12.30 viene sorteggiato il primo numero che entrerà, con gli altri a seguire.
- alle 13 ci si mette in fila secondo l'ordine del sorteggio.
- alle 14 si entra nello stadio (e nel PIT) e lì si rimane.
Al di là del fatto che la cosa in sè non abbia il minimo senso, già vedo il panico diffondersi, gente con la paura di non essere tra quei primi 1500, e quindi via di nuovo ai bivacchi notturni, laddove si forma lo springsteeniano degno.
Ma poi, voglio dire, questi craniolesi della Barley Arts si rendono conto di cosa vuol dire entrare in uno stadio, sotto il sole cocente, già alle 14?
Un altro appunto: il 10 giugno Springsteen suona a Firenze, l'11 a Trieste. Immagino che dopo il concerto di Firenze se ne andrà placidamente a dormire, e poi partirà con calma il giorno dopo alla volta di Trieste. Il secondo palco, là, sarà già montato, ma il soundcheck? Dubito fortemente che possa essere fatto prima dell'ora di pranzo o del primo pomeriggio. E quindi, cosa succede, che i miracolati che entrano alle 14 partecipano attivamente al soundcheck?
E questa è solo una delle mille falle di questa eccezionale idea della lotteria all'italiana.
Per San Siro al momento non ho neanche ancora il biglietto, ma avevo già deciso di andare a Milano la mattina del concerto, e così farò. Niente notti, niente bivacchi, e pazienza se niente prima fila.
Una volta di più, mi tocca sperare che all'estero le cose siano diverse, e dubito saranno peggiori.
Con buona pace degli springsteeniani cresciuti con il culto del dolore.
All'indomani del primo turno di comunali e compagnia bella 2012, avevo scritto, in sostanza, che l'Italia era a un punto morto, in uno sbando assoluto in cui, in assenza di certezze, si cercava in qualche modo di protestare, non andando alle urne, votando Grillo, e via dicendo.
Ma a guardare bene, lo sbando è totale, non solo politico.
La bomba di Brindisi, con la pista mafiosa prima e l'ipotesi di un folle isolato dopo. Frammenti di video mandati in onda su tutti i TG, ronde organizzate in Puglia, con tutto quello che ne seguirà.
Il terremoto in Emilia, migliaia di sfollati, palazzi che crollano, capannoni che vengono giù come fatti di cartone, gente costretta a dormire in macchina, e il cammino della ricostruzione che sarà, come sempre, lungo.
E poi il secondo turno delle elezioni. Con la conferma della sconfitta del centrodestra, il lento avanzare del Movimento 5 Stelle, varie, eventuali.
Sullo sfondo, la Grecia che cerca in modo sempre più robusto di uscire dall'euro, perchè, lo sappiamo tutti, il primo Paese a mollare la moneta unica sarà anche il primo a uscire dalla crisi.
No, non ho scritto in modo sbagliato il titolo di questo post.
La canzone di faber si intitola "Quello Che Non Ho", e il programma su La7 di Fazio e Saviano che ne scimmiotta il titolo è invece "Quello Che (Non) Ho".
Ma c'è di più.
Francesco Guccini, nel 1990, ha scritto "Quello Che Non", e sarà proprio il Vate di Pavana ad essere ospite questa sera su La7, insieme a un dedalo di personaggi come Papaleo, Germano, Piovani, Gramellini, e, tra gli altri, Vinicio Capossela.
Dal mio punto di vista, come sprecare ospiti di questo livello, buttandoli nel tritatutto mediatico e impastandoli per due ore e mezza.
Ieri non l'ho visto tutto, Quello Che (Non) Ho.
Non l'ho visto tutto per vari motivi:
1. Fabio Fazio non mi piace e non mi è mai piaciuto. E' un ottimo autore, ma come conduttore è del tutto insufficiente. Non ha il carisma adatto, non ha la cattiveria positiva adatta a certe domande, è tutto sommato un perbenista (o democristiano?) che fatica a scivolare su temi più spinosi, non è una spalla nè un primo attore. Ha una smisurata stima e passione per Fabrizio De Andrè, e questo è un bene, ma non vuol dire che ogni due per tre ci si debba appigliare.
2. Roberto Saviano non mi piace e non mi è mai piaciuto. Nel senso, il suo lavoro - quello di Gomorra - è degno di grandissimo rispetto, ed è anche un non più giovane trentenne molto simpatico (ho sentito qualche mese fa un'intervista a Radio DeeJay dove emergeva il suo lato più "leggero"), ma, oltre a non essere per niente telegenico, purtroppo riesce a far emergere quasi solo il suo lato più pretizio, buttandosi in lunghissime prediche da santone eremita, prolisse, pesanti, e alla fine amaramente noiose.
3. Luciana Littizzetto non mi piace e non è mai piaciute. Uguale a se stessa da anni e, soprattutto, fuori luogo. Ricordata l'assurdo intervento proprio nello speciale di Che Tempo Che Fa dedicato a De Andrè? No? Bene, meglio così. E se invece ve lo ricordate, cercate di cancellarlo per sempre dalla vostra memoria, e mandate nel dimenticatoio anche la Littizzetto, non soffrirete.
4. Da quello che ho visto, e poi letto, il programma è una copia carbone di quello fatto a suo tempo su Rai3. Stessa struttura, stessi tempi, stessi ospiti, stesso tutto. Va bene, squadra che vince non si cambia, ma ci sono dei limiti.
5. Gli ospiti: ieri sera nel maelstrom (o minestrone, fate voi) di La7 c'erano Favino, Avati, Olmi, Gualazzi, i Litfiba, Paolo Rossi, Gad Lerner, Marco Travaglio, più gli ospiti fissi Littizzetto, Elisa e non so chi altro. Troppa, troppa roba.
Ci sono altri motivi per cui non ho visto tutto il programma, e di certo non lo vedrò stasera (recupererò poi i video di Guccini e Vinicio su youtube), ma quelli citati mi sembrano più che sufficienti.
L'unica cosa che salvo è il monologo di Travaglio, sempre un po' uguale a se stesso, ma di certo efficace. Quando ha cominciato a parlare Lerner ho cambiato canale.
Cerchiamo di fare il punto della situazione pseudopolitica attuale.
Domenica il "non amico" dello psiconano, Sarkozy, si è preso la sua bella randellata sui denti, abbandonando l'Eliseo nelle mani di Hollande.
Per inciso, non si sa se Carlà abbia pianto o riso, il botulino le ha ormai negato ogni espressione facciale.
Nel frattempo, nella piccola Italia politica delle amministrative e comunali, sono di fatto emerse tre cose da tener presente:
1. i veneti sono un popolo a sè stante, da internare in blocco. La Lega è ormai palesemente allo sbando, con il Trota in esilio e l'Umberto, il povero Umberto che a inizio anni '90 girava in canottiera e ce l'aveva duro e portava una pioggia di voti (di protesta, va detto, ma sempre voti sono) nelle tasche del neonato partito, oggi bofonchia qualcosa di difficilmente comprensibile nei microfoni delle piazze, mentre Maroni è pronto a fargli le scarpe. Peccato che proprio Maroni abbia pubblicamente dichiarato che l'unico programma attuale della Lega è remare contro al governo Monti. Molto costruttivo, senza dubbio. Bene, con questi presupposti, questi minus habens dei veneti cosa fanno? Consegnano Verona nelle mani di Tosi, con quasi il 60% di preferenze. Il "centrodestra" (PDL, Casini, Fini e altre zozzerie) si ferma sotto il 9%.
2. l'Italia intera, ci fossero oggi le elezioni politiche, molto probabilmente non saprebbe chi votare. Il "centrodestra", che solo in un teatro di burattini potrebbe essere saldamente guidato da Alfano, è allo sbando più totale, racimolando voti in quantità solo in luoghi ameni come Lecce, Catanzaro, Frosinone, Gorizia, Trani e poco altro, voti frutto di un indubitabile investimento monetario, e quasi sempre finendo invece anche fuori dai ballottaggi, a sottolineare come sia finita un'era.
3. Beppe Grillo e il suo Movimento 5 Stelle potrebbero rappresentare un vero terzo polo, tramontato ormai quello ipotizzato da Fini dopo l'addio allo psiconano.
In definitiva, senza dubbio la tendenza è più verso il centrosinistra, ma senza un'idea chiara e precisa, preferendo spesso e volentieri le liste civiche, o Grillo, e quindi in qualche modo un voto di protesta.
Il governo Monti non sta certo facendo tutto il bene possibile per il Paese e soprattutto per i cittadini, ma se dovesse cadere, e per qualche malaugurato caso si andasse a votare in un futuro prossimo, la situazione sarebbe drammatica, senza riferimenti e soprattutto senza direzioni.
Amo suonare le mie due chitarre (una Takamine nera acustica e una Fender Telecaster elettrica), stare con gli amici, le donne, la mia morosa, bere, mangiare, Stephen King e Bruce Springsteen, il rock, le moto, l'inno nazionale prima delle partite di rugby, le persone vere, il mare, l'Italia.
I'm goin' down
Odio la musica suonata male, i falsi che non sanno farlo, i pigri che non hanno coraggio, la mancanza di energia, la libertà finta, la stanchezza, la troppa serietà e tutto ciò che può essere fuori luogo non appositamente.